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Le nuove generazioni: cittadini del mondo. La storia di Nina

Partendo dalla storia della piccola Nina vi racconto un'Italia che è pronta - non senza difficoltà - ad abbattere mura, ideologie, religioni e confini: sono i figli delle coppie miste. Su AgoraVox Italia, dal blog Lulù Over the Rainbow torna Luisa Bàmbina.

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Salve Luisa, l'ultima volta che ci siamo sentiti avevi il pancione e con Ricardo eri in attesa di Nina, adesso che è nata facciamo il punto della situazione: come prosegue l'avventura da mamma con la piccola italo-portoghese?

Alla grande. Essere mamma è un'avventura che non annoia mai e la mia bimba mi ha solo migliorato la vita. Come ti avevo già preannunciato mesi fa stiamo cercando di crescerla in un ambiente sereno e in vero stile Over the Rainbow. Cosa intendo? A casa nostra si respira amore, pace e rispetto. Con lei leggiamo, cantiamo, balliamo e parliamo. Tanto. Vedere quegli occhioni curiosi, il suo viso sempre sorridente e in salute è la mia felicità.

La circondate di stimoli positivi.

Sì perché, anche se ha solo sei mesi, pensiamo che comunicare sia alla base dell'essere. Dovrà sempre sentirsi sicura di poter esprimere il suo parere, di poter scegliere e ragionare, sperando che quando sarà grande potrà vivere in un mondo in cui non esistano più preconcetti e pregiudizi. Speriamo che nostra figlia non si fermerà mai davanti alla superficie, all'apparenza, ma cercherà sempre di sapere, approfondire, porsi domande e cercare risposte. Il rapporto tra me e Ricardo con lei è passato ad un nuovo e più profondo livello; anche se continuano ad esserci problemi burocratici, da coppia mista e non sposata, andiamo avanti più uniti di prima. Lui è un papà davvero eccezionale.

Ecco, entrando nel merito, siete una coppia di fatto. Un percorso che coinvolge sempre più coppie e avvia lo Stivale ad una necessità: riconoscere e tutelare queste nuove famiglie nate fuori dal matrimonio.

Proprio così: non siamo sposati e sinceramente non so se lo faremo. Siamo arrabbiati con lo Stato e con la chiusura mentale che ci circonda, l'Italia è indietro anni luce sui diritti civili che non vengono tutelati, in alcuni casi neanche riconosciuti. E' una vergogna. Qui sì è praticamente costretti a sposarsi. Perché? Per aver riconosciuti dei diritti che dovrebbero essere accettati a prescindere? Ricardo è il padre di Nina indipendentemente dal rapporto che ha con me, in Italia invece non è considerato così ovvio, a meno che non mi sposi.

Gabbie burocratiche e vuoti normativi da cui non se ne esce. Ancora.

Il matrimonio non dovrebbe essere ridotto ad un contratto. Il contratto lo faccio per lavoro, per acquistare qualcosa, non per legarmi ad una persona: nessuno è padrone di nessun altro. Sai che dato che non siamo sposati lui non ha diritto agli assegni familiari? Perche noi non siamo famiglia per lo Stato. Sai che se chiediamo un mutuo paghiamo interessi per due e non come coppia? Sai che se io sono in coma lui non ha diritto ad assistermi? Sai che se mi fosse capitato qualcosa durante il parto Ricardo non avrebbe avuto diritti su me o la bimba? E potrei continuare con un elenco infinito.

L'annosa questione della mancanza di un riconoscimento delle coppie di fatto coinvolge anche il mondo omosessuale: le coppie gay denunciano analoghi problemi perché in Italia non esiste il matrimonio egualitario e il ddl Cirinnà sulle unioni civili è arroccato tra rinvii, polemiche, boicottaggi e prese di posizione da parte dei parlamentari conservatori.

E' assurdo, da attivista lgbt penso che sia giusto che se possiamo sposarci noi dovrebbero poterlo fare tutti. Occorre soprattutto coprire queste mancanze che producono cittadini e famiglie di serie B. D'istinto viene voglia di ribellarsi ad un sistema così chiuso e cieco, dire allo Stato "mi sposo quando tutti potranno farlo". Vorrei che al di là delle polemiche imbastite nei salotti televisivi il legislatore si renda finalmente conto di quanti disagi sta creando alla società per mantenerla ferma e cominci con un po' di coraggio a sbloccarsi. Riconoscere le coppie di fatto permetterebbe anche a noi di definirci e tutelarci e farebbe spuntare nuove famiglie che ci sono già ma è come se non esistessero.

E' un percorso il vostro che abbraccia anche una sana laicizzazione: non avete battezzato Nina.

Sì, Nina non è battezzata. Non perché noi non abbiamo religione, ma perché crediamo profondamente nella libertà di scelta e se vorrà battezzarsi dovrà essere una sua decisione. Come non gli è stato imposto, così nessuno glielo vieterà mai. Ci scontriamo giornalmente con le critiche e i pregiudizi di gente talmente barricata dietro al concetto astratto di valori cristiani da averli privati di significato. Non cambiano il nostro modo di pensare, anzi, lo rafforzano. Non permetteremo mai a nessuno di compromettere la serenità di nostra figlia per questioni religiose e le insegneremo a guardare con compassione chi non comprendendo ci critica. Sono loro che hanno limiti, non noi. A nostra figlia insegneremo solo due distinzioni: bontà e cattiveria. E questa distinzione prescinde dal colore della pelle, dall'etnia, dalle caratteristiche fisiche, dall'orientamento politici, religioso o sessuali della gente.

Con la tua associazione Fiore Daphne continui a promuovere iniziative di solidarietà sociale e contro gli stereotipi che generano discriminazione. Adesso che sei mamma a tempo pieno riesci a conciliare tutto?

Cerco di farlo sempre e non mi fermo mai, mia figlia è un ulteriore sprono: lo faccio anche per lei. Devo ringraziare anche le altre socie e chi ci sostiene. Di recente con Fiore Daphne abbiamo presentato le attività dell'associazione in tre convegni in veneto, è stata una grande soddisfazione, dopo tre anni di attività, portare fuori dalla Sicilia le nostre cause, raccontarle, promuoverle e vederle crescere. Continueremo. Poi magari tra venti anni, chissà, mia figlia si sentirà coinvolta negli argomenti e vorrà portarli avanti.

Proverai a coinvolgere anche lei?

Certo che sì, a settembre ci ha accompagnati all'interno dell'iniziativa intitolata Love Yourself, per combattere gli stereotipi di bellezza che portano le nuove generazioni a soffrire di anoressia e bulimia. Ma farà sempre ciò che vorrà lei: se le piacerà farsi coinvolgere potrà essere per noi solo fonte di gioia.

Prossime iniziative in programma?

Continuiamo il nostro giro nelle scuole con i convegni di sensibilizzazione e prevenzione sui disturbi alimentari; con i nostri sportelli d'ascolto attivi e le testimonianze dirette; collaboriamo con altre associazioni in vari eventi e stiamo preparando la seconda edizione di "Siamo tutti musica!", un coro che mira all'integrazione contro il razzismo e la xenofobia. Lavora senza sosta anche il laboratorio che sta preparando la terza edizione di Love Yourself, con in programma un progetto fotografico contro gli stereotipi di genere e la violenza sulle donne. A scuola torneremo anche con un prossimo progetto contro l'omofobia.

Cosa ti aspetti dal 2016 in arrivo?

Rivoluzione. Una rivoluzione positiva che porti evoluzione in tutti i campi e per tutti. Spero in una ripresa sociale. Spero di crescere ancora di più con l'associazione. Spero di inaugurare finalmente il mio nuovo blog intitolato "Le avventure di Nina", a cui sto lavorando e che curerò insieme e per mia figlia. Spero nella pace, non è una frase fatta.. mai come adesso occorre volerla, invocarla, desiderarla, realizzarla. Spero in un'altra gravidanza. Sì, perché un figlio è speranza. E spero per tutti di provare la stessa gioia e felicità: i figli fanno venire voglia di rendere il mondo un posto migliore.

Speranza. Bella parola, ottimista. Prepariamoci a costruire un futuro migliore, adeguato e accogliente. Un saluto da tutta la redazione.

Grazie a voi. È un piacere come sempre, vi ringraziano anche Ricardo e Nina.

 
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