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La palude padana, il linguaggio ampolloso e il Premier zavorra

Umberto Bossi, ormai definitivamente impaludato, primo commensale del sontuoso banchetto romano (o Franza o Spagna, purché se magna), in piena e perfetta sintonia con tutte le decisioni di ciò che ormai si è ridotto ad essere un governicchio pericolante (puntellato a tutti i costi) e sarto degli abiti cuciti “su misura”, tenta oggi un’incredibile manovra doppiogiochista.

Non ci faremo trascinare a fondo”, dice, forse inconsapevole d’averlo già toccato, a causa dell’indefesso sostegno ai privatissimi interessi dell’azionista unico della destra eversiva (rispetto alla vigente Costituzione).

Col capo cosparso di cenere e col cappello in mano, i proconsoli leghisti, diventati stanziali a Roma, tentano ora di riconquistare la benevolenza del “loro” popolo, che ha subito l’onta del tradimento di molte istanze barattate e divenute lettera morta.

L’antinomia “di lotta e di governo” emerge in maniera eclatante, all’indomani di questo primo turno elettorale.

L’amara attuale realtà rivela quant’è difficile l’equilibrismo di giocare su due tavoli. Soprattutto nel momento in cui domina incontrastata la predilezione per il commensalismo familistico, la smania per il ministerialismo (magari decentrato per poter meglio spartire il bottino romano) e la puntuale compartecipazione alle scelte ritenute indigeste e impopolari da una parte (forse quella sana, genuina ed egualitaria) della base leghista.

Emergono, adesso, la necessità e l’urgenza di smarcarsi dal Premier. Impresa assai ardua. Vizio insanabile di chi, vista la mala parata, cerca di liberarsi della zavorra per rimanere a galla.

Per fuoriuscire dalle acque limacciose nelle quali, i vertici insensibili alla base, si sono immersi, si ricorre alla sin qui infallibile nenia incantatrice, si fa leva sul sempreverde sentimento della paura del nemico esterno, si dissotterra l’ascia di guerra della Lega di lotta.

E’ chiaro, però, che non si può contestualmente vivere al governo e all’opposizione di sé stessi.

Ecco perché, oggi, appare incredibile e stridente la metafora del Premier zavorra, adottata da chi ha sin qui svolto il ruolo di cintura di salvataggio.

E’ altrettanto chiaro che non si può dissimulare la realtà. Non ci si può fingere estranei al sodalizio di cui si è stati membri. Si tratti del governo “centrale” o di quello di Milano.

La verità è una soltanto: la lega di governo ha fagocitato e metabolizzato quella di lotta.

Riusciranno a fuoriuscire da questa grana padana?

E, ancora una volta, gabbare la buonafede di chi credeva fossero distinti, distanti, diversi e, con rabbia e tristezza, ha dovuto registrare una loro perfetta aderenza ad un sistema capace di renderli uguali e forse peggiori degli originali?

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