La rivoluzione del kebab

Se è verosimile, come sosteneva Frank Tannenbaum, che la diffusione del "dentifricio" negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta abbia avuto un impatto davvero rivoluzionario, quasi sovversivo, sulle società divise in classi dell’America Latina, sarà allora di certo convincente anche l’idea che l’avvento del kebab nelle nostre abitudini alimentari, almeno negli ultimi anni, abbia portato con sé la speranza che una vera integrazione culturale (e non meramente gastronomica) è possibile.
La storia di Naser Ghazal, palestinese di 44 anni, sembra confermare questa idea. Ci sono voluti infatti 8 anni di duro lavoro per farlo diventare, grazie a questo piatto piccante a base di carne, un vero e proprio imprenditore del settore, attraverso una catena che vanta ben 35 negozi con 400 dipendenti alle spalle: la Kebab International.
L’impero si snoda per tutto il Veneto, ma parte da Zero Branco (Treviso), da cui dirige tutto il franchising, mentre il primo negozio lo aprì invece a Mestre. Storia complicata, la sua, iniziata nel 1983 con la partenza dalla Palestina, l’arrivo a Roma per amore dell’Italia e del calcio, la raccolta dei pomodori e il lavoro di cameriere, gli studi in Marketing del Turismo e la laurea, l’apertura del primo ristorante e l’arrivo in Veneto per mettere su questo esperimento commerciale.
Adesso i suoi negozi, gli Shockabab, spopolano letteralmente tra i cittadini italiani e non, nonostante tutti i pregiudizi iniziali con cui Naser si è dovuto scontrare ed a cui ha risposto prontamente attraverso l’onestà ed il sudore del suo lavoro: "a tutti quelli che mi parlano di razzismo - dice - a coloro che pensano che l’immigrazione sia solo delinquenza, beh, a tutti questi io rispondo con i fatti". Fatti che parlano chiaro quando si tratta di contribuire ad acquistare, per il Comune di Zero Branco, un pulmino di trasporto per le persone portatrici di handicap o di donare l’incasso per i terremotati dell’Abruzzo.
Certo, il capitale iniziale richiesto per l’apertura di un locale (52mila euro) sembra precludere dal mercato altri cittadini extra-comunitari, per questo la maggior parte di proposte, almeno 6 su 10, arrivano da italiani, ma la storia del "re del kebab" vogliamo sia l’inizio di una bella favola, dal lieto fine, da raccontare alle nostre generazioni future.
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