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Le due Italie della crisi

Tra qualche decennio chi si imbattesse nella lettura di un libro di storia troverà in neretto un breve paragrafetto intitolato ‘La crisi del 2009’ con a fianco una foto di un bancario con una scatola tra le mani ‘Lehman Brothers’.

 

Successiva alla pur famosa crisi del 1929 e ben 80 anni dopo, nel libro di storia saranno riportati i fatti salienti e gli avvenimenti che hanno caratterizzato la prima vera crisi del sistema geopolitico continentale del 21° secolo.

Si racconterà in questo libro di storia di un terremoto planetario, generato dall’orrida gestione dei monarchi della finanza arrivato a scaturire fino alla più terrena crisi economica che colpì in particolar modo nell’occidente globalizzato un gran numero di famiglie.

Si riporterà di povertà planetaria in crescita, disoccupazione a livelli mai raggiunti, nazioni in default economico e finanziario, nazioni scosse da forti movimenti popolari di rivolta.

Insomma chi leggerà quel libro di storia vivrà emotivamente un sussulto dovuto alla triste elencazione degli eventi di un passaggio amaro per tutta quella gente che dalle lontane americhe all’Europa intera visse quell’imprevisto lungo periodo di difficoltà e dolori.

Una crisi che in Italia in particolar modo toccò tutte le categorie di lavoratori, ma ….

Forse sto tralasciando qualche cosa nel raccontare, si perché forse tutti i lavoratori, beh ricominciamo.

Ah ora ricordo, si perché se dovessi riscrivere io quel libro di storia forse metterei...

Anzi correggerei così.

Ma secondo voi proprio tutti i lavoratori italiani sono preoccupati per la crisi e per il proprio posto di lavoro?

Decine di migliaia di giovani in Italia hanno perso il proprio posto di lavoro con contratti a termine e per ora non lo rivedranno molto presto.

Decine di migliaia di lavoratori dell’industria, dell’artigianato, dell’edilizia, dell’agricoltura hanno perso il loro impiego e molti li stanno seguendo; vivranno attanagliati dal pensiero mordente di come tirare avanti fino al giorno dopo con una famiglia sulle spalle.

Altre decine di migliaia i lavoratori sono in cassa integrazione e saranno costretti alla rinuncia di una importante fetta del proprio salario ed anche questi vivranno per molti mesi con l’assillo delle rinunce per portare a casa il pane tutti i giorni.

Migliaia di imprenditori hanno perso tutto ed anche loro vivranno con lo stesso pensiero di chi ha perso fiducia in un futuro vivibile.

Moltissime aziende ed imprenditori si trovano sull’orlo del baratro della chiusura e nelle più rosee previsioni si può sperare nella manna della cassa integrazione.

Ma tornando a riscriver il mio libro di storia riporterei che c’è una parte grandissima dell’Italia che non farà nessun sacrificio di questo genere, non vivrà nessun assillo o preoccupazione legate al proprio posto di lavoro o al proprio salario che comunque sarà garantito.

Ma di chi parliamo? Forse questa è una casta di privilegiati?

Ebbene si, sono italiani e sono tantissimi più di 3,5 milioni.

Sono i dipendenti pubblici e dello Stato. Beati loro!

Questo si che è un posto di lavoro buono, il paese crolla ma loro sono intoccabili.

Nessuno di loro è preoccupato per il proprio posto ma soprattutto per il proprio salario comunque e sempre garantito.

Ma questo vi par giusto?

In tanti paesi europei, dove la crisi sta attanagliando l’economia forse anche più che in Italia, hanno deciso di condividere questa sfortuna anche con gli statali che hanno rinunciato ad una porzione del loro stipendio come sta facendo tutto il resto del paese.

Che ne pensate se anche i lavoratori di ministeri, politici, regioni, province, comuni etc. etc. pagassero l’obolo che sta pagando il resto del paese magari rinunciando ad una fettina del proprio intoccabile stipendio contribuendo così a fronteggiare una crisi da libro di storia?

Commenti all'articolo

  • Di pint74 (---.---.---.158) 11 marzo 2009 18:31
    pint74

    Scaricare la propria rabbia su un’altra classe di lavoratori è sbagliato.
    Sempre lavoratori sono e le loro paghe non sono spaziali,fanno sacrifici come tutti per arrivare a fine mese.
    La nostra rabbia deve essere focalizzata contro tutti quelli che hanno causato questo tracollo economico e contro chi lucra su tutto quello che stà succedendo.
    Chi deve rinunciare ad un’ampia fetta di guadagni cono industriali e banchieri che ora piangono miseria ma che per decenni anno guadagnato cifre da capogiro e sicuramente ancora guadagnano grazie alla delocazzione delle industrie ed all’attività speculativa nei mercati emergenti.
    Non scateniamo una guerra fra poveri ma uniamo le forze e chiediamo che chi ha straguadagnato per decenni e decenni ora tiri fuori i propri miliardi per sanare una situazione di cui sono colpevoli.

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.152) 11 marzo 2009 18:44
    Paolo Praolini

    Non voglio dilungarmi ma è un altro caso di mancanza di equità.
    In un momento storico come questo dove tutte le categorie di lavoratori hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo, qualcuno può starsene tranquillamente seduto alla poltrona.
    E l’equità sociale dov’e’? Perchè non dovrebbero contribuire anche gli statali al sostegno del paese in un momento di così nebuloso futuro?
    Purtroppo la verità è sotto gli occhi di tutti, come avviene da sempre la casta statale anche in questo momento ha i suoi privilegi.
    Giusto o sbagliato, non è equo nei confronti del resto del paese!
    Filosofia? Demagogia? Realtà? Possiamo dire tutto ma siamo solamente nella realtà.


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