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Le riforme (incompiute) del Cavaliere

Che fine ha fatto il sogno della rivoluzione liberale? Quella promessa di slegare l'Italia dai mille lacci e lacciuli di una burocrazia elefantiaca e dall'oppressione fiscale di uno Stato sprecone ed inefficiente? 

Il rampante Silvio Berlusconi era sceso in campo per salvare il paese dalla gioiosa macchina da guerra di Occhetto e dagli strascichi di una fallimentare stagione politica, ma la maggior parte dei "buoni propositi" che l'hanno eletto più volte al governo sono rimasti purtroppo solo sulla carta o attuati in minima parte.

Tanto tempo è trascorso da quel 28 settembre 1994, quando il primo governo Berlusconi con un decreto sospese i pensionamenti d'anzianità e con la finanziaria introdusse i tagli sui pensionamenti anticipati, riducendo l'importo del 3% per ogni anno in meno rispetto all'età di vecchiaia, diminuendo in contemporanea dal 2% all'1,75% il coefficente di rendimento dei contributi. Misure coraggiose e di buon senso che intendevano alleggerire l'enorme spesa pubblica per le pensione e migliorare la sostenibilità delle casse Inps. 
 
Purtroppo l'immediata levata di scudi di Bossi e della sua Lega Nord, culminata in una grande manifestazione a Roma il 12 novembre, costrinse il governo a ritirare le proposte e preparò il terreno alla successiva caduta del primo esecutivo firmato Berlusconi.
 
Sette anni dopo arrivò il famoso "Contratto con gli italiani" firmato da Vespa la sera dell'8 maggio 2001, cinque giorni prima delle elezioni che per la seconda volta riportarono il Cavaliere a Palazzo Chigi.
 
Di quei famosi "cinque punti", di cui il Cav s'impegnò in prima persona a rispettarne almeno quattro (pena la rinuncia alla successiva ricandidatura) poco o nulla è stato realizzato in concreto. La prima "ambiziosa" riforma era focalizzata sulla rimodulazione delle aliquote fiscali: Berlusconi intendeva ridurle a due, una al 23% per i redditi fino a circa 100.000 euro e l'altra al 33% per i redditi superiori, con una esenzione totale per i redditi inferiori a 11.000 euro, misure accompagnate dalla completa abolizione delle tasse sulle successioni e sulle donazioni

Oggi possiamo dire che la soglia "tax free" è fissata a 7.500 mentre sono cambiati gli scaglioni ma le aliquote fiscali restano ancora quattro. Lo slogan vincente del Cavaliere, "meno tasse per tutti", non ha purtroppo sortito gli effetti sperati, anzi. Secondo le rilevazioni di Bankitalia la pressione fiscale dal 2001 dal 2006 è aumentata dal 44,4% al 45,5%, comprensivo di imposte locali e tariffe. 
 
Il risultato è stato raggiunto sulle pensioni minime "a un milione al mese": oggi sono 551 euro con piena indicizzazione all'inflazione. L'obiettivo di dimezzare il tasso di disoccupazione con la creazione di un milione e mezzo di posti di lavoro è stato conseguito in parte, nonostante la corposa riforma che è costata la vita al giuslavorista Marco Biagi, assassinato dalle Brigate Rosse
 
Dai dati Eurostat, a gennaio 2001 la disoccupazione era al 9,9% (la promessa di un dimezzamento sarebbe dunque dovuta essere al 4,95%). Nel 2006 (cinque anni dopo) era scesa al 7,1%, minimo storico ma comunque lontana dalla soglia auspicata. Nello stesso anno è stato però raggiunto il massimo storico di occupati, pari a 22,5 milioni, con un incremento totale di 1.074.000 unità.
 
Deludente, infine, il "Piano decennale per le Grandi Opere", la promessa dell'apertura dei cantieri per il 40% degli investimenti previsti. Il Ministero delle Infrastrutture, a gennaio 2006, comunica che si è raggiunto il 21,4%. 
 
Al dì fuori dal famoso "Contratto con gli italiani", rimarranno nella storia politica del Cavaliere i "passi falsi": la perdita dell'avanzo primario (dal 4% del 2001 ad uno zero virgola nel 2006) ed una spesa pubblica in costante crescita (dal 42 al 44% rispetto al Pil) in contrasto con la promessa di una riforma liberale che avrebbe ridimensionato la sfera d'influenza economica dello Stato.
 
Sarebbe bello poter giudicare l'esperienza politica di Silvio Berlusconi esclusivamente dai risultati raggiunti in campo economico e sociale, gli unici veri giudici della sua esperienza politica. Per il resto, dal caso Ruby ai problemi con la giustizia, noi di Libero Mercato lasciamo volentieri il campo ad altre analisi e commenti, che in questi anni non sono di certo mancati. 

 

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