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Libertà di stampa, informazione di scarto

L’informazione nel nostro paese ha la febbre alta. Ha il bavaglio sulla bocca per non permettere che i virus della libertà di parola, possano fuoriuscire ed infettare la circolazione delle idee; tant’è che nel rapporto stilato da “Reporters sans frontieres” siamo al 77° posto nella classifica sulla libertà di stampa.

Nell’Unione europea peggio di noi stanno la Bulgaria, Cipro e la Grecia, segno che informare non è un più un dovere, ed ogni notizia deve essere centellinata e passata al setaccio. Il report parla chiaro: si parla spesso di giornalisti minacciati, o sotto protezione della polizia a causa di articoli che strappano il velo della menzogna e del malaffare. Ne sanno qualcosa Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, che rischiano la bellezza di otto anni di carcere per i loro libri sulla corruzione nella Santa Sede.

Aria malsana quella che si respira, inquinata da corruzione, da comitati d’affari che hanno preso il posto dei vecchi partiti e non esitano a tagliare le gambe a chi crede ancora nel potere della parola e nella dimostrazione dei fatti.

La violenza esercitata verso i giornalisti, diventa virale, tratteggiando il volto di un Paese simile alla Turchia, o l’Egitto, con governi composti da premier, che hanno in mano in toto il destino dei loro popoli e delle proprie Nazioni.

Qualcosa nel Bel Paese si è inceppato e seppure le cronache giudiziarie parlano ogni giorno di arresti di esponenti malavitosi, il dubbio è che la manovalanza della criminalità organizzata, sta per essere sostituita da sofisticati modi di procedere, grazie a strumenti che con un colpo di clic, riescono a realizzare transazioni finanziarie, spostare informazioni e avere in mano il funzionamento di Stati che stanno perdendo la loro funzione.

Sono cambiati gli attori e le comparse, diventano sempre più numerose, in cambio di soldi per loschi affari da svolgere. Se l’informazione in questo paese è sempre più la cenerentola del potere, ad imbarbarirsi è il linguaggio, mentre i cortigiani assumono ruoli sempre più importanti, per veicolare notizie anabolizzate e trasmettere programmi, che come l’acqua bucano la capacità di pensare delle masse.

Diventa sempre più difficoltoso ascoltare sproloqui, o sentire affermazioni del tipo “Odiatori di Rete”. Chiunque in rete dissente dalle magnifiche gesta di un premier, che sembra il pifferaio magico, diventa un odioso personaggio da mimetizzare sulla rete. Il consenso va attuato sorvolando sugli scioperi, tacendo sulla disoccupazione in costante aumento senza ascoltare le difficoltà di una massa di gente, che rappresentano il paese reale, le ingiustizie che si vivono, la difficoltà a non sentirsi rappresentati e tutelati. Di colpo ci si accorge che avere un megafono fa si che chi lo possiede amplifichi la voce, rispetto a chi è costretto solo ad ascoltare.

Più che naturale assistere ad un’informazione di scarto, che silenzia quei pochi cronisti che vorrebbero svelare l’esatta dinamica dei fatti, tenuti sempre più sotto controllo grazie ad aggressioni, minacce violenze di ogni tipo. Eppure dopo Wikileaks con la pubblicazione di documenti su fatti inerenti stati ed uomini di un certo calibro, pensavamo che ci sarebbe stato un balzo in avanti per quanto riguardo il giornalismo investigativo; non solo questo non è successo ma si è passati al Grande Fratello dell’informazione dove ogni punto o parola viene visionata con una certa maniacalità.

Basta stare al gioco e tutto si aggiusta, tutto ritorna. Vengono premiati i jolly del sistema e personaggi come Fazio guadagnano la bellezza di quattro trasmissioni a settimana con compensi favolosi che servono a tramortire le coscienze. D’altronde i sudditi, si creano con simili strategie e chi detiene in mano l’editoria, divenuta una grande multinazionale della notizia, può decidere di fare quello che vuole. L’informazione è ad un bivio.

 

Ci sarà la capacità ed il desiderio di mettere le ali ad un mestiere di fondamentale importanza per le sorti dell’umanità.

 

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