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La riforma Gelmini: ancora i soliti “pannicelli caldi”

Talora i Ministri dell’attuale Governo adottano i loro provvedimenti in base ad una visione di progetti condivisi e condivisibili; a volte si muovono invece navigando a vista e quasi timorosi. Per capire se ci si trova nel primo o nel secondo caso è sufficiente adottare il principio evangelico che dice che l’albero buono è quello che da i frutti buoni e l’albero cattivo il contrario. Se le loro iniziative sono tali da incidere positivamente nel tessuto sociale del Paese, allora siamo nel primo caso; se questo non è, siamo nel secondo. A parere del vostro cronista, un esempio del primo caso è la normativa contro lo Stalking varata dal Ministro Carfagna; un esempio del secondo è la riforma Gelmini dell’Università.

Paradossalmente le critiche del movimento di piazza degli studenti è ben lontano dall’aver accertato le discrasie della riforma e ciò è un dato incontrovertibile: in nessuna delle roboanti e retoriche iniziative del mondo studentesco si è pervenuti ad una sua puntuale critica; al punto che solamente venerdì, con la pubblicazione del testo da parte di Agoravox, il vostro cronista è riuscito a farsene un’idea. E’, invece, proprio questo che il vostro cronista vorrebbe fare: analizzare criticamente la riforma Gelmini. E vorrebbe farlo a partire da un confronto con la Nazione maggiormente controllata dalla tetra e cupa ideologia calvinista (la Nazione in questione è costituita dagli Stati Uniti d’America).

Negli Stati Uniti il giovane che vuole curare la propria formazione superiore fa domanda per essere iscritto in un College; se è ammesso, frequenta il College, ne paga le rette (lui o meglio la sua famiglia) e, alla fine del percorso educativo, ne esce graduate. Grazie al titolo egli avrà, durante tutta la sua vita professionale, un certo guadagno supplementare; per fare un esempio concreto, potrebbe guadagnare così ulteriori 250.000 dollari. Da questa cifra deriva l’importo delle rette; ad esempio 25.000 dollari. Se non ha le risorse economiche per pagare le rette ed è particolarmente bravo (non solo nella sua disciplina, ma anche nelle competizioni cui partecipano le squadre del College) orbene in tal caso è ammesso a seguire i corsi senza pagare. Questa generosità è una falsa generosità: il College, grazie a quelli come lui, riesce ad avere risultati più brillanti dai suoi ex allievi e ad aumentare il valore dei suoi titoli accademici. Come si misura questo valore? Empiricamente, allo stesso modo con cui sono valutati nel nostro Paese gli ascolti degli spettacoli della televisione commerciale per determinare il costo degli spot pubblicitari.

Può accadere che un ragazzo e la sua famiglia non siano contenti del modo con cui il College è gestito e della formazione che riesce a dare. In tal caso si applicano le due opzioni di Hirschman, la "voice" e la "exit". Nel primo caso si protesta con la dirigenza perchè cambi la gestione, nel secondo caso si cambia College. L'ipotesi che gli studenti e le loro famiglie possano direttamente partecipare alla gestione del College solleverebbe una irrefrenabile ilarità ; ed ancor più l'ipotesi che lo faccia un perfetto estraneo (cosa ampiamente prevista e dettagliatamente codificata dalla riforma Gelmini).

Orbene, questo sistema meritocratico riesce ad attrarre tanti giovani di talento non americani. Sarebbe incongruente se questi giovani particolarmente brillanti negli studi, non lo fossero poi nello scegliere la migliore via per la propria formazione. Lo stesso vale per chi sceglie come mestiere l'insegnamento e la ricerca.

Orbene, cosa c’entra tutto questo con la riforma Germini? Nulla. Appunto per questo si tratta di “pannicelli caldi” e non di misure atte ad incidere profondamente sulla nostra società.

Provate per gioco ad anteporre al testo della riforma Gelmini l’articolo unico “E’ abolito ogni valore legale dei titoli rilasciati dalle Scuole Medie di Primo e di Secondo Grado, nonché dalle Università”. Pensate che molti articoli del testo resterebbero ancora in piedi? Certamente no. Ma si avrebbe, così, una vera e propria riforma dell’Università e non “pannicelli caldi”. Stando,invece, così le cose gli studenti dovranno fare come i loro predecessori : formarsi dopo gli studi facendo forza su una delle più italiche delle attitudini, quella di arrangiarsi nella vita.

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