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 Home page > Attualità > Politica > Le italiche convulsioni ed il rimedio di Rawls

Le italiche convulsioni ed il rimedio di Rawls

E’ indubbio che il nostro attuale premier sia un uomo di spettacolo. Il vostro cronista dubita fortemente sulle sue proclamate potenzialità erotiche, e ciò sia per l’età sia per le sue vicende di salute; per converso è alquanto scettico sul fatto che egli si possa essere concretamente macchiato di reati in questo campo. Quanto alla trovata di chiamare la Questura per dire che Ruby era la nipote di Mubarak, ebbene è qualcosa che ricorda troppo un vecchio film intitolato Amici miei. Però, con la vicenda Ruby e con l’irricevibile proposta di asservimento all’Esecutivo della Magistratura intera, Corte Costituzionale compresa, siamo ormai al parossismo applicato a quella che John Rawls chiamava struttura di base della società, ossia alle istituzioni sociali maggiori (Costituzione, tutela della libertà di pensiero e di coscienza, mercato concorrenziale, famiglia monogamica e così via).

Questo psicodramma nazionale ha avuto concreto inizio con i tentativi di riforma della legge elettorale della prima Repubblica in reazione alla diffusa consapevolezza che il sistema creato dai Padri Costituenti era caratterizzato da una grave mancanza di equilibrio fra potere esecutivo e potere legislativo, tutto a favore di quest’ultimo (uscivamo dalla dittatura mussoliniana e, per forza di cose, non poteva non essere così). Si sono svolti anche più di un referendum sull’argomento; e vi sono state lunghe trattative riservate fra le forze politiche della seconda Repubblica per raggiungere un accordo di cambiamento.

Di queste trattative ci ha fatto un quadro uno dei protagonisti di allora, il senatore di Alleanza Nazionale Domenico Nania, in occasione dei convegni organizzati dal costituzionalista Alberto Russo presso l’Università di Messina. Da questi informali resoconti si è potuto dedurre che l’impegno per una appropriata riforma della legge elettorale non è mancato: il vero problema è stata la posizione delle forze politiche. Esse erano ben lontana da quella che Rawls ha indicato come la posizione ideale per una assemblea costituente, per la quale è indispensabile un velo di ignoranza sugli interessi dei partecipanti per poter fare scelte nell’interesse collettivo. Pertanto ogni forza politica si è fatta sponsor di soluzioni che avrebbero favorito i propri personali interessi, ovviamente l’una in discordia con l’altra. Ad esempio i partiti minori della sinistra erano fortemente contrari a sistemi maggioritari e favorevoli invece al proporzionale più spinto. Alla fine la riforma fu un atto di forza della maggioranza, che ha portato al bipolarismo, ma ha del tutto sottomesso al potere esecutivo quello legislativo; contemporaneamente ha del tutto annullato l’esercizio della volontà popolare nella scelta dei componenti delle assemblee legislative.

Oggi il caso Ruby e le molteplici vicende giudiziarie del premier aprono le porte ad un secondo colpo di mano della maggioranza, che porterebbe inesorabilmente ad un totale asservimento del potere giudiziario, sempre verso quello esecutivo. Insomma, stiamo facendo rivoltare nella tomba il teorico dell’equilibrio dei poteri dello Stato Charles Louis de Secondat barone de La Brède e de Montesquieu. E ci stiamo anche accorgendo che le Istituzioni, se conformi ai principi del giusto, sono da ricomprendersi fra quelli che Rawls chiamava beni primari; e che il cittadino deve anche prendere in considerazione l’ipotesi di lottare per tutelarle e per difenderle da chi cerca, per qualsivoglia motivo, di portarle nell’ingiustizia.

Come fare? Una via ce la indica sempre John Rawls: quella della disobbedienza civile (ovviamente secondo canoni di moderazione che escludono a priori violazioni della legge penale), così definita dal filosofo: “Un atto di coscienza pubblico, non violento, e tuttavia politico, contrario alla legge, in genere compiuto con lo scopo di produrre un cambiamento nelle leggi o nelle politiche del governo”.

Si potrebbe lanciare su Internet un concorso di idee per una azione non violenta e rispettosa della dignità di tutti, volta a costringere il governo a rivedere la sua azione, ponendo a fondamento di essa il principio di ricerca del reciproco rispetto e dell’equilibrio fra i poteri dello Stato; passando così dalla finzione cinematografica/televisiva alla dura, concreta realtà delle esigenze del Paese.

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