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 Home page > Attualità > Cultura > Libri: troppi gli scrittori in Italia?

Libri: troppi gli scrittori in Italia?

E' da tempo che ho voglia di dire quello che penso sulla leziosa questione in oggetto.

In Italia si scrive davvero troppo? Corrisponde al vero che vi siano più scrittori che lettori?

Vessata quaestio

Lo spunto per partire me lo ha dato una recente conversazione cui ho assistito tra un autore esordiente e un giornalista affermato.

Il tema era la promozione della cultura dello scrivere, la diffusione delle opere e la sensibilizzazione (si potrebbe dire "costruzione di una coscienza") intorno al lavoro di produzione culturale, specie quello degli esordienti appunto, che segue la stessa sorte in Italia della cultura, per lo più ignorato.

Per la produzione culturale in Italia spazio ce n'è, ma piuttosto ristretto e in genere occupato dagli autori già affermati, che lo difendono con le unghie e con i denti, lasciando tutti gli altri a bocca asciutta.

Dura lex, sed lex

L'argomentazione del giornalista affermato suonava più o meno così:

Ti sei chiesto per quale motivo io non abbia mai pubblicato e nemmeno scritto un libro nel paese dove tutti scrivono libri e nessuno li legge? 

Ed io me lo sono chiesto, giacché la domanda è interessante.

Così mi sono trovata a ragionare più a fondo sul refrain che in Italia ci siano più scrittori che lettori, il che statisticamente non è vero, ma insomma rende l'idea di quanto oggi le energie disponibili per una inversione di marcia su un tema che riguarda la crescita e la cultura generale di un paese stiano davvero scarseggiando.

Sono davvero troppi gli scrittori in Italia? Io non ne sono così convinta.

Gli ultimi dati sull'editoria sono dell'inizio dell'anno e parlano di timida ripresa. Si tratta di una ricerca dell'ISTAT ampiamente diffusa, che trovate a questo link.

La ricerca come al solito è stata realizzata intervistando le case editrici e i lettori, come se gli autori non esistessero o non facessero parte integrante del processo di produzione culturale. Avevo già cominciato una riflessione a tal proposito con l'articolo Un Salone per gli Autori.

Le statistiche di lettura in Italia

I dati parlano chiaro. 24 milioni di persone hanno letto almeno un libro all'anno, pari al 42% della popolazione. Il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100.

La popolazione femminile si conferma in grande confidenza con i libri: il 48,6% delle donne sono lettrici, mentre lo è solo il 35% dei maschi.

Leggono di più i ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, in questa fascia d'età la quota di lettori supera il 50%. Nelle età successive tende a diminuire, vedremo più avanti i nostri perché.

Il 15% dei lettori forti ha scaricato almeno un ebook nell'ultimo anno di riferimento (negli USA questo mercato rappresenta quasi la metà dell'intero mercato editoriale).

Ma che succede sul fronte della produzione, intesa come pubblicazione di opere?

Questi dati sono circolati meno, ma sono altrettanto significativi per entrare nel merito del quesito posto dall'affermato giornalista.

I dati sono ISTAT, anno 2014 (l'ultimo che ho trovato).

Sapete quante prime edizioni con piccoli editori sono state editate in Italia nel 2014? 3010, comprese le pubblicazioni scolastiche. Qui si collocano molto probabilmente gli autori esordienti, con chissà quali condizioni contrattuali, che in genere ricevono poca assistenza, poca promozione, poco "controllo qualità", specie da parte delle case editrici a pagamento.

I numeri che riguardano i medi e grandi editori sono invece molto più significativi. Parlando di prime edizioni abbiamo per i medi editori 8484 volumi prodotti, mentre per i grandi la cifra si fa da capogiro: ben 24.948 volumi.

Insomma, il grande editore la fa da padrone nel mercato editoriale. E se pubblica così tanti titoli, state tranquilli che un tornaconto ce l'ha, eccome.

Mi fermo qui per non tediarvi con troppi dati, ma il discorso si può approfondire parecchio.

La produzione culturale è dunque strettamente legata al mercato?

E' fuori discussione che sia così. Ciò che invece voglio discutere è l'assioma che spesso deriva da questo dogma, ovvero che se non si legge abbastanza (ovvero non si vende abbastanza) è inutile scrivere.

E questo chi lo decide? Un editore? Un lettore? Il mercato sovrano?

Suvvia.

L'autore o l'autrice esordiente o no, non sono mica virus che attaccano le librerie o le case editrici o le case delle persone per distruggere il loro "sistema operativo"!

La questione mi riguarda, come autrice, come lettrice e come cittadina. Perciò ci tornerò sopra, perché studiando i dati ne sono venute fuori delle belle e voglio discuterne con voi.

Se ancora non lo avete fatto, vi conviene registrarvi a questo sito, così riceverete gli avvisi via mail delle prossime pubblicazioni del blog. Potete farlo in un attimo a questo link. Forza, che aspettate!

Date un'occhiata a questo grafico, che risponde meglio di qualunque altra cosa alla vessata quaestio di cui sopra.

Ma davvero gli scrittori in Italia sono troppi?

Trovo interessante riflettere su 3 piste differenti offerte dal grafico, concentrandomi sulla situazione in Italia.

La prima: il 42% delle persone non ha tempo di leggere, con buona pace della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.

La seconda: L'8% dichiara che il costo è troppo elevato, ed è il valore più alto di tutti.

La terza: Il 31% non è interessato e un 2% non ha l'informazione. Non conosce, non ha accesso.

Sono tre piste che a mio giudizio vanno approfondite, proverò a farlo anche in un prossimo articolo sull'argomento.

Ma il bello è che il resto legge e ha diritto di poter scegliere, secondo me.

 

Credo che l'approccio "C'è troppa gente che scrive in Italia" sia sbagliato e francamente persino un pò ingenuo.

Se dovessimo usare esclusivamente il quantum per giudicare la bellezza o la validità di qualunque cosa, mezzo mondo resterebbe sommerso, invisibile. Vale anche per la lettura.

In Italia le persone che leggono i quotidiani sono in drastica riduzione, forse anche meno di chi legge libri.

Eppure non mi sognerei mai nemmeno per un istante di suggerire a un giovane che intenda intraprendere la carriera giornalistica di mollare perché ci sono tanti giornali che non vendono nulla.

Credo che un'aspirazione di questo tipo vada indagata, supportata, valorizzata. E gli auguro di scrivere qualcosa di straordinariamente originale, per offrirci il suo personale punto di vista sul mondo e ci aiuti a crescere.

Non ci trovo nulla di male se scriviamo un po'. Quei 24 milioni di lettori hanno diritto di scegliere i libri che vogliono e di accedere alla cultura di cui sentono il bisogno.

Perché scrivere è cultura

"Se perdi la capacità di #scrivere o leggere rinunci ad esprimere il tuo senso critico. Rinunci a sognare " 

Per questo scrivo e per questo leggo. Meno di quello che vorrei, ma questa è un'altra storia.

Voi quanto leggete? Vi riconoscete in questi dati?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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