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Limitare la libertà di parola non previene la violenza: mina alla base l’umanità

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A seguito delle uccisioni di Parigi e Copenaghen e dell’assassinio di Avijit Roy in Bangladesh, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite venerdì Elizabeth O’Casey, a capo della delegazione dell’IHEU inviata al Consiglio, ha rilasciato una dichiarazione sull’importante relazione esistente fra la libertà di espressione e la libertà di religione e di credo.

O’Casey ha sostenuto che, contrariamente a quanto ingannevolmente si dice, ossia che la libertà di espressione inasprisce la violenza in nome della religione, in realtà la libertà di parola a lungo andare svolge un ruolo essenziale nel contrasto a tale violenza. Ha posto in rilevo come soffocare la parola porti a sminuirla e trattarla con sufficienza, e ha sostenuto che con ciò si mina alla base l’umanità delle persone. Ha sollecitato il Consiglio a fare di più per attivare il Rabat Plan of Action.

La sua dichiarazione ha avuto l’appoggio della Federazione umanista europea.

Ecco il testo completo:

DICHIARAZIONE ORALE
International Humanist and Ethical Union

Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite
28a sessione, punto 3 all’ordine del giorno: discussione generale


Elizabeth O’Casey

Il Relatore Speciale sulla libertà di religione e di credo non sarebbe potuto essere più preveggente riguardo alla violenza commessa “in nome della religione”. Nei mesi scorsi abbiamo assistito alle uccisioni a Parigi e a Copenaghen e solo due settimane fa al massacro di un ateo in visita in Bangladesh, tutte azioni manifestamente eseguite nel nome della religione.
Queste uccisioni hanno messo in evidenza la tensione che si avverte fra la libertà di fede e la libertà di espressione; infatti a proposito della violenza “in nome della religione” molti hanno insistito sul ruolo causale della libera espressione, descritta come divisiva e fondamentale.
Questo modo di raccontare le cose non solo è profondamente ingannevole, in quanto tenta di sollevare chi ha commesso i fatti di parte della responsabilità per farla ricadere su chi cerca di esercitare il suo diritto umano alla libertà di espressione, ma è sbagliato: questo diritto è essenziale per contrastare tale violenza.
Non garantisce solo la discussione, mettendo in luce le idee dannose e sbagliate; rimanda al diritto alla libertà di credo, perché rispetta gli esseri umani permettendo loro di rendere note le loro idee, ma non assicura automaticamente il rispetto per esse [A/HRC/28/66, §8].
Fondata sull’intrinseca fiducia nelle persone, considerate come agenti che possono mettersi l’un l’altro alla prova e favorire il progresso, la libera espressione è centrale per la nostra umanità e la nostra dignità; soffocarla significa sminuirla e trattarla con sufficienza.
Il Rabat Plan of Action è uno strumento accurato e potente a disposizione di questo Consiglio per proteggere la libera espressione prevenendo al contempo l’istigazione. In conformità a ciò sollecitiamo il Consiglio ad assicurarsi che l’imminente risoluzione che seguirà alla 16/18 raccomandi l’adozione e l’attivazione del Piano e metta in condizione le Istituzioni nazionali per i diritti umani di svolgere un ruolo maggiore nella sua attivazione e nel controllo.
Difendere la libera espressione in questa tribuna è qualcosa che dobbiamo a chi è stato così coraggioso da proteggerla in questi tempi terribili – avendola usata per mettere noi alla prova e contestare il potere. La mia presente dichiarazione è appoggiata dalla Federazione umanista europea ed è resa in memoria di Avijit Roy e di coloro i quali sono stati assassinati negli attacchi di Parigi e di Copenaghen.

 

Avijit Roy è stato assassinato e sua moglie Bonya Ahmed è stata gravemente ferita in un’aggressione a colpi di machete avvenuta nelle strade di Dacca tre settimane fa.

Traduzione a cura dell’Uaar

Questo articolo è stato pubblicato qui

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