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Liberismo in crisi ma la destra seppellisce quanto di liberale aveva fatto Prodi

Il dizionario italiano online così definisce il liberismo: la dottrina economica che sostiene il principio del libero scambio delle merci nel commercio interno e internazionale, contro ogni protezionismo, ed afferma il valore dell’iniziativa privata opponendosi ad ogni intervento statale. In tempi di crisi economica mondiale i più accesi difensori del liberismo sono praticamente estinti o meglio, trasformati in mutanti bisognosi di scaricare il fallimento di un modello sulle spalle dello stato attraverso iniezioni di liquidità in imprese del credito e assicurazioni altrimenti destinate alla bancarotta.

Il liberismo in economia nasce nella seconda metà dell’800 e si riassume in tre tesi: 1) Liberalizzazione degli scambi di beni tra i Paesi 2) Contenimento dell’imposizione fiscale e diminuzione della spesa pubblica 3) Deregolamentazione dell’attività economica con intervento dello stato ridotto al minimo.

A seguito della grande depressione degli anni ’20, John Maynard Keynes affermò che in caso di recessione la riduzione dei costi di produzione e il taglio dei salari, diminuendo i consumi, non rilanciano l’economia che può ripartire solo attraverso una minore pressione fiscale ed un piano di opere pubbliche che, pur facendo aumentare la spesa pubblica, stimola la domanda senza generare una spinta inflazionistica. Nella seconda metà del secolo scorso i governi neoliberisti di Margaret Thatcher, che privatizzò le imprese pubbliche di trasporto e energia, e di Ronald Reagan, che diminuì le tasse per i redditi più alti tagliando la spesa pubblica, certo migliorarono l’efficienza del sistema economico ma generarono un incremento dei profitti per le imprese mentre aumentavano la povertà e le disuguaglianze sociali, diminuendo, per mancanza di risorse, i livelli dei servizi tra cui innanzitutto la sanità a la scuola che divennero appannaggio delle classi sociali più ricche.

Questa breve ricostruzione storica ci serve per comprendere come i più accesi sostenitori delle teorie liberiste che militano nelle fila del governo Berlusconi, tra i quali si è distinto Tremonti, hanno compiuto un’inversione totale di rotta passando da una logica economica del lassez-faire ad una rigida demolizione delle liberalizzazioni che il Ministro Bersani aveva avviato con il II Governo Prodi. Le mitiche "lenzuolate", segno del gradimento della maggioranza dei cittadini alla fine dei privilegi di casta, vengono demolite scientificamente, giorno per giorno, da microprovvedimenti passati sotto silenzio che tendono a ridare a banche, assicurazioni, professionisti, i privilegi che avevano determinato il ritardo di una vera libera concorrenza di mercato, condizione indispensabile per ottenere una diminuzione dei costi dei servizi per i cittadini.

Alcuni esempi:
1. Si annuncia un provvedimento di ridimensionamento dei prodotti di largo consumo venduti nelle parafarmacie dei supermercati. In poco meno di 1 anno avevano aperto 2.750 nuovi esercizi con 5.000 addetti facendo diminuire notevolmente il prezzo dei prodotti anche nelle farmacie tradizionali.
2. I tassisti hanno ottenuto delle restrizioni alle attività dei Noleggiatori con conducente (NCC) che ad esempio non possono attendere un cliente in strada.


3. I contratti assicurativi anche di durata decennale non godono del diritto di recesso anticipato senza pagamento di forti penali. Gli agenti assicurativi torneranno ad essere dei monomandatari e non potranno vendere polizze di più compagnie, offrendo una o più alternative al proprio cliente. Sul confronto online delle polizze voluto da Bersani l’ANIA (Associazione delle compagnie) frena e ritarda il servizio
4. Revisione della pubblicità dell’attività e delle tariffe per gli ordini professionali.
5. Emendamento per evitare il rimborso per interruzione del servizio per compagnie dell’energia fino a 5.000 utenti
6. Rinegoziazione e tetto al 4% dei mutui con la banca limitati ai mutui variabili
7. Emendamento con valore retroattivo sulla "Class action", norma per le cause collettive dei consumatori che in caso di ricorso al TAR, e di responso avverso, dovranno pagare le spese e i danni dei ritardi (ad esempio nelle gare per le opere pubbliche)

Per concludere, un anno fa in campagna elettorale Berlusconi aveva attaccato frontalmente "la Sinistra" per il ritardo nella liberalizzazione dei servizi pubblici allo scopo di difendere una rendita di posizione nell’amministrazione degli enti locali. Vinte le elezioni il governo ha rinfoderato le armi e di liberalizzazioni non si parla più. Come si vede anche in tema di liberismo il centro-destra ed il suo condottiero predicano il libero mercato ma nell’ombra perseguono una bieca politica di conservazione dei privilegi delle corporazioni: Una versione italianizzata della concorrenza a sovranità limitata.

Post scriptum: L’enciclopedia online Wikipedia fornisce la seguente definizione dello scopo perseguito da una corporazione:
"il compito primario di ogni corporazione era la difesa del monopolio dell’esercizio del proprio mestiere e chi lo praticava pur non essendovi iscritto veniva considerato, dalla corporazione, un lavoratore che costituiva un potenziale pericolo verso gli iscritti."
 

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