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La riforma della Giustizia: eccola che arriva

Quando meno te lo aspetti, la riforma della Giustizia si materializza: a quanto pare essa sarà all’esame del Consiglio dei Ministri martedì prossimo.

Nell’attesa, un commento ed una speranza: che venga riconfermata e rafforzata, se possibile, l’autonomia della Magistratura, sia di quella requirente sia di quella giudicante. E se si perseguirà anche un’autonomia reciproca fra le due, ebbene che venga pure.

Quale è il timore? Che si materializzi una sottomissione della Magistratura requirente e/o giudicante all’esecutivo.

Su questo punto i cittadini devono avere una attenzione spasmodica, anche perché era proprio questo l’obiettivo di un disegno di legge del ministro della Giustizia, che avrebbe relegato i Pubblici Ministeri al ruolo di “avvocati della pubblica accusa”, con competenze contenute in limiti fortemente ridotti rispetto al dettato costituzionale.

Questo non può non essere un “nervo scoperto” sensibilissimo: una sciagurata legge elettorale, dinanzi alla quale le Camere non hanno nemmeno accennato a difendere la loro autonomia rispetto al potere esecutivo, ha già arrecato danni gravissimi alla nostra democrazia.

Dobbiamo sempre riferirci a Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède et de Montesquieu ed il suo pensiero politico: perché si realizzi uno Stato non dispotico, i suoi tre poteri, e precisamente quello esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario, devono stare sempre in reciproco equilibrio. In carenza, viene meno la democrazia.

Orbene, la legge elettorale detta porcellum, messa in cantiere da una forza politica che della sua avversione allo Stato italiano non ha mai fatto mistero, ha sottoposto il potere legislativo a quello giudiziario in maniera anomale, inaccettabile, vergognosa. Se ora la riforma della Giustizia diventerà l’occasione perché anche il potere giudiziario sia prostrato ai piedi di quello esecutivo, ebbene potremo dire che la nostra democrazia è di fatto andata in malora.

Ai cittadini del nostro Paese il vostro cronista vuole dedicare una frase di Hillel il Vecchio, rabbino del I secolo a.c.: «Se non sto io dalla mia parte, chi ci starà?». Insomma, nella previsione della adozione da parte del governo della riforma della Giustizia, che siano pronti a stare dalla loro parte, dalla parte della democrazia. Perché abbiamo già ampia esperienza storica di quali tragiche conseguenze possano avere scelte politiche autoritarie e non democratiche.

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