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La prima narrativa fantastica in Italia

Il problema di partenza per chiunque voglia considerare l'evoluzione della letteratura fantasy in Italia è costituito dalla scarsa ricettività di cui ha sempre goduto al di sotto delle Alpi. A ben vedere, è un problema di critica e, poi, di lettori. La critica letteraria per prima si è quasi sempre opposta a considerare il fantastico alla stregua del cosiddetto mainstream, più o meno realistico, arrivando a formulare un vero e proprio ostracismo di questo genere di letteratura perfino dai nostri programmi scolastici. Ricordo ancora come, quando si studiava la letteratura italiana, ci fossero veri e propri momenti di liberazione dell'immaginazione in corrispondenza di Dante, Tasso, Ariosto e Foscolo, talvolta anche Pascoli e un poco di crepuscolarismo. Ma nient'altro. Per il resto, solo il grigio torpore di una narrativa eccessivamente realistica.

E pur essendo difficile parlare anche ai nostri giorni di una cultura generale della popolazione italiana (andata demolendosi sotto i colpi sempre più forti della internazionalizzazione del nostro livello scolastico, per cui ci si deve adeguare alle tipologie e dinamiche dei paesi occidentali, che però in quest'ambito sono decisamente al di sotto di quel livello che l'Italia poteva vantare fino a qualche tempo fa), essa è stata comunque influenzata e condotta dalla critica letteraria, che è riuscita a convincere perfino i lettori che leggere fantastico fosse per... bambini.

Da dove nasce una simile convinzione? Forse dall'enorme influenza dell'estetica di Benedetto Croce, che contribuì a erigere un muro tra la letteratura "alta" e quella "di genere" per buona parte del Novecento. Egli pensava che la letteratura per l’infanzia (alla quale venne in seguito associata la narrativa fantastica tout court) si esprimesse tramite un linguaggio privo di quella dignità letteraria che solo il linguaggio estetico degli adulti avrebbe posseduto, precisando – inoltre – che l’anima italiana tendesse naturalmente al definito e all’armonico e che perciò le storie di fantasmi non fossero adatte alla tempra italica. Una considerazione che oggi appare del tutto peregrina e fuori luogo, ma che all'epoca godeva già di precedenti illustri.

Leopardi affermava che nessun popolo crede meno agli spiriti degli Italiani e anche Manzoni lasciava i fantasmi agli scrittori nordici, facendo prevalere nel suo romanzo una forma di realismo moderato, frutto di amore per il vero o almeno per il verisimile. Possiamo dire insomma che il nostro Romanticismo (periodo che altrove ha portato ai grandi scrittori classici del gotico mondiale) ha avuto una componente più illuminista che romantica, rifiutando una letteratura dominata dal mistero e dalla paura. Qualche esempio di letteratura ispirata da Poe l'abbiamo conosciuto grazie al movimento della Scapigliatura, tuttavia, il gusto degli adulti italiani ha per lungo tempo rifiutato la letteratura d'evasione fantastica.

A dispetto di quella che è stata la considerazione verso la nostra narrativa fantastica nell'arco del Novecento, però, nella nostra letteratura si possono annoverare veri pezzi da novanta, nomi di grandezza esemplare, esattamente come avvenuto nella letteratura fantastica anglosassone, pur se meno conosciuti. A parte l'eterno Collodi, il riscoperto (ma solo in Italia) Emilio Salgari e il contraddittorio Italo Calvino, si possono nominare molti altri autori per avere la netta sensazione che una buona parte della nostra letteratura novecentesca sia stata a lungo misconosciuta e sottostimata. Cominciamo dall'inizio.

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Una delle prime edizioni delle Avventure di Pinocchio

Carlo Lorenzini, alias Collodi, partecipò alle prime due Guerre per l’Indipendenza e fece l’Italia non solo da un punto di vista storico ma anche letterario, partecipando alla redazione del 'Novo vocabolario della lingua italiana' secondo l'uso di Firenze nel 1868. Nel 1875 ricevette dall'editore Felice Paggi l'incarico di tradurre le fiabe francesi più famose. Tradusse così Charles Perrault (le cui fiabe, in realtà, nient’altro sono se non la riproposizione alla Corte di Francia del Cunto de li Cunti di G. Basile, redatto a Napoli), Mme d'Aulroy, Marie Jeanne De Beaumont. Effettuò anche l'adattamento dei testi integrandovi una morale; il tutto uscì l'anno successivo sotto il titolo di Racconti delle fate.

Nel 1883 pubblicò Le avventure di Pinocchio, storia di un burattino, che voi tutti conoscete e che non ha bisogno di presentazioni, né qui né in alcun altra parte del mondo intero. Pare si tratti della fiaba più diffusa e rimaneggiata a livello globale.

Emilio Salgari, nato a Verona nel 1862, fu un autore straordinariamente prolifico. È ricordato soprattutto per il ciclo dei pirati della Malesia. Scrisse anche diverse storie fantastiche ed è considerato uno dei precursori della fantascienza in Italia (a tal proposito si legga lo strabiliante Le meraviglie del Duemila). Dalle sue opere sono stati tratti una cinquantina di film.

Con più di ottanta opere (ma oltre 200 considerando anche i racconti) distinte in vari cicli avventurosi, inventò personaggi di grande successo come Sandokan, Yanez de Gomera e il Corsaro Nero. Tali personaggi risultano inseriti in un accurato contesto storico. Gli studi condotti dalla storica olandese Gerlich hanno ricostruito le fonti storiche e geografiche utilizzate dal grande scrittore nelle biblioteche di Verona. La sua caratteristica più famosa, infatti, fu che scrisse romanzi ambientati in mondi esotici senza mai muoversi di casa.

Dino Buzzati (1906-1972) si è avvicinato al mistero dell'esistenza a tutto tondo, consegnandoci opere capaci di parlare a lettori di ogni epoca. Per questo motivo viene riscoperto sempre più e le sue storie sono in grado di farci toccare con mano il fondo nostalgico, struggente e spesso inquietante della nostra vita mascherata di normalità. Barnabo delle montagne (1933) e il Segreto del Bosco Vecchio (1935) sono due opere in cui il tema del fantastico si sviluppa attraverso tutta la trama della narrazione, intrecciandosi alla vita della natura, che appare personaggio a sè e spesso più importante degli stessi protagonisti umani.

Nel 1942 esce la raccolta di racconti I sette messaggeri, avvincenti, fantastici, surreali a volte, meravigliosi ma poco apprezzati dalla critica, come d'altronde ancora oggi è poco apprezzata e conosciuta l’opera di Dino Buzzati. Da segnalare nel 1962 un romanzo di fantascienza, Il Grande Ritratto, forse il primo e bello romanzo di fantascienza italiana contemporanea, con una trama così avvincente e ricca di colpi di scena che ben si presterebbe come sceneggiatura di un film, ma che – purtroppo – non ottenne grande successo.

Da non dimenticare che nel 1932 un grande scrittore altoatesino, Karl Felix Wolff, raccolse e trascrisse le molte leggende delle Dolomiti, attingendo vuoi alle fonti cosiddette “orali”, vuoi ai testi presenti nella biblioteca vescovile di Bressanone, ricostruendone un ciclo ai più ancora sconosciuto, detto del Regno dei Fanes, o dei Monti Pallidi. Queste storie possono dirsi tipicamente italiane per l’ambientazione e anche, in alcuni casi, in qualche modo inquadrabili in una realtà storica italiana che si rifà perfino a miti totemici di memoria preistorica.

Nel 1983 Italo Calvino curò un’antologia, in due volumi, di racconti fantastici dell’Ottocento, ma escluse gli autori italiani dicendo che non voleva farli figurare soltanto per obbligo di presenza. L'autore mostrò un comportamento contraddittorio nei confronti della narrativa fantastica, alla quale pur si dedicò con opere personali, quali Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente, Le cosmicomiche, finendo per preferire un interesse narrativo di tipo combinatorio, che ridusse la storia raccontata a un puro gioco logico posto alla base della struttura.

Pochi anni dopo la pubblicazione di Calvino, Ghidetti e Lattarulo raccolsero, nei due volumi di Notturno italiano, racconti fantastici italiani dell’Ottocento e del Novecento e D’Arcangelo e Gianfranceschi curarono una Enciclopedia fantastica italiana, in cui troviamo la presenza di tutti o quasi tutti i nostri narratori di quel periodo, a dimostrazione che la narrazione fantastica è sempre stata presente, ma spesso considerata secondaria dagli stessi autori che talvolta la praticavano: Giovanni Verga, Luigi Capuana, Antonio Fogazzaro, Matilde Serao, Federico De Roberto, Italo Svevo, Guido Gozzano, Giovanni Papini, Massimo Bontempelli, Luigi Pirandello, Alberto Savinio, Dino Buzzati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Giorgio Vigolo, Tommaso Landolfi, Alberto Moravia, Mario Soldati e altri.

Un articolo a parte dovrebbe essere dedicato a Massimo Bontempelli, autentico anticipatore del filone fantasy successivo perfino in molti suoi rivoli, e vittima di un grande apartheid ideologico. Ma di questo conviene parlare in un prossimo articolo. 

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.66) 25 maggio 2012 11:23

    oltre la lunghezza, il grosso difetto di quest’articolo è la non contestualizzazione.

    Un racconto di fiabe è cosa molto diversa in una famiglia riunita sotto il caminetto invece che davanti ad un televisore.

    Oggi la gente è bombardata da fantasy e da reality che bisognerebbe invece chiamare falsity.
    La gente non conosce la realtà e si convince che le ripetute, ossessive fiction siano loro la realtà.

    Propinarne una in più ormai è un delitto, ma non c’è problema: basta chiamare i bravissimi poliziotti delle tante fictions che loro risolvono tutti i problemi...

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