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La riforma Gelmini dei licei

Della riforma Gelmini dei licei non si ha il testo integrale, ma solamente il comunicato descrittivo emesso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sul sito Internet del Governo.

Appare subito evidente la ricerca di concretezza nelle decisioni del Ministro, che hanno portato ad una notevole semplificazione dell’offerta formativa. Prima di tutto l’eliminazione degli infiniti corsi sperimentali e la fine della connessa diffusa percezione che un corso di studi così definito fosse a priori di una categoria superiore rispetto agli altri (il che è indimostrato).

Poi più materie con contenuti scientifici, più lingue straniere, new entry le discipline giuridiche ed economiche e, dulcis in fundo, il liceo musicale.
 
Il provvedimento è stato definito “riforma”, in opposizione alla “riforma Gentile” del 1923. In effetti tale non appare perché non rappresenta una cesura rispetto ai precedenti provvedimenti e non ha compiutezza in se. Essa, in effetti, appare un passo importante certamente, ma sempre all’interno di un percorso iniziato da anni ed ancora in itinere (e poi è indimostrato che una riforma sia a priori più importante di un provvedimento che si inserisca con continuità in un percorso riformativo).
 
A riprova, dal testo del comunicato appare che si siano voluti integrare nei corsi ordinari i risultati ottenuti dalla lunga stagione della sperimentazione; e lo stesso Ministro, parlando degli esami di Stato attualmente in corso, ha preannunziato variazioni e modifiche già per l’anno a venire.
 
Su quest’ultimo punto occorre rimarcare che il sistema previsto da Giovanni Gentile suddivideva il cursus studiorum in una serie di “cicli”, culminanti ciascuno in un esame finale riepilogativo. Il primo era quello della scuola elementare al suo quinto anno; poi vi era quello della scuola media al terzo anno; poi vi era quello del ginnasio, alla fine dei suoi due anni; infine quello di maturità.
 
Anche all’Università si poteva trovare qualcosa di simile. Ad esempio chi sceglieva ingegneria aveva dinanzi a sé un biennio propedeutico con tanto di esame finale ed un triennio applicativo con il rituale esame di laurea.
 
Nel tempo questo sistema si è sfilacciato sempre di più, mostrando oggettivi limiti di tenuta nella pretesa di un esame formale riepilogativo per ciascuno dei cicli formativi. Ad uno ad uno sono spariti gli esami intermedi e sono rimasti quelli finali, di maturità e di laurea, ormai irrelati all’attività dei precedenti anni; e continuano a funzionare in maniera abbastanza incerta.
 
Quello di laurea “tiene” ancora grazie alla tesi di laurea, che continua a rappresentare un momento di sintesi e di compimento dell’intero corso di studi, solitamente molto amato sia dagli studenti sia dai docenti; quello di maturità, invece, fa acqua da tutte le parti (al punto che il Ministro si appresta ad intervenire).
Orbene, sull’argomento è utile richiamare il sistema anglosassone, quanto meno per la sua persistenza invariato nel tempo senza alcun accenno di insofferenza da parte dei suoi attori, studenti e docenti.

 
I titoli di studio, in questo caso, non hanno alcun valore legale, ma un concreto valore economico: per ognuno di essi gli esperti del settore valutano quanto il suo possessore guadagnerà in più durante la sua vita professionale.
 
Gli esami, invece, sono annuali: gli studenti si abituano così a rendere conto dell’impegno profuso negli studi anno per anno. Ovviamente nessuno di questi esami annuali ha le esasperazioni insite negli esami, diciamo così, “di ciclo” della riforma Gentile: la notte prima degli esami non avrebbe potuto essere oggetto di un film in un Paese anglosassone.
 
* * *
Altri due punti del sistema scolastico disegnato dal Ministro Germini appaiono ancora necessitare di ulteriori sistemazioni, e precisamente:
1. L’informatizzazione dell’apprendimento;
2. La formazione civica degli studenti.
 
Sul primo punto, dopo tanti anni di applicazione informatiche, credo che ormai sia giunto il momento di realizzare che l’informatica è assimilabile alla logica, nel senso che anche essa non è un sapere. Come la logica costituisce la forma che ogni sapere deve assumere per potere rivestire significato e valore, in una parola per assurgere a dignità scientifica (vedi Logica e filosofia della natura nel Medioevo di Franco Alessio), così l’informatica è un nuovo modo di organizzare e di comunicare il sapere.
 
Insomma, si può studiare non utilizzando l’informatica, come hanno fatto le passate generazioni, oppure si può studiare utilizzando l’informatica; e lo stesso vale per l’attività bancaria, per l’attività commerciale, per fare giornalismo, etc.; in ogni caso lo si farà in modo diverso.
 
Da questo punto di vista la rivoluzione informatica sarà completata nelle scuole quando saranno chiusi tutti i laboratori informatici; nel senso che ogni studente assisterà alle lezioni con il suo computer aperto sul banco.
 
Sul secondo punto è di solare evidenza la difficoltà con cui il cittadino del nostro Paese riesce a partecipare a quella vita collettiva fatta di diritti e di doveri, nata dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese.
 
Qualcuno disse che, dopo aver fatto l’Italia, occorreva “fare gli italiani”, con ciò dando per scontato che ancora non esistevano; qualche altro disse che non era facile o difficile governare gli italiani, era inutile, con ciò cancellandoli dall’elenco dei popoli illuminati; tutte asserzioni con un fondo di verità, che portano ad un’unica esigenza, quella di formare nella scuola i cittadini di domani. Tutti i cittadini, anche quelli che non hanno frequentato il liceo. Su questo punto i provvedimenti del Governo, sia quello per l’istruzione tecnica sia quello per i licei, appaio del tutto incompleti. E questo non è un aspetto secondario.
 
Dunque oggi registriamo un grosso passo avanti nel mondo dell’istruzione, ma resta ancora tanto da fare.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.14) 29 giugno 2009 11:24
    Damiano Mazzotti

    L’autonomia scolastica permetteva e permette di adattarsi alle esigenze del territorio italiano che sono diverse dal Trentino alla Sicilia... vedremo i risultati della burocrazia di carta... ricordiamoci che senza soldi non si va da nessuna parte... vedremo cosa accadrà l’anno prossimo..

  • Di viviana ettorre (---.---.---.236) 29 giugno 2009 15:47

    Quale sarebbe il grande passo?
    La riduzione e la conseguente eliminazione dello studio della lingua e letteratura latina nei licei.

    • Di donatella (---.---.---.37) 30 giugno 2009 11:05

      Sono un’insegnante di scienze che ha frequentato il liceo classico e poi scienze biologiche;sono grata al classico per la formazione culturale ricevuta.Lo premetto per sgombrare il campo da malintesi.
      In un liceo scientifico,però, il peso preponderante lo devono avere le materie scientifiche.
      Noi insegnanti di scienze dovremo aspettare il 2010 per vedere riconosciuta l’importanza della materia che insegniamo scontrandoci da decenni con l’esiguità di un monte orario ridicolo ed anacronistico.
      A mio avviso le ore di latino sono ancora eccessive per una scuola che si fregia di essere un liceo scientifico!
      Noi italiani,purtroppo,pecchiamo sempre di indecisione e non sappiamo stare al passo con il mercato del lavoro che richiede piu’ ingegneri e meno laureati in materie umanistiche che producono solo quarantenni insoddisfatti ,astiosi contro un sistema culturale che li ha illusi che il solo studio ossessivo della letteratura greca,latina avrebbe riempito il loro piatto di minestra. Non è piu cosi !

  • Di Federico Pignalberi (---.---.---.118) 29 giugno 2009 23:45

    Quello che, con molta ironia, chiami <<grande passo>> o <<riforma dei licei>> (e che riguarda tutte le scuole superiori) non è altro che il regolamento attuativo dei tagli alla scuola disposti dalla finanziaria.

    Il "riordino" degli indirizzi di studio, che finalmente li razionalizza e li porta ad un numero umano, è finalizzato a tagliare quante più cattedre e ore di lezione possibili (fino ad 8 alla setimana in certi istituti professionali). Il testo del provvedimento (che esiste) dice, senza mezze parole, che la "riforma" serve <<a una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico>>.

    I "nuovi licei" non esistono. Sono varianti dei licei tradizionali che esistono da anni sottoforma di sperimentazioni, il cui programma didattico (che supera le mille pagine) non è conosciuto nemmeno dagli insegnanti e non si trova nelle scuole o sul sito del ministero, ma solo su siti semiclandestini. Gli insegnanti non possono conoscerlo e le sperimentazioni (molte dele quali non verranno eliminate, ma solo chiamate in un altro modo) sono quasi come i licei tradizionali. Dov’è la novità?

    Vogliamo vedere, poi, come verrà attuata la rifoma? Per risparmiare il prima possibile la riforma verrà attuata al più presto. I ragazzi che a settembre inizieranno col sistema scolastico attuale si troveranno dall’anno successivo a passare ai nuovi indirizzi, cambiando piano di studi.

    L’informatizzazione dell’apprendimento, poi, è la parte che fa più ridere. Hai scritto <<l’informatica è un nuovo modo di organizzare il sapere>>. Dipende. In primo luogo dal fatto che un computer funzioni. Poi dalle capacità degli insegnanti (come pretendi che un quasi-sessantenne possa, senza nessun corso, informatizzare di colpo il suo metodo di insegnamento?). Poi dal software, che spesso è preistorico (vedi Office 97) e non viene aggiornato non perché la scuola non disponga delle licenze (molte scuole pagano salati abbonamenti annuali a Microsoft), ma perché non esistono corsi d’aggionamento che permettano ai professori di imparare ad usarli.

    I laboratori informatici esistono, e qualche volta funzionano addirttura. Ma i laboratori non sono aule. Ce ne sono appena una manciata per scuola (nei casi migliori). Nessuna classe può pensare di trasferirsi in un laboratorio, perché in una scuola il laboratorio che funziona è sempre occupato. Le classi sono tante. E poi i computer (se funzionano) sono sufficienti per una classe di una trantina di persone. La finanziaria triennale prevede di aumentare il numero degli studenti per classe. E allora la scuola dovrebbe ascquistare nuovi computer. Ma i computer non si vendono a debito. Dobbiamo restituire alle scuole gli ultimi spiccioli di cui sono state depredate. E farlo in fretta.

    Eccolo il testo del decreto che non esiste: http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=88627&idCat=82

    La prossima volta limitati a scrivere quello che conosci. Con un po’ di fortuna, vedrai, riuscirai a dare informazioni attendibili.

  • Di una mamma (---.---.---.103) 2 ottobre 2009 19:22

    Non capisco perchè il latino debba essere tanto demonizzato da tutti ,eppure è innegabile che ci si sa eprimere, oralmente e per iscritto ,sempre meno..
    Penso che ogni professionista sia considerato tale non solo per le sue competenze specifiche ma anche per la sua dote culturale e dialettica. La scuola non deve formare automi senza identita’ ma italiani capaci di esprimere il proprio talento senza esitazioni ed orrori grammaticali . . Chidetevi perchè chi ha piu’ dimestichezza con le parole è piu convincente e spesso ha la meglio sugli altri ,anche a parità di doti scientifiche e matematiche.

    • Di Bernardo Aiello (---.---.---.78) 5 ottobre 2009 09:07

      Rispondo alla "mamma" preoccupata per il latino.
      Sono stato anch’io studente della scuola media inferiore prima della riforma che ridusse drasticamente lo studio del latino e ricordo esattamente le scolaresche assenti e distratte, disinteressate e con la mente che vagava altrove.
      Quanto al problema della formazione di cittadini/retori, esso veniva affrontato nell’antica Grecia dai sofisti ; io, personalmente, sono dalla parte di Socrate, quello che cercava l’uomo ; di Platone, quello di "Politeia" ; di Aristotele.
      Cordialità
      Bernardo Aiello

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