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Democratizzazione e conservazione nel partito comunista cinese

E’ iniziata la fase della successione al Presidente della CIna nonché Segretario del Partito Comunista Cinese. Come dobbiamo interpretare i segnali di apertura al cambiamento che sono giunti dal Premier Wen Jiabao. Si tratta di una sua iniziativa personale o l’inizio di una prima fase di transizione? A giudicare dai rapporti della stampa vicina all’establishement successivi alla chiusura del plenum del Comitato Centrale nulla sembra cambiare.

Senza clamori e senza grande eco sulla stampa internazionale il 18 ottobre scorso Xi Jinping già Vicepresidente cinese è stato nominato vicecapo della commissione militare centrale del partito. Nella liturgia politica del PCC questo atto corrisponde all’investitura quale successore dell’attuale Presidente Hu Jintao eletto nella stessa posizione nel 1999 prima di essere nominato segretario generale del partito nel 2002. Hu lascerà la segreteria nel 2012 prima di concludere il suo mandato di Presidente nel 2013.

57 anni, ingegnere come gran parte della tecnocrazia cinese, Xi è figlio di uno dei protagonisti della grande marcia epurato durante la rivoluzione culturale e successivamente alto funzionario del governo Deng. Fa parte della “generazione dei principini” cioè dei figli dei padri fondatori della Cina comunista e degli alti dirigenti dell’apparato. La sua è stata una carriera comoda come amministratore di due ricche regioni costiere e di capo del partito a Shanghai nel 2007. Nel 1997 fu eletto di stretta misura nel comitato centrale del PCC; lo stesso organo che nella sessione aperta a Pechino il 15 ottobre scorso ha avviato il percorso di successione a Hu Jintao.

Questo avvenimento si inserisce in un periodo difficile per il PCC dove si manifestano profondi dissensi all’interno della nomenclatura parte della quale chiede con insistenza una modifica delle norme che regolano l’elezione dei leader con una maggiore influenza della base degli iscritti. Questo fronte, seppure minoritario, guidato dal premier Wen Jiabao, raccomanda l’avvio di un percorso riformatore. Nell’agosto scorso Wen ha intensificato nei suoi interventi pubblici, i richiami alla classe politica perché lavori ad un miglioramento delle condizioni di vita del popolo e che accanto ad esse si promuova la crescita di uno stato di diritto sempre più indipendente dal potere politico dove l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sia il presupposto dello sviluppo di una società attraverso lo sviluppo dell’individuo. La forza dirompente dei discorsi di Wen che è arrivato a parlare pubblicamente di “scienza, democrazia e stato di diritto, di libertà e diritti umani non come esclusiva del capitalismo ma come valori condivisi dell’umanità” non è sfuggita agli osservatori che se ne domandano le ragioni e si chiedono se questi possano essere interpretati come segnali di cambiamento e di democratizzazione. Sappiamo che le dinamiche interne alla società cinese in antitesi con il suo esplosivo sviluppo economico, hanno tempi lentissimi. E’ tuttavia interessante interpretarle. Gli analisti interni, vicini alla nomenclatura, descrivono tutto ciò come un segnale della vitalità del PCC e della sua capacità di migliorarsi. Gli analisti indipendenti, al contrario, credono che nulla si modificherà nel percorso di democratizzazione del regime cinese e che le dichiarazioni di Wen Jiabao rappresentino il suo desiderio di essere ricordato dalle generazioni future come un leader riformatore. Tuttavia, niente è immobile oggi in Cina e anche la selezione della classe politica ha fatto qualche passo in avanti rispetto all’epoca in cui gli anziani dirigenti del partito nominavano i propri successori. Oggi il politburo è nominato dal Congresso del Popolo e cioè dal Parlamento cinese. Si tratta di una dialettica tutta interna al partito ma è un segnale di una maggiore competizione per la leadership e dunque una maggiore responsabilizzazione dei politici. Non si tratta di una svolta ma indica la necessità di dare nuove regole e nuovi fondamenti condivisi ad un Paese che ha chiuso una fase storica.

Come si inserisce Xi Jinping in questa dinamica? Sarà un fautore del cambiamento o un tradizionale tecnocrate conservatore? Nessuno può dirlo. Anche sulle differenti posizioni espresse dalla stampa e dai dirigenti centrali più disponibili a qualche apertura e i quadri periferici più chiusi a qualunque innovazione Xi tace. Mentre alcuni segnalano i suoi precedenti nelle regioni che ha governato dove ha combattuto aspramente la corruzione ed ha dato forte impulso alliniziativa privata, altri criticano i suoi silenzi e la sua prudenza. A parte il suo matrimonio con una delle più note cantanti cinesi, di lui la maggioranza conosce assai poco. Non è schierato con alcuna delle fazioni interne al partito, non ha un suo programma politico, viene ricordato dagli abitanti delle province da lui amministrate come un uomo semplice, tenace di solidi principi morali ma per i più un personaggio sconosciuto che fra 3 anni, probabilmente, guiderà una delle maggiori potenze planetarie. Alcuni osservatori cinesi credono che Xi Jinping seguirà la tradizione come testimoniato dai commenti del Quotidiano del Popolo alla fine dei lavori del Comitato Centrale incardinati sul modello della “democrazia socialista con caratteristiche cinesi” baluardo per le masse dagli “elementi ostili che vogliono occidentalizzare e dividere la Cina”. L’editoriale conclude che il Paese si affiderà a quattro principi: Democrazia socialista in stile cinese; Sistema del Congresso nazionale del Popolo; Sistema multipartitico di cooperazione e consultazione sotto la guida del PCC; Combinazione di democrazia consultiva e democrazia elettorale. Queste dunque le “riforme politiche” secondo il partito, non l’avvio di un sistema democratico in cui il popolo sceglie il suo governo ed i suoi leader ma un consolidamento del potere attuale. Chi si attendeva aperture in tema di libertà d’espressione e di associazione rischia di rimanere deluso. Lo stesso quotidiano del popolo il 21 Ottobre in un editoriale affermava la necessità di subordinare la libertà di parola e di stampa alla legge. L’articolo era una risposta alla richiesta di un gruppo di veterani del partito che alla vigilia del plenum avevano chiesto il rispristino del diritto costituzionale alla libertà di parola e di stampa. Dunque implicitamente Liu Xiaobo, recentemente insignato del premio Nobel per la pace, doveva essere punito perché, pur disponendo della “libertà di parola”, ha violato la legge.

Il primo appuntamento per conoscere meglio le posizioni ed il programma di Xi Jinping sarà la presentazione del Piano quinquennale di sviluppo economico e sociale che sarà discusso ed approvato a Marzo del 2011.

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