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Le scarpe da tennis made in Italy e un futuro da terzo mondo per l’Italia

Gira, sui social network, la foto di un paio di vecchie scarpe Adidas, prodotte a loro tempo in Italia. A farla circolare sono i grillini; per loro è la dimostrazione del disastro che l’Euro ha rappresentato per la nostra competitività.

Un discorso affascinante, anche se qualche dubbio viene subito a chi sappia qualcosa, per esempio, del mercato dell’abbigliamento. Nei decenni che ci separano da quelle scarpe, infatti, sono spariti completamente il tessile della Germania, già temibile concorrente del nostro, e si sono ridotti di moltissimo quello della Francia, pure un tempo fortissimo, e dell’Inghilterra, paese che nell’Euro chissà se entrerà mai.

È accaduto un fenomeno chiamato mondializzazione. Tutto lì.

In mercati solo regolati dal profitto, i beni a scarso valore aggiunto e a forte incidenza della manodopera debbono essere prodotti dove quest’ultima costa meno. E questa nei paesi in via di sviluppo costa pochissimo. Punto.

È quello che hanno capito i dirigenti delle case automobilistiche tedesche, per esempio, che non si sognano di produrre in Germania i propri modelli più economici. È quello che han capito i nostri stessi esportatori, quelli che ancora reggono, che hanno tutti innalzato la qualità dei propri prodotti.

La risposta implicita nella strategia grillina, che vorrebbe un ritorno ad una Lira da trasformare in buona sostanza in carta straccia, è invece quella di abbassare i salari reali fino a che il costo del lavoro italiano diventi paragonabile a quello tailandese o cambogiano: solo così le multinazionali dell’abbigliamento tornerebbero a produrre da noi.

In fondo è quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni (prima svalutando, poi semplicemente tenendo fermi i salari) e infatti da noi il tessile resiste ancora. E infatti tessitori e tintori tedeschi e francesi hanno chiuso i battenti per la maggior parte negli anni ’80, uccisi proprio dalle nostre svalutazioni competitive.

E infatti, più in generale il nostro export regge.

Tutto molto bello.

O, meglio, lo sarebbe se, così facendo, non avessimo ridotto i salari reali dei nostri lavoratori fino a farli diventare tra i più bassi di tutta l’OCSE e, sempre così facendo, non avessimo seppellito il nostro mercato interno.

Se non avessimo cioè costruito, con le nostre stesse mani, la nostra peculiare e ormai trentennale crisi.

Una crisi da cui potremo uscire solo lavorando contemporaneamente su più fronti. 

Nelle aziende, aumentando il valore aggiunto dei nostri prodotti: migliorandone la qualità (e abbiamo già fatto molto) o cominciando a farne di nuovi (e non abbiamo fatto quasi nulla).

Nel settore finanziario, mettendo le banche nelle condizioni di tornare a fare il proprio lavoro e imponendogli di tornare a farlo (sempre che lo facessero un tempo; più che a prestar soldi alle imprese, soprattutto nuove, i nostri istituti di credito hanno sempre badato a incassar gabelle).

Nel paese, migliorando la competitività del sistema. E per farlo, inutile girarci attorno, dobbiamo migliorare il rendimento del pubblico impiego. Non possiamo continuare ad avere la 75esima pubblica amministrazione la mondo per efficienza; non possiamo continuare ad avere la 155 esima giustizia civile al mondo per celerità (e se non fosse una tragedia, parrebbe una barzelletta)

Una strada difficile, lunga e scomoda, quella che dobbiamo percorrere per tornare davvero a crescere. Una strada che rischia di non piacere, questa sì, ai “poteri forti”; che rischia di disturbare, ed è l’altro problema, il quieto sopravvivere di qualche milione di elettori.

Una strada che passa da un investimento deciso nella scuola e nella ricerca e che comincia anche da un aumento dei salari reali: il mercato interno altrimenti non riparte e senza quello…

Senza quello si annuncia il futuro rappresentato da quel paio di scarpe da tennis.

Quello di un paese di operai poco qualificati e pagati pochissimo. In zilioni di neo-Lire, ovviamente.

P.S. Ma una bella foto di un pallone da calcio made in Italy non si poteva trovare? Un tempo ci saranno stati, e con tutte le ore che i nostri bambini perdono con i loro giochini …

Dico: potremmo metterli alle macchine da cucire. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.176) 7 novembre 2013 12:43

        bravo.

  • Di (---.---.---.175) 7 novembre 2013 14:55

    Il P.S. te lo potevi risparmiare, non fa ridere nessuno...di ciò puoi esserne certo.

  • Di (---.---.---.35) 7 novembre 2013 16:22

    In Italia non interessa a nessuno fare le cose seriamente.

    Interessa, questo si, a molti parlarne, ma farle no.

    E così è sensato che continuiamo ad essere al 75.mo posto per efficienza della P.A. ed al 155.mo per (in)giustizia (per quest’ultimo basti guardare come si chieda di "giustificarsi" per una telefonata alla ministro Cancellieri, mentre allo stesso tempo rimanga senatore(!!!) Berlusconi).

    Sto francamente perdendo le speranze che l’Italia si decida ad essere davvero "europea", non tanto come collocazione geografica quanto piuttosto come mentalità: morirò senza vedere questa cosa, lo so.

    Sky
  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.100) 7 novembre 2013 16:35
    Daniel di Schuler

    Grazie.

    Non serviva a far ridere il post scriptum. Ho due figli ancora piccoli e quando penso al mondo che glisto lasciando ... 
    Speravo servisse a ribadire il concetto.
  • Di (---.---.---.132) 7 novembre 2013 19:14

    Allora, vediamo se ho capito il senso di questo articolo.
    1) è arrivata la globalizzazione; chi sta bene, chi sta male e chi sta come gli pare (Renatino, santo subito!). 
    2) negli anni 80 e 90 abbiamo fregato tedeschi, francesi, inglesi: proprio come nelle migliori barzellette! Inventiva, qualità e la capacità dei nostri piccoli produttori di farsi valere non c’entrano nulla! Loro erano onesti e mantenevano alto il valore della loro moneta: noi invece, svalutavamo. Birbanti!. In più, per fregarli meglio, mantenevamo bassi i salari. I soliti ITAGLIANI imbroglioni: fa bene la Merkel a fregarsene di noi; ci siamo comportati male ed ora ne scontiamo le conseguenze!.
    E se poi i cinesi hanno un costo del lavoro basso grazie alle peggiori pratiche di stampo ottocentesco, noi dobbiamo solo stare zitti: stanno facendo a noi quello che a suo tempo abbiamo fatto ai nostri concorrenti europei.
    3) i grillini, non contenti che abbiamo già
    "ridotto i salari reali dei nostri lavoratori fino a farli diventare tra i più bassi di tutta l’OCSE",
    vorrebbero
    "abbassare i salari reali fino a che il costo del lavoro italiano diventi paragonabile a quello tailandese o cambogiano"! 
    Meno male che Napolitano, Letta, Berlusconi, tutta la nostra eccellente classe politica non li sta proprio a sentire; se dovessero davvero governare loro, chissà che tremendo futuro ci aspetterebbe. Brrrr!

  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.100) 8 novembre 2013 13:30
    Daniel di Schuler

    Ognuno capisce quel che vuole e può. Solo non mi attribuisca cose diverse da quelle che ho scritto. Sono responsabile delle mie opinioni, non delle sue.

    • Di (---.---.---.150) 8 novembre 2013 15:17

      Frasi estrapolate in modo letterale dall’articolo:

      1) "È accaduto un fenomeno chiamato mondializzazione." (altrimenti detta: globalizzazione).

      2) "In fondo è quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni (prima svalutando, poi semplicemente tenendo fermi i salari) ... omissis. E infatti tessitori e tintori tedeschi e francesi hanno chiuso i battenti per la maggior parte negli anni ’80, uccisi proprio dalle nostre svalutazioni competitive."

      3) "ridotto i salari reali dei nostri lavoratori fino a farli diventare tra i più bassi di tutta l’OCSE" - "La risposta implicita nella strategia grillina..omissis.. è invece quella di abbassare i salari reali fino a che il costo del lavoro italiano diventi paragonabile a quello tailandese o cambogiano".

      Se ho estrapolato male, gradirei una puntualizzazione. Grazie.

  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.100) 8 novembre 2013 17:54
    Daniel di Schuler

    "La risposta implicita nella strategia grillina, che vorrebbe un ritorno ad una Lira da trasformare in buona sostanza in carta straccia, è invece quella di abbassare i salari reali fino a che il costo del lavoro italiano diventi paragonabile a quello tailandese o cambogiano".

    Questa è la mia unica considerazione, e può citarla per intero.
     Il resto, le piaccia o no, è la storia della nostra economia. 
    La saluto.
  • Di Daniel di Schuler (---.---.---.100) 8 novembre 2013 18:02
    Daniel di Schuler

    Il reso di quel che ho scritto io, si intende.

    Il resto di quel che ha scritto lei è una variante della straw man position. Una tecnica dibattimentale, usata dagli avvocati non solo statunitensi, che consiste nel rigirare quanto ha detto un teste, fino a far apparire assurda, estremista, offensiva, la sua posizione e nel demolirla poi, tra gli applausi degli spettatori. Emilio Fede la usava regolarmente. Lei lo sta facendo con me.
  • Di (---.---.---.150) 8 novembre 2013 21:10

    Lei invece appartiene alla (putroppo) vasta schiera dei finti critici del Sistema, PD o PDL pur che se magna, che monitano nello stile del nostro PdR, ma poi rientrano nei ranghi agitando lo spauracchio del populismo. E il bersaglio è naturalmente sempre quello: il M5S, visto attraverso le lenti gattopardesche.
    Piace vincere facile, eh?

  • Di (---.---.---.35) 8 novembre 2013 21:59

    Ma che palle, ecco.


    Si parla di Grillo ed ecco che si cerca di spostare il discorso sul PD o PDL.

    Altro che pallone made in italy, qui sembra di vedere i bimbi che giocano con le figurine panini.

    Tu che c’hai, Altobelli? Io c’ho Zoff. Tu c’hai Rossi? Io c’ho Tardelli.

    Tu ce l’hai lungo? Io ce l’ho largo.

    E questa sarebbe fare politica invece di parlarne?!

    Tanti anni fa, amarcord:

  • Di (---.---.---.35) 8 novembre 2013 22:03

    Ps, io non ho i capelli grigi, non ho vissuto in quartieri degradati, ho fatto le scuole pubbliche, ma i compagni alle elementari che andavano a lavorare, chi a scaricare sacchi al mercato, chi ad incollare le scarpe o cucire pantaloni in nero... me li ricordo. Erano tanti, qualcuno ha pure abbandonato la scuola.


    All’epoca non c’erano gli ipad, i bimbi lavoravano perché le famiglie non arrivavano a fine mese, ma sul serio. Altro che le parlamentarie, altro che internet, altro che pc, energia elettrica e consumi voluttuari annessi. Fame, scarpe da comprare, vestiti rattoppati con le toppe alle ginocchia e gomiti. Non erano poveri, era normale.

    A chi blatera di certe cose, se ha un’età, cerchi di ricordare. E se è giovane, è meglio che taccia, che non sa di che parla.

    E io son stato fortunato, perché prima era anche peggio. Faccio parte della generazione di chi i figli a scuola li mandava, prima era peggio.
    • Di (---.---.---.150) 8 novembre 2013 22:18

      Tutto bello ma ..... ma che hai voluto dire?

    • Di (---.---.---.184) 9 novembre 2013 16:51

      Che quando si parla di bambini che cuciono i palloni non è roba lontana, da terzo mondo, che non ci tocca. Succedeva anche da noi fino a qualche anno fa, era comunissimo fino agli inizi degli anni 80. In alcuni luoghi tuttora accade. 


      E ci ritorneremo, perché uscire dall’euro ed essere tutti più poveri e più felici non sono parole vuole, ma una triste realtà. Altro che internet, altro che blog, altro che parlamentarie. Colla da scarpe maneggiata con le mani, lavoro minorile e privo di tutele, miseria, è questo il quadro realistico, neanche tanto lontano nella memoria.

      Per usare i pc serve l’energia elettrica e per pagare l’energia servono i dindi. Se non li si ha, come Stato e come singoli, si cuciono scarpe e non si ha il tempo per navigare. Né la disponibilità economica.
    • Di (---.---.---.99) 10 novembre 2013 15:58

      Ma se uscendo dall’euro saremo "più poveri", ma anche "più felici", perchè questa dovrebbe essere "una triste realtà"?
      Penso che hai le idee un tantinello confuse.

    • Di (---.---.---.193) 10 novembre 2013 21:36

      Già, è vero sono confuso.


      Come era quell’altro tormentone anni 80?

      Ah, già.... anche i ricchi piangono.


      Che poi se più poveri e più felici è così automatico, lei può iniziare in questo momento ad alienare ogni suo bene, compreso pc e connessione ad internet. Non c’è bisogno di uscire dall’euro, basta donare i propri averi.

      Vedrà che si sentirà molto più sereno.
  • Di (---.---.---.70) 9 novembre 2013 23:50

    una precisazione,tenere fermi i salari come ora,o addirittura ridurli in termini reali

    e invece tornare alla lira e svalutare in termini economici è la stessa identica cosa.

    • Di (---.---.---.234) 10 novembre 2013 08:57

      No, perché non esiste solo l’economia interna.


      Prova a comprare il petrolio con la lira piuttosto che con l’euro.
    • Di (---.---.---.99) 10 novembre 2013 16:21

      Caro amico, stai tranquillo! 
      In Italia ci sono oltre 49.193.000 di veicoli circolanti (dati ACI a fine 2012), ai quali bisogna sommare tutti gli altri veicoli provenienti dall’Estero (TIR, turisti, ecc) e tutti gli altri clienti che utilizzano petrolio e derivati - Industria ( manufatturiera, chimica, ecc.), Produzione energia elettrica, trasporti marittimi e aerei, riscaldamento privato, ecc. ecc. ecc.
      Pensi che i signori del petrolio rinunceranno tanto facilmente ai proventi derivanti da questa massa enorme di consumatori ?
      Sopratutto se e quando l’Italia riuscisse a risollevarsi dal pantano in cui si è ficcata con l’euro ed a smarcarsi dai finti fratelli europei (dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io".
      Non a caso gli inglesi dicono "business is business"!

    • Di (---.---.---.99) 10 novembre 2013 16:24

      P.S.: e probabimente sono già adesso abbastanza arrabbiati per il calo dei consumi imposto dai nostri governi (italiano ed europei), che significa per loro calo dei proventi.

    • Di (---.---.---.193) 10 novembre 2013 20:49

      "Pensi che i signori del petrolio rinunceranno tanto facilmente ai proventi derivanti da questa massa enorme di consumatori ?"



      Ovvio che no, ci faranno la carità per permetterci di usare le auto, che mica possono fare la muffa in garage.


      Come se i signori del petrolio avessero problemi a trovare compratori, a me risulta che il bene scarso sia il petrolio e non l’automobile.

      Chissà, magari sperimenteranno il mercato del Camerun, quello della pizza di fango che vale due milioni di lire.
    • Di (---.---.---.99) 10 novembre 2013 21:24

      Hai ragione.
      Ma c’è un ma.
      Non si rimpiazzano mica in un giorno tutti questi clienti. E poi, il consumo destinato alle automobili private è solo una parte del tutto.
      Ma hai ragione: col tempo si sostituiscono i vecchi clienti con i nuovi.
      Col tempo. Proprio per questo ci dobbiamo sbrigare a uscire dall’euro, magari insieme agli altri PIGS, oppure a convincere i tedeschi ad andare per conto loro.
      Prima lo faremo, meno "rimpiazzi" ci saranno.

    • Di (---.---.---.193) 10 novembre 2013 21:38

      A firmare un contratto ci vogliono 5 minuti.



      Idem per firmare cambiali o andare in bancarotta.


      Il problema è nostro, non dei petrolieri. Hanno a chi vendere, devono solo scegliere.

      La domanda energetica è sempre in crescita.

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