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La svolta anti-nucleare della Germania

Sull'onda emotiva della tragedia giapponese, la Germania fa dietrofront sul nucleare e si prepara a varare entro giugno un nuovo piano energetico che valorizzerà l'utilizzo di energie alternative.

Sono trascorsi solo pochi mesi dall'annuncio della cancelliera Angela Merkel di prolungare di 12 anni l'utilizzo delle centrali atomiche (la Germania ne possiede 17 in tutto).
 
Eppure, dopo il terremoto e l'incidente di Fukushima, la classe politica tedesca cambia direzione e ricerca nuove soluzioni praticabili economicamente e apprezzabili agli occhi dell'opinione pubblica.
 
In un rapporto ufficiale, il governo democristiano-liberale evidenzia la necessità di costruire nuove reti elettriche per trasportare l'energia prodotta da mulini a vento e pannelli solari, di introdurre nuovi incentivi per la realizzazione di edifici ecologici e di chiedere alla banca pubblica KfW di offrire prestiti agli investitori specializzati nelle rinnovabili.
 
L'Esecutivo si è dato tre mesi per portare avanti il piano e avviare una fase graduale di abbandono del nucleare.
 
La svolta "neo-verde" della cancelliera Merkel si è completata con la nomina di un comitato etico rappresentato da scienziati, specialisti del settore, uomini di chiesa e filosofi, che dovrà elaborare un rapporto entro il 27 maggio per annunciare i dettagli del nuovo piano energetico nazionale.
 
LE REAZIONI E I DUBBI SULL'ABBANDONO DEL NUCLEARE
 
Il problema è sempre lo stesso: come sostituire l'energia garantita dalle centrali nucleari con una gestione che sia allo stesso tempo rispettosa dell'ambiente, sicura e per quanto possibile poco costosa? La Germania ricava dall'atomo il 22% dell'elettricità prodotta, rispetto al 16% proveniente da fonti alternative.
 
Può un paese manifatturiero, con un settore produttivo basato su meccanica, chimica e siderurgia, fare a meno del nucleare senza gravi conseguenze economiche?
 
E' questo il dubbio che serpeggia, anche perché secondo il Fraunhofer Institut la scelta di rinunciare al nucleare richiederebbe nuovi investimenti per circa 245 miliardi di euro.
 
Anche la stessa classe politica non è poi così convinta della svolta ambientalista della Germania: in un'intervista a Die Welt, il ministro delle Finanze Wolfgang Schauble ha affermato: "La domanda è: come si esce dal nucleare in modo accettabile da un punto di vista economico e chi sostiene il costo di un'uscita anticipata, il contribuente o il consumatore?".
Critiche sono giunte anche da alcuni deputati francesi.
 
In visita a Berlino, Philippe Marini, membro del partito Ump del presidente Nicolas Sarkozy, avverte: "La scelta è stata presa senza consultarci. Provocherà molti problemi a livello europeo e nei rapporti con la Francia"Jean Arthuis, un ex ministro delle Finanze, ha aggiunto che la decisione tedesca è stata presa "su un'onda emotiva".
 
I timori di Parigi sono sostanzialmente due: si teme che le preoccupazioni tedesche possano influenzare anche l'opinione pubblica francese (e la Francia, ricordiamo, di centrali ne possiede 58) e, motivo più sostanziale, che la svolta sulle rinnovabili possa rinvigorire la stessa ricerca tedesca, penalizzando le aziende francesi.

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