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Le macchiette della destra, Grillo e l’uomo del destino prossimo venturo

Grillo può non piacere, ma non fa paura. Quel che può arrivare a colmare il vuoto lasciato da Berlusconi e dalla Lega non dovrebbe lasciare dormire sonni tranquilli a nessuno.

“Starace” Alfano lancia ponti verso la Lega in vista delle elezioni.

Comunanza di valori “brusem ul negher insema” (dell’extracomunitario, facciamo assieme una pira) o comunanza di valori “se i diamanti li compriamo assieme poi ci fan lo sconto”?

No, orgoglio per i risultati ottenuti nel recente passato: con la Lega “abbiamo dato al Paese stabilità e riforme”. Angiolino, prima di sparare certe battute dovresti avvertire: stavo bevendo il caffè, quando l’ho letta; mi sono messo a ridere e ho rischiato di farmelo uscire dal naso: spiacevolissimo.

Bobo il Cinico ha ringraziato l’amico (in senso ironico, ha pure precisato. Le comiche, proprio), ma niente da fare; i suoi militanti pare vogliano andare da soli e, pare ancora, la loro opinione, “noi faremo pena, ma quelli di più”, improvvisamente è tornata a contare qualcosa: clamorose novità sotto il cielo leghista.

Altre risate, amarissime, pensando che quei due cabarettisti e qualche simpatica congrega di neonazisti (come se la Lega non bastasse), rappresentano tutto quel che offre la destra italiana. Risate che si spengono al pensiero che oltre a loro, a rappresentare la “non sinistra”, vale a dire il cinquanta o sessanta per cento degli italiani, si candidano solo “Fischia il sasso” Fini e “Family man” Casini, con margheriti e putredini varie al seguito.

Una situazione che dovrebbe preoccupare moltissimo anche i nostri più sinistri amici.

Anche quelli che, incapaci di trovare qualcosa di proprio gradimento dentro la straripante offerta di politica che c’è dalla loro parte (abbiamo sinistre per tutti i gusti, ma si sa come sono fatti; ognuno di loro vorrebbe il proprio partito personale. Lo avessero? Si scinderebbero da sé, per la gioia degli psicoterapeuti), si stanno lasciando convincere da Grillobeppe e dal suo fanqulismo ecumenico. Con lo zelo di tutti i conversi, (e, numeri alla mano, molti di loro questo sono, mentre altri, magari tra i più vocianti, stanno semplicemente cercando di salire sul carro del prossimo vincitore) sfoderano le unghie se ci si azzarda a criticare il loro beniamino e, soprattutto, schiumano rabbia se li si accusa d’essere “antipolitica”.

Hanno ragione specie considerando le biografie di tanti dei lapidatori di Grillo, ma solo fino a un certo punto. Non è “antipolitica” quella di Grillo, ma la politica è l’arte del possibile e a lui il possibile non pare interessi molto. Il suo difetto non sta nei progetti che propone (per quanto assurdi possano sembrare, sono tra quanto di più politico si sia visto nel nostro Paese da decenni; progettare il futuro, prima che gestire il presente, dovrebbe proprio essere il compito della politica) ma nel suo modo di porsi rispetto a tutte le altre forze politiche. Nell’inutile violenza delle sue parole e nel suo atteggiamento da talebano, da unico depositario della verità.

Non ci si candida a governare alcunché, in quel modo, guardando dall’alto in basso il 90% o giù di lì del Paese; solo a guidare un rivoluzione. Una rivoluzione del 10%, come quella leghista, finita come sapete, per intenderci.

Non è antipolitica, dunque, quella di Grillo, ma una non-politica che condanna il suo movimento ad una marginalità da cui potrà uscire solo facendo delle scelte e sviluppando delle alleanze. Tornando dentro la politica.

E’ nel deserto della destra e ricordando la nostra storia anche recente che si deve temere la nascita di una nuova, vera antipolitica, peggiore di quella che vi sorse nel ’92.

Ricordate quel Berlusconi e quanto era anti-politico? Assolse gli elettori del penta-partito da ogni responsabilità, spacciò loro qualche sogno e, inventandosi una minaccia comunista fuori da ogni logica e in ritardo di un trentennio, ridiede loro un’identità.

Oggi, mentre il ceto medio, deluso dalla Lega e disgustato da Berlusconi, è chiamato a pagare di tasca propria le conseguenze della crisi, ripetere quell’operazione, magari portandola alle estreme conseguenze, non è affatto impossibile. Serve solo il tribuno giusto perché la sfiducia verso i partiti che aleggia anche tra gli elettori di destra si trasformi in odio: verso i politici, i partiti, il resto degli italiani e la Democrazia stessa.

Un rischio che diventa sempre più reale mentre i partiti si stanno dimostrando incapaci di correggere anche i più odiosi ed impopolari tra i propri difetti; mentre i politici sono tanto folli da chiedere sacrifici ai cittadini senza imporsene di perlomeno uguali.

Grillo può non piacere, ma non fa paura. Quel che può arrivare a colmare il vuoto lasciato da Berlusconi e dalla Lega non dovrebbe lasciare dormire sonni tranquilli a nessuno.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.50) 30 aprile 2012 19:32

    Si, il quadro si va delineando abbastanza chiaramente. Due le possibili soluzioni alla crisi: una destra moderata (alla Monti) se le cose dovessero volgere al meglio nel primo o secondo trimestre del 2013; una destra autoritaria e violenta se dovessimo finire come la Grecia. Una destra che ancora non c’è, ma che al momento opportuno sorgerà dalle ceneri della destra bossi/berlusconiana.

    Il ruolo di Grillo sarà di impedire a Bersani di vincere immeritatamente il governo del paese e eventualmente accelerare la formazione di una destra autoritaria.

    Qualcuno dovrebbe pietosamente avvisare Bersani che ha da tempo imboccato una strada che porta alla sconfitta. E’ propriio vero che Dio acceca chi vuol perdere. La sua recente affermazione che non vuole vincere sulle macerie del paese (nel caso di elezioni in autunno) ricorda tanto la gioiosa macchina da guerra di Occhetto, senza dover andare a scomodare la protervia togliattiana nel 48 o le follie di Bordiga e Gramsci nel 21/24

  • Di (---.---.---.135) 9 maggio 2012 14:20

    Ma la gente che continua ad attaccare grillo per il linguaggio, non ha mai sentito parlare un politico di destra o della lega? Tipo La Russa, Santanchè, Sgarbi, Borghezio, Gentilini, Bossi, ... quelli da vent’anni hanno una violenza verbare sicuramente superiore a quella di Grillo. Solo che Grillo utilizza un certo linguaggio per fare proposte, gli altri insultano e basta

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