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La prima legge della nostra Repubblica per Gorizia: La zona franca

Su iniziativa governativa trasmessa al parlamento il 15 ottobre del 1948, rapidamente verrà approvata la legge, come pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 1948 che istituisce la zona franca nella zona di Gorizia.

Su 2790 chilometri quadrati a Gorizia ne rimanevano solo 240, su 42 comuni che componevano la originaria provincia ne rimanevano solo 9, per ragioni morali economiche e politiche si proponeva dunque la necessità di porre un rimedio agli effetti devastanti del Trattato di Pace del '47 ed a quella “muraglia” che divideva e dividerà Gorizia in due per tutta la seconda metà del '900.

Ed allora si è disposto che il territorio della provincia di Gorizia, compreso tra il confine politico ed i fiumi Vipacco ed Isonzo, e l'area recintata del Cotonificio Triestino, posta sulla sponda destra dell'Isonzo, sono considerati, fino al 31 dicembre 1957, fuori della linea doganale e costituiti in zona franca.

Provvedimento che ha subito diverse modifiche dal 1957 sino al 2007, per esempio l'articolo 2, come in vigore dal 2008, afferma che oggi in deroga alle disposizioni di cui al precedente punto, è consentita la immissione nel territorio della zona franca, per il fabbisogno locale, in esenzione dal diritto di licenza e dalle imposte di fabbricazione ed erariali di consumo, dei generi alimentari di prima necessita', nonche' delle materie prime destinate ad essere lavorate nella zona franca medesima, e dei sotto-indicati prodotti entro i limiti di contingenti annui che saranno fissati con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio dei Ministri, su proposta, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per il tesoro ed ad interim per il bilancio, per l'industria e il commercio, per il commercio con l'estero: 1) zucchero; 2) caffe' e surrogati di caffe'; 3) cacao; 4) spiriti; 5) birra; 6) oli di semi alimentari; 7) ((...)) lubrificanti; 8) filati e tessuti di cotone, lana, raion e fiocco.

Marco Barone 

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