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Ancora sul processo breve: il caso limite di Matteo La Placa

Il Ddl sul processo breve potrebbe portare altre conseguenze... Come questa...

Non siamo qui per fare disquisizioni pseudo-politiche e per parlare di leggi ad personam e del singolare modo di vedere la giustizia da parte di Berlusconi. Fa senz’altro notizia ed è questo che nelle ultime settimane affolla le prime pagine dei giornali in un botta e risposta che difficilmente vedrà un termine se si continua a portare avanti tesi di convenienza o se non si aiuta l’utente medio dell’informazione a rendersi conto di cosa davvero significa questo benedetto Ddl sul "processo breve".
 
Un decreto del genere non può, a nostro personale giudizio, non prescindere da un aumento dei mezzi in dotazione alla magistratura e alle forze di polizia. Si sa che in Italia le lungaggini burocratiche e giuridiche sono degne di una telenovela ventennale e che un processo civile potrebbe durare anche più dell’intera serie di Beautiful o Sentieri.
 
Bisogna porre rimedio, quindi. Forse, però, è sbagliato il punto di partenza. Una legge dovrebbe essere fatta alla fine di un processo di costruzione e di rinnovamento mirato a rendere quella legge efficace nella quasi totalità dei casi.
 
La legge è il punto di arrivo, insomma, non quello di partenza. Il rischio, come vediamo dalle prime pagine dei giornali e come possiamo ascoltare dalle interviste ai politici dell’opposizione (ma non solo quelli), è che si vedano morire processi per reati come il falso in bilancio e la corruzione giuridica e che quindi molte vittime di questi reati, come gli investitori Parmalat e Cirio per esempio, non vedranno mai giustizia. Ma non sarebbero gli unici a vedersi "bistrattati".
 
Facciamo un breve riassunto. Il ddl si propone di stabilire una durata massima di un processo in tutti e tre i gradi di giudizio. Una procedura non può durare più di due anni per grado e il punto di partenza di questo tempo stabilito è il momento del rinvio a giudizio. Nel caso si superino questi due anni il processo è estinto (ma il reato no, anche se non è più processabile).
 
I reati che potranno "beneficiare" del processo breve sono, tra gli altri, l’abuso d’ufficio, la corruzione giudiziaria, il falso in bilancio, la truffa, le frodi alla Comunità Europea, il traffico di rifiuti, la violenza privata e, ed è questo che i interessa oggi, l’omicidio colposo per colpa medica.
 
A questo proposito vogliamo raccontarvi la storia di Matteo La Placa, 41enne nato a a Sciacca, in provincia di Agrigento. Il 1 dicembre si è incatenato per circa due ore fuori dal Palazzo di giustizia di Palermo.
 
Perché? Per una questione umana, senza ombra di dubbio, e non meramente politica. Nel 2003 La Placa ha visto morire la moglie, Accursia Attardo di 31 anni. Era al nono mese di gravidanza e con lei ha perso la vita anche la futura bambina che avevano deciso insieme di chiamare Martina.
 
La donna era rimasta incinta in seguito ad una cura ormonale presso un ospedale bolognese e a Palermo fu seguita dall’Istituto Materno Infantile. Morì per edema polmonare in seguito ad una sindrome da iperstimolazioine ovarica che aveva portato alla formazione di oltre tre litri e mezzo di liquido nei polmoni.
 
Il giudice per le indagini preliminari ha rinviato a giudizio otto persone, tra cui il primario e il suio vice, oltre che alcuni medici e infermieri.
 
Siamo evidentemente di fronte ad un caso di malasanità, di quelli che sentiamo continuamente ai telegiornali e che poi dimentichiamo con la stessa velocità con la quale ci vengono presentati. E’ chiaramente un caso di omicidio colposo per colpa medica, come viene definito nel testo del ddl sul processo breve. Per questo tipo di reato, quindi, i tre gradi di giudizio devono durare meno di due anni ognuno. Sono passati sei anni dalla morte di Accursia Attardo e suo marito Matteo La Placa aspetta ancora giustizia. Se il ddl diventasse legge effettiva, il processo in questione si vedrebbe estinto e non ci sarà mai giustizia né per Matteo, né per sua moglie, né tantomeno per la povera Martina che mai vide la luce. Tutto ciò perché la legge è retroattiva per i processi che si trovano ancora al primo gradio di giudizio. Come questo.
 
In seguito alla protesta del 1 dicembre, Matteo ha ottenuto le rassicurazioni del Presidente del tribunale di Palermo Giuseppe Rizzo. La promessa è di accelerare le udienze e seguire l’iter processuale senza ritardi.
 
La sentenza, però, è ancora molto lontana. E’ sicuramente un caso limite della vita, ma lo scopo di quanto scritto finora è quello di presentare una realtà diversa da quella che vediamo nei tg nazionali o sui giornali. Non c’è solo Berlusconi, non ci sono solamente i suoi reati o, più in generale, quelli di matrice economica o giuridica. Ci sono circostanze, come quella di Matteo e sua moglie, che rischiano di rimanere sommerse ma che, in realtà, sono quelle che maggiormente dovrebbero interessarci.
 
Chissà se, oltre a due vite innocenti, vedremo morire anche la possibilità che per loro sia fatta giustizia.

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