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Lega Nord-Pdl: il ’patto’ è servito

Le elezioni regionali hanno stabilito un nuovo equilibrio nel Pdl. Ora si tratta con Bossi mentre Fini resta fuori

Lega Nord-Pdl: il 'patto' è servito

La politica, si sa, è un perenne gioco di compromessi e favoritismi nemmeno troppo nascosti. Inevitabile che, all’indomani delle elezioni regionali che hanno determinato il ruolo di primissimo piano della Lega, Berlusconi cercasse un accordo con Umberto Bossi. Inevitabile perché il senatur si sente nel diritto (e quasi nel dovere) di pretendere qualcosa in più dal suo capo, visto che ha contribuito in maniera determinante alla vittoria del Pdl in due regioni fondamentali come Veneto e Piemonte. Martedì, giorno di relax post pasquetta, si è svolto un summit a Villa San Martino, l’ormai famosissima residenza di Silvio Berlusconi ad Arcore. Presenti, oltre al capo del Governo e al leader della Lega, anche il coordinatore del Pdl Denis Verdini (quello del milione di persone a Piazza San Giovanni), Sandro Bondi, il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, il ministro degli Interni Roberto Maroni e, ultimo in ordine di arrivo, il titolare della Difesa Ignazio La Russa. Al centro del confronto tra i rappresentanti delle due parti c’era la definizione di un complesso equilibrio tra federalismo, semipresidenzialismo e l’immancabile riforma della giustizia. Tangente anche la questione di Galan al Ministero dell’Agricoltura, avvicendamento reso necessario dopo l’elezione dell’ex ministro Luca Zaia alla presidenza della Regione Veneto.

 

Gianfranco Fini, quello che qualche mese fa veniva indicato come unico vero oppositore alla linea ‘creativa’ e ‘personalistica’ del governo Berlusconi, è rimasto fuori. Potremmo dire che guardava la villa di Arcore attaccato alle sbarre del cancello con l’aria insoddisfatta di chi si sta rodendo il fegato. Sicuramente abbiamo reso l’idea. Proprio Fini teme l’eccessivo protagonismo della Lega (che ora vuole il comune di Milano) e chiede al Pdl di “battere un colpo per non morire tutti leghisti”. Mentre, insomma, Gianfranco Fini scalpitava preoccupato, Berlusconi e Bossi hanno trovato un accordo. Si parla di un compromesso, di un ‘patto’ sul metodo da seguire per le riforme che tanto stanno a cuore al premier. Tutto come previsto, quindi. L’incontro di Arcore avrebbe dovuto fornire risposte e definire l’agenda politica dei prossimi mesi. Così è stato ed era difficile pensare che Bossi sarebbe uscito dalla villa senza prima avere ottenuto quello che voleva. Il Carroccio ha ottenuto ciò che lo stesso Bossi ha chiamato ‘la regia dei cambiamenti dell’assetto costituzionale’: il senatur e Calderoli sono stati investiti del compito di comporre un testo che arriverà sul tavolo del Consiglio dei Ministri per poi essere discusso in Parlamento, come è doveroso che accada per ogni tentativo di cambiare la Costituzione.

La Lega ha ottenuto carta bianca per quanto riguarda la revisione del testo costituzionale e Dio solo sa cosa ne uscirà fuori. Il ‘patto’ prevede anche Galan al Ministero dell’Agricoltura ma siamo sicuri che anche il ddl sulle intercettazioni è stato utilizzato come merce di scambio tra il premier e il Carroccio. Rimane da vedere cosa succederà per la poltrona di sindaco di Milano, soprattutto ora che si avvicina l’Expo. Avere un posto a tavola vuol dire partecipare al banchetto.

Nel frattempo gli ex di An protestano per l’ufficializzazione del protagonismo leghista. Le parole del Ministro per le Politiche Comunitarie sono chiare: “Non può essere la Lega l’asse portante delle riforme. Se così fosse verrebbe meno la ragion d’essere del Pdl”. E aggiunge: “Berlusconi dovrebbe capire che il Pdl è un tandem tra lui e Fini. Prima devono parlarsi loro due e poi parlano con la Lega”. Utopia. Fini non ha mica un partito da 12,7%.

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