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Le mosse del Governo e delle banche sul caso Parmalat

Manca poco per evitare che Parmalat diventi un'azienda francese.

Martedì, 29 marzo, si è svolta una riunione tra Intesa San PaoloGranarolo ed altri potenziali investitori finanziari per costituire la famosa "cordata italiana" da presentare al cda che l'1 aprile dovrà decidere se far slittare o meno l'assemblea già prevista dal 12 al 14 aprile.

Un'ipotesi per la quale si sta impegnando direttamente l'ad di Intesa Corrado Passera, che ha lanciato una lista per il rinnovo del board, ricandidando l'attuale commissario Enrico Bondi.
 
Ma in campo, oltre alla stessa Intesa (che detiene il 2,15% di Parmalat e potrebbe stanziare 300 milioni di euro), gli interventi di Tamburi e Palladio, le quote di Mediobanca e Generali, non si andrebbe oltre l'8% a confronto con il 29% di Lactalis, e Granarolo sarebbe troppo piccola per controllare l'azienda di Collecchio.
 
Le diplomazie sono al lavoro ma i giochi non sono facili in assenza di prospettive concrete, soprattutto sul piano industriale, poiché l'ipotesi di una "alternativa" di carattere finanziario non convincerebbe lo stesso Bondi, restio a concedere Parmalat alle cordate finanziarie dopo la brutta storia di Tanzi.
Ci vogliono aziende sane e forti, come Ferrero, assistito da Mediobanca, che però sembra ancora indeciso se tentare la discesa in campo.
 
Il gruppo in passato ha già rifiutato il dossier Parmalat e non ha intenzione di battagliare con i francesi né di lanciare un'Opa che risulterebbe troppo dispendiosa.
 
Lactalis vuole votare alla prossima assemblea forte del suo 29% (il 13,97% già in dote ed il 15% controllato indirettamente attraverso gli equity swap al 2012 richiamabili in qualsiasi momento), per conquistare 9 posti su 11 nel consiglio di amministrazione di Parmalat.
 
Per raggiungere lo scopo però c'è prima da superare l'ostacolo rappresentato dall'Authority di Bruxelles, che una volta ricevuta da Lactalis la notifica dell'ipotesi di concentrazione con Parmalat, avrebbe 25 giorni lavorativi per pronunciarsi, un periodo durante il quale i diritti di voto del gruppo francese sono "congelati" e dunque non potrebbe esercitare la sua influenza per il rinnovo del board.
 
Proprio per questo, sembra che Lactalis (ma la notizia non è confermata) abbia presentato alla Commissione Ue la richiesta di deroga alla notifica che le consentirebbe così di spendere il peso del suo capitale in Parmalat, un pacchetto azionario talmente consistente da combattere solo con un'Opa di un altro concorrente, ma come abbiamo visto non ci sono al momento validi avversari.
 
LE REAZIONI POLITICHE E L'IPOTESI SPEZZATINO

Il governo e le banche si muovono sulla stessa linea nel disperato tentativo di difendere Parmalat dalla sete di conquista dei francesi.
 
Il neo ministro delle politiche agricole Saverio Romano ha esordito dichiarando "è necessario fare il possibile e l'impossibile per mantenere Parmalat in mani italiane". Il sindaco di Parma, Pietro Vignali, si è appellato al ministro Tremonti
"a nome della città e dell'intera filiera agroalimentare" esortando il governo "ad un'azione il più possibile decisa e risoluta, per la salvaguardia degli interessi che sono di tutto il nostro Paese".
 
Se la cordata italiana, come sembra, dovesse fallire in partenza si profila una terza ipotesi sul tavolo delle trattative: lo spezzatino della Parmalat, ovvero la separazione delle attività dell'azienda.
 
In quel caso il gruppo guidato da Intesa, da una serie di fondi di private equity e dal partner industriale Granarolo (insieme forse ad Unicredit sul fronte del financing) potrebbe presentare un'offerta a Parmalat Holding per rilevare le attività italiane di Collecchio, creando un big player domestico nel settore casiero-latteario.
 
Dall'altra parte Lactalis con il suo 29,9% guiderebbe una Parmalat International, che all'attuale dotazione di cassa di 1,4 miliardi aggiungerebbe circa 1 miliardo ricavato dalla cessione delle attività italiane, ed a quel punto potrebbe lanciare un'Opa inglobando il 100% della nuova Parmalat.
Ne sapremo di più tra qualche giorno.

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