La riforma del processo penale - La fase istruttoria

Prime reazioni alle proposte di riforma del processo penale del Ministro Angelino Alfano: l’Associazione tra gli studiosi del processo penale, presieduta da Ennio Amodio, esprime perplessità e preoccupazione per l’ipotesi di riforma della fase istruttoria attraverso una diversa definizione dell’attività di Pubblico Ministero e di quella della Polizia Giudiziaria; ed anche preoccupazioni sotto il profilo della legittimità costituzionale.
In effetti l’iniziativa del Ministro appare anche ai non addetti ai lavori timorosa e preoccupata; forse giustamente attenta a procedere per gradi, cercando di raccogliere strada facendo un ampio consenso.
A riprova la riforma Alfano prevede delega al Governo su ben cinque argomenti. Nello specifico della fase istruttoria, l’ipotesi avanzata appare un volgersi all’efficiente sistema britannico della common law, ben diverso da quello continentale della civil law: come è noto in Inghilterra la Magistratura Inquirente non esiste ed il compito della fase istruttoria è affidato a Scotland Yard. Però, fa notare l’Associazione di studiosi del processo penale, l’introduzione ex abrupto nel nostro sistema di metodi ad esso estranei, finirebbe per creare più problemi di quanti ne possa risolvere.
Ed allora meglio restare nell’ambito del sistema della civil law ed introdurre modifiche congruenti ad esso, avendo sempre come principio il rispetto della dignità della persona.
A questo proposito si ha anche un precedente storico, illustrato da Ettore Dezza nel testo Processo penale e opinione pubblica in Italia tra Otto e Novecento, a cura di Floriana Colao, Luigi Lacchè e Caludia Storti, editore il Mulino: il Regolamento Provvisorio di Procedura Penale, promulgato a Vienna il 17 gennaio 1850.
Erano i tempi in cui, sull’onda degli avvenimenti insurrezionali dei mesi precedenti (è ancora in uso il modo di dire è successo un ’48 ), la monarchia asburgica cercava di ristabilire la propria autorità sull’Impero scendendo a patti con le nuove istanze di apertura in materia di libertà civili; e, con questo scopo, promulgava la Costituzione del 1849.
Il nuovo codice provvisorio, che a quest’ultima si richiamava, in aperta riforma al precedente del 1803, la cosiddetta Franziskana, introduceva nel procedimento penale i quattro principi fondamentali del sistema francese (pubblicità, oralità, giuria e difesa tecnica); anzi, andava addirittura oltre: il pubblico ministero era dotato di poteri sensibilmente inferiori a quelli del collega napoleonico e l’accusato godeva di una «maggiore protezione».
La difesa tecnica restava pur sempre esclusa dalla fase istruttoria; ma nelle riviste giuridiche dell’epoca, veri e propri journaux de combat, si giungeva anche ad ipotizzare di abbandonare questo dogma e di garantire il diritto alla difesa anche in questa fase.
Eppure è questo il problema di fondo ancor oggi maggiormente sentito nel nostro sistema penale : l’esigenza di far partecipare nel modo corretto sia l’imputato sia la parte lesa anche alla fase istruttoria.
Per fortuna, trovare una risposta a questa istanza non è compito dei comuni mortali: è compito degli esperti del settore penale e della politica.
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