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Le biciclette di Gattoni

 

Schizzano, sgommano, sfrecciano. Smilze, svelte, super. Si raggruppano, si sfilano, si superano. Da corsa, da noleggio, da passeggio. Corrono, vivono, respirano. Vecchie, nuove, pieghevoli. Di giorno, di notte, di fronte.

Biciclette a Londra. Una volta: una rarità, una stravaganza, un pericolo. Dieci anni fa: la scoperta. Adesso: l’esplosione, la moda, l’abitudine. Nel traffico, se non amate, almeno accettate e rispettate.

Bici, e poi bici nelle pubblicità e bici nelle stazioni, bici nei parcheggi e bici nei balconi. Negozi di bici. Visto un «Bike surgery», la chirurgia delle biciclette, che poi è una bottega, anche se chic, di riparazioni e vendite.

Tutto questo pedalare, a Londra, ha ispirato Ugo Gattoni, italiano cresciuto a Vitry-sur-Seine, periferia di Parigi, e a Parigi ha studiato graphic design alla Epsaa, e poi ha cominciato a lavorare, e poi a esporre, anche all’Hayward Gallery di London Southbank. Carta e penna. Carta bianca e inchiostro nero.

Stavolta ha creato un’opera in cui ci sono tutte le due ruote, quelle dei corridori professionisti e olimpici e quelle degli impiegati, quelle dei messaggeri e quelle delle mamme con i bambini, quelle dei tandem e quelle delle triplette, quelle dei pedalò e quelle delle mountain bike, quelle di chi porta, di chi trasporta, di chi sprinta, di chi cade, di chi impenna, di chi riposa, quelle di chi saluta, di chi esulta, di chi inveisce, di chi sbanda, di chi scarta.

Un’opera grandiosa, che non si finisce mai di leggere e rileggere, perché da scoprire e ingigantire. Ne è nato un libro, le pagine (19,5 cm di base, 33 di altezza) si piegano e si allargano, a concertina, fino a poter trasformarsi in un quadro, da guardare in tutte e due i lati, totale 4 metri e 723 ore di lavoro. S’intitola, semplicemente, “Bicycle” (Nobrow Press, 18 sterline). Ed è, semplicemente, bellissimo.

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