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 Home page > Tempo Libero > Recensioni > La ’ndrangheta in Lombardia: la penetrazione mafiosa al Nord

La ’ndrangheta in Lombardia: la penetrazione mafiosa al Nord

 Le fondamenta della città di Giuseppe Gennari.

Può capitare, in Lombardia, che l'azienda che ti sta consegnando un pacco a casa tua, sia nelle mani della 'ndrangheta. Oppure che sia la società che sta effettuando dei lavori pubblici nel tuo comune, che è legata alla 'ndrangheta. Oppure i buttafuori del locale in cui sei andato a divertirti. O il bar dove vai a mangiare in pausa pranzo. O il chioschetto davanti lo stadio. Anche loro potrebbero essere dipendenti della 'ndrangheta Spa. Una delle più floride e potenti società di servizi che opera qui al nord.

 Il saggio del giudice per le indagini preliminari Giuseppe Gennari è un lungo racconto di questa società criminale di servizi: come ha fatto ad entrare nel nostro territorio, quali i servizi che offre e perché questi servizi sono così graditi al contesto imprenditoriale lumbard.

Gennari ha attinto dalla sua esperienza professionale per raccontare di inchieste (Parco sud, Crimine, Metallica...), di personaggi dell'onorata società e di imprenditori rimasti contagiati da questo virus.
È proprio questa esperienza sul campo che ha permesso all'autore di spiegare cosa non funziona nel nostro sistema giudiziario, che oggi deve sempre di più inseguire questa nuova criminalità che non indossa più coppola e lupara e dove invece il mafioso si presenta come un manager capace di muovere capitali, offrire servizi, creare consenso (coi posti di lavoro).

Basta con omicidi, con lo spaccio della droga, il racket, i delitti in pieno giorno per regolare conti: questa nuova criminalità si occupa di movimentazione terra, gestione dei rifiuti, di costruzioni coi grandi appalti pubblici (la «corrente del golfo» economica, dice l'autore), di riscossione dei crediti, nel settore dei trasporti. E ovviamente lo fa in modo criminale, non rispettando le regole di uno stato democratico. Scrive il giudice: "Il metodo mafioso si compone, ce lo dice sempre la legge, di tre elementi fondamentali: la forza di intimidazione, l'assoggettamento e l'omertà".

Spesso, racconta l'autore, non c'è nemmeno bisogno per il boss di fare delle esplicite minacce, per imporre un determinato appalto, per far sì che in una determinata zona lavorino certe società e non altre. Che un certo debito sia pagato. Perché si sa chi si trova di fronte: ricorda l'autore che nessuna delle vittime della 'ndrangheta, nel settore dell'edilizia (padroncini che si sono trovati camion incendiati, attentati sui loro cantieri) ha mai denunciato qualcosa prima che la magistratura stessa intervenisse.

L'omertà e la paura non sono solo vizi del sud del nostro paese: "Superato un certo punto, adeguarsi alle regole mafiose diviene un costume di vita, un'abitudine che non ha bisogno di essere messa continuamente in discussione". La 'ndrangheta si è inserita nel nostro tessuto come un virus, continua l'autore: ma il nostro organismo non si è dimostrato un organismo sano, capace di creare anticorpi a contrasto della penetrazione mafiosa.

L'autore usa la metafora del contagio del virus: "Il contagio si ha quando un virus maligno intacca un corpo sano. Al Nord il corpo sano non c'era e non c'é. E il virus ha intaccato un ambiente che ha spesso fatto coincidere i propri interessi con i servizi offerti dalla 'ndrangheta. Corruzione e 'ndrangheta. Reati economici e 'ndrangheta. Reati ambientali e 'ndrangheta".

Parlare ancora di pericolo infiltrazione, scaricare le colpe sulla pratica del confino che ha spiedito qui i mafiosi dal sud, dire come fanno molti, che la mafia viene nelle regioni del nord solo per riciclare è semplicemente falsoLa ndrangheta ha trovato in questa regione imprenditori molto felici di non doversi preoccupare di dove finivano i loro soldi.

Imprenditori che anziché rivolgersi alla giustizia civile per risolvere una questione creditizia, preferivano bussare alla porta di don Pepè Onorato e la sua squadra al bar Ebony. La 'ndrangheta Spa evita problemi con le maestranze, coi sindacati: le società che si rivolgono ai suoi servizi spesso riescono a spuntare prezzi concorrenziali, perché magari non si pagano tutti i contributi.

Gennari non punta il dito solo contro il sistema imprenditoriale: ad aver contribuito alla crescita di questa mafia hanno contribuito quei professionisti senza troppi scrupoli di coscienza. Commercialisti che si preoccupano di nascondere i capitali delle famiglie nei paesi offshore o in società intestate a prestanome. Avvocati senza troppi problemi etici e di coscienza. Funzionari di banca che, se da un parte lesinano i prestiti ad aziende e privati, dall'altra concedono mutui impegnativi alle famiglie dei don. Che poi, è un nuon metodo per impedire le confische dei beni (si chiama loan backing): "È una delle più classiche tecniche di autoriciclaggio e si chiama loan back. Chi ha guadagni illeciti da investire, si indebita con una banca. Così il denaro che puzza viene usato per ripagare le rate di mutuo".


La vicenda della Perego costruzioni

Ivano Perego è stato arrestato nell'estate del 2010, nell'ambito dell'inchiesta "Crimine": il caso Perego è emblematico di quello che è successo nel settore dell'edilizia, dove ci sono tanti imprenditori stanchi della burocrazia che hanno deciso di creare sinergie e convivere con l'amico calabrese.

La 'ndrangheta, con la famiglia Strangio, era entrata nel capitale dell'impresa, che prendeva appalti pubblici in regione Lombardia. Solo la facciata dell'azienda era in mano alla famiglia brianzola. Per la prima volta, "la 'ndrangheta si trova anche dall'altra parte del tavolo. Dalla parte di chi si aggiudica gli appalti, privati e pubblici, e poi smista il lavoro a cascata" (ad altre aziende di famiglie ndranghetiste).

Il virus non entra solo nel capitale (per garantire a Ivano Perego la bella vita): i cantieri sono frequentati da personaggi come Antonino Belnome, il killer di compare Nunzio Novella (lo scissionista ucciso nel 2008), da Pasquale Varca, capo del «locale» di Erba.

Altro personaggio della storia è Andrea Pavone: "Abilissimo creatore delle più strambe ingegnerie societarie e di funamboliche scalate", che Strangio ha messo, di fatto, al vertice di Pgc. La società nata nel 2008 e che rischia di scalare un altra potente società del settore, la Cosbau.

In questa brutta storia si mescola tutto: mafie, imprenditori senza problemi di coscienza, scatole finanziarie. Ma serve anche una persona per curare i rapporti con la politica e le lobby: "chi meglio di Antonio Oliverio, ex assessore della bistrattata giunta provinciale milanese presieduta da Penati".
Problemi dal punto di vista giudiziario? Nessuno. Lo spiega sempre l'autore parlando del «traffico di influenza»: "quell'attività di intermediazione che viene fatta da chi, sfruttando le sue conoscenze acquisite nel tempo, mette in relazione imprenditori privati e persone delle istituzioni per fare ottenere ai primi vantaggi". Ma non è reato, nonostante l'introduzione di una norma per punire il traffico di influenze fosse un obbligo derivante dagli obblighi della Convenzione del Consiglio d'Europa.

Sono finiti tutti in carcere. Perego e gli 'ndranghetisti.


Il patto col diavolo: il caso della TNT in Italia

Altro episodio citato nel libro, l'inchiesta che ha coinvolto i vertici di TNT Italia che aveva affidato la gestione dei trasporti (in outsourcing) ad una società della famiglia Flachi, che consegnavano i colli alle persone.

In che modo questa azienda si è aggiudicata l'appalto in esclusiva? Offrendo servizi competitivi, per il prezzo (perché le mafie si possono permettere di non pagare contributi a fine mese), e garantendo l'assenza di problemi nei confronti dei lavoratori. Zero conflittualità aziendale: è questo quello che gli olandesi, e i manager italiani chiedevano a queste persone. Pur sapendo, da un report dell'agenzia Kroll quanto fossero pericolose.

Scrive nel libro Gennari: "Tnt si trova nella scomoda veste di «vittima attiva» del metodo mafioso. La vittima attiva (come il paninaro, come l'impresa di movimento terra) è quella che comprende che dalla relazione con la mafia può anche avere dei vantaggi".

La vicenda della TNT è allarmante per due motivi: da una parte per il fatto che questa società, pur sapendo di dover operare in un «ambiente» già inquinato dalla presenza mafiosa, non si è mai rivolta alla procura della Repubblica. Dall'altra, la capacità delle organizzazioni mafiose di compiere un salto di qualità decisivo nell'offrire prestazioni credibili sul mercato.


I gemellaggi con lo Stato

Nell'ultima parte del libro si affronta il tema dei rapporti tra mafia e politica e tra mafia e Stato. I "gemellaggi" con lo stato, li chiama il pentito Antonino Belnome: quella serie di relazioni utili che una locale di 'ndrangheta riesce a costruirsi sul territorio che invischia professionisti, imprenditori, politici, pubblici amministratori, direttori di banca.



Questo è il vero capitale sociale della 'ndrangheta Spa: la rete di relazioni che la 'ndrangheta costruisce attorno a sé. Una rete che si rafforza grazie al controllo del territorio, all'omerta per paura e per convenienza, "perché chi dovrebbe vedere e capire preferisce non farlo, preferisce prendere i soldi di chi paga tanto e subito per certi servizi".

L'imprenditore amico, che propone affari immobiliari al clan Valle che hanno soldi da investire sul loro territorio a Vigevano. Le società del clan Valle, tra il 2006 e il 2007, hanno ottenuto prestiti (per prestanome), usati per investire i guadagni illeciti: si chiama loan back ed è una delle più classiche tecniche di autoriciclaggio.

Nella scalata di Pavone alla Cosbau può contare sull'alleanza di un altro noto istituto di credito, che poi subirà un'ispezione di Banca d'Italia. Mascaro, Flachi e Martino, che devono gestire l'affare Tnt, possono contare sul loro consulente di fiducia, per creare una società di comodo, "pulita". I clan calabresi che si spartiscono il servizio di sicurezza nei locali notturni milanesi danno invece lavoro ad agenti di polizia che, per arrotondare lo stipendio.

Belnome, il «padrino» di Giussano, ha raccontato ai magistrati che era a conoscenza del suo arresto già un paio di mesi prima: «Aveva degli agganci con le forze dell'ordine.» A Giussano, storico Comune padano, dal benzinaio al ristorante, al bar, alla discoteca alla moda nessuno si azzardava a presentare il «conto» a Belnome.

Ultimo caso, uscite sulle cronache dei giornali, l'arresto dell'assessore regionale Zambetti, che avrebbe acquistato, per la bellezza di duecentomila euro, un pacchetto di voti da un clan 'ndranghetista.
"calabresi non si sarebbero accontentati dei soldi e avrebbero poi cominciato a chiedere altre cose: assunzioni di favore, una corsia preferenziale per gli appalti di Expo...".


Spezzare il legame mafia politica

Il messaggio che arriva, arrivati in fondo al libro, è chiaro: finché ci saranno persone che hannno bisogno della 'ndrangheta, questa potrà continuare a prosperare

Gennari ricorda cosa è successo durante l'iter di approvazione dell'articolo 416 ter (contro il voto di scambio) nel 1992. Quando, dopo la strage di Capaci, il Parlamento voleva dare un segnale forte di lotta alla mafia: "La prima versione della legge diceva che doveva essere punito chi offriva qualsiasi «utilità»", spiega "e invece, all'ultimo momento, la parola «utilità» viene sostituita con «denaro»".
Anche il governo tecnico di Mario Monti (nonché questo governo di larghe intese), ha cercato (invano) di rivedere questo articolo nonché di normare in modo chiaro il reato di concorso esterno. Ci sono evidentemente troppi interessi, affinché questo intreccio perverso tra mafia e politica venga spezzato.

Conclude l'autore, e alla luce di quanto ha raccontato in questo libro non posso che trovarmi d'accordo:
"Fintantoché la politica continuerà a «leggere» le indagini della magistratura come un'interferenza dettata da oscuri disegni eversivi della volontà popolare, ci sarà poco da fare". 
E poi: "Chi è anche solo sfiorato dal sospetto di avere rapporti con organizzazioni mafiose, nel mio Paese ideale, non dovrebbe poter fare politica".
 

Il link per ordinare li libro su ibs.
La scheda del libro sul sito di Mondadori.

L'intervista su Famiglia Cristiana:

– Il libro sembra dire “attenzione, che la mafia ce l’avete sotto casa”. È così?

«La percezione che le mafie siano una cosa del Sud va abbandonata. Un esempio? La gestione degli spazi dove si piazzavano i chioschi dei venditori ambulanti. La ’ndrangheta ne aveva il monopolio, e gli ambulanti pagavano. Bisognava passare attraverso i boss calabresi per avere la "concessione". È una storia emblematica. Dimostra che spesso le vittime lo sono solo a metà: i venditori ambulanti subivano le imposizioni dei mafiosi, ma poi accadeva che ricorrevano al boss per far rispettare i loro “diritti” rispetto ai concorrenti. Quando la Finanza apri un chiosco “civetta” a fianco del paninaro che veniva estorto, quest’ultimo ha chiamato il padrino calabrese per far cacciare l’intruso».

– Anche il noto corriere espresso Tnt è finito nelle grinfie della criminalità.

«“Nelle grinfie” non direi. È un altro caso delle vittime a metà: un esempio abbastanza chiaro di alleanza utile fra l’imprenditore legale e questo tipo di realtà criminali. La Tnt usava una cooperativa della mafia per la distribuzione dei pacchi a Milano e provincia».

– La società ne era consapevole?

«Sì. La vicenda processuale lo ha dimostrato. La Tnt aveva problemi nell’area milanese con le sue cooperative: erano molto frammentate, conflittuali fra loro. Allora, i vertici italiani della multinazionale affidano a un consulente l’individuazione della soluzione: costui, che peraltro era un ex ufficiale dei carabinieri, porta alla Tnt una cooperativa di calabresi, dicendo che “con loro non avrete problemi”. Quando l’inchiesta giudiziaria ha portato allo scoperto la faccenda, la Tnt Olanda ha decapitato tutti i vertici italiani. Le filiali milanesi sono state ripulite dalla Procura e riconsegnate alla Tnt».

– Insomma, Milano come il Sud?

«No, è diverso. Qui al Nord la mafia ha avuto la capacità di entrare in sinergia con le attività economiche e sociali, mentre al Sud le hanno schiacciate. Il controllo del territorio nel Meridione è devastante, specie in Calabria dove la ’ndrangheta ha quasi preso il posto dello Stato. In Lombardia, invece, ha rapporti sinergici, convive, offre prestazioni che avvantaggiano. Il tutto senza i morti per la strada e la violenza, perché com’è noto la mafia calabrese preferisce il basso profilo e il silenzio».

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.25) 21 agosto 2013 17:01

    Le mafie (cosa nostra, ’ndrangheta, camorra e altre minori) penetrano nello Stato e nell’economia legale attraverso la corruzione (pubblica e privata).Questa rappresenta il terreno di incontro e di osmosi tra clan, politica, pubblica amministrazione, massonerie occulte e mondo delle professioni.
    Per risolvere il problema delle mafie occorre quindi agire su questo terreno. Ma i politici italiani (fatte alcune gloriose eccezioni), da sempre abituati ad avere le mani libere dai controlli di legalità, hanno tenacemente impedito che questo potesse avvenire.
    La responsabilità della continua riproduzione delle mafie, a dispetto di varie ondate repressive verso i clan, è pertanto del ceto politico italiano.

    A queste conclusioni sono giunto nel 2009 con la pubblicazione del saggio "Mafie, politica, pubblica amministrazione", Guida editore, Napoli.

    Il saggio si concludeva con la considerazione che compito del movimento antimafia è quello di sviluppare un movimento di massa anticorruzione che costringa il ceto politico italiano ad adottare norme anticorruzione atte non solo a reprimere efficacemente il fenomeno corruttivo, ma anche e soprattutto a prevenirlo.

    La corruzione
     - costa agli italiani 1000 euro a testa all’anno (dati della Corte dei Conti)
     - sottrae risorse al bilancio dello Stato (60 miliardi di euro all’anno)
     - altera la concorrenza, creando monopoli o oligpoli di fatto 
     - incrina profondamente il rapporto tra cittadini e Stato
     - deteriora il sistema democratico 
     - consente ai clan di penetrare nello Stato e nell’economia 
     legale.

    Nonostante la gravità della cosa, la soluzione di questo problema sembra non interessare i partiti politici (vecchi e nuovi) e lo stesso movimento antimafia.

     Ugo Di Girolamo 

  • Di paolo (---.---.---.79) 22 agosto 2013 10:54

    Ma la Lombardia non è stata ed è il cuore della " Padania " ?
    E la "Padania " non è stata ed è nelle mani della Lega e del Pdl ( o Forza Italia) ?Dove erano le ronde padane e i ciellini lombardi di formigoniana memoria ?

    I meccanismi di infiltrazione sono ben spiegati ma non altrettanto mi sembra i rapporti tra ’ndrangheta e politica . Mi sembra cioè che chi ha avuto le responsabilità politiche primarie meritava di essere meglio individuato e circostanziato, dal momento che "calabresi " erano addirittura di casa Lega , o sbaglio ?
    Insomma come mai in realtà economiche simili (se non uguali a quella lombarda) e mi riferisco per es. ad Emilia Romagna e Toscana , il fenomeno non è avvenuto o ,se è avvenuto ,lo è in parte marginale o diciamo fisiologica? Perché è esploso in queste proporzioni solo in Lombardia ?

    Ti prego di non rispondermi che la n’drangheta va dove ci sono i soldi perché non mi risulta che le regioni che ho citato , o il Veneto e il Piemonte siano realtà di sottosviluppo ,direi tutt’altro .
    Guarda la combinazione ma la Lombardia è la roccaforte del duo Berlusconi -Bossi (ora in Maroni ) .Ci vedi qualche relazione ,dal momento che stiamo parlando di massimi referenti politici che hanno avuto entrambi condanne?
    grazie -ciao

    • Di (---.---.---.119) 22 agosto 2013 21:38

      Ti rispondo io Paolo, sulla "marginalità" del fenomeno mafioso in Emilia Romagna e Toscana, sei male informato, Guardati i rapporti semestrali della DIA e capirai che sei in errore.
      Errore nel quale sei caduto solo perché vuoi usare a fini di polemica politica l’antimafia.
      Ti ricordo che l’uso a fini di polemica politica dell’accusa di mafiosità è stato uno degli aspetti più deteriori dell’antimafia vera o presunta.
       A puro titolo esmplificativo ti ricordo che l’antimafia è nata a destra ed è stata a lungo "monopolio" politico di quest’ultima, mentre la sinistra (nella sua versione liberale, repubblicana, socialista e poi comunista) ha ha lungo " civettato" con le mafie

      Il tuo affezionato dtr

      P.S. sulla "fisiologicità" preferisco non risponderti per non guastare il rapporto che ho con te, ma pensaci bene prima di fare certe affermazioni

  • Di paolo (---.---.---.79) 24 agosto 2013 17:24

    Non ti devi preoccupare di guastare i rapporti , le verità vanno sempre dette , anche quando sono spiacevoli.

    Poi che io voglia usare l’argomento antimafia per fini di polemica politica è una tua licenza gratuita , te la potevi anche risparmiare .

    L’argomento è la Lombardia -’ndrangheta , o mi sbaglio ? A prescindere dai rapporti DIA che non conosco e che probabilmente fotografano una situazione di malavita organizzata diffusa su tutto il territorio nazionale ,mi citi un amministratore pubblico od un politico toscano di spicco che sia stato incriminato per rapporti con la ’ndrangheta? A memoria non ne ricordo uno,ma se tu mi aiuti ti ringrazio .
    Come mai il fenomeno ha invece attecchito cosi’ in profondità (intendo come strutture sul territorio e penetrazione a livelli istituzionali elevati ) proprio in Lombardia ?

    Io credo (è una mia opinione) perché ha trovato un contesto politico particolarmente favorevole , tenendo presente che la ’ndrangheta è estremamente più pervasiva e pericolosa di mafia o camorra proprio nell’intreccio di rapporti con la politica ed il controllo del territorio.
    ciao



    • Di (---.---.---.64) 24 agosto 2013 23:40

      Io non ho letto il libro (ma lo farò) e dall’articolo si evince chiaramente che la questione centrale, nella sintesi finale, è la necessità di spezzare i legami tra mafie e politica. Sei tu che hai cominciato a dire che la Lombardia, gestita da PDL e Lega, si è dimostrata più permeabile alla penetrazione mafiosa di regioni amministrate dalla sinistra, Toscana e Emilia, arrivando a dire che la presenza mafiosa è in queste ultime marginale e quasi fisiologica. Quindi ne discende una superiorità della sinsitra rispetto alla destra sulla questione mafiosa.
      1 - Non esiste una quota fisiologica, tollerabile, sopportabile, di mafia. Per sua natura un caln insediato in un’area tende a controllare l’intero territorio. Si comincia dalle attività illegali, si passa alle estorsioni generalizzate e poi alle attività legali. il processo è stato più o meno lo stesso sia per le aree del Mezzogiorno originariamente esenti dal fenomeno mafioso, sia per il Nord. Che la Lombardia sia stata privilegiata dalle mafie è molto probabilmente effetto della maggiore ricchezza che ivi si produce e dalla maggiore popolazione che significa maggior uso di cocaina. No non ci sono comuni sciolti in Toscana e Emila Romagna, ma questo significa semplicemente che il processo di penetrazione è ad uno stadio inferiore. Vi sono però comuni sciolti in Liguria (una ex regione rossa). Il fenomeno mafioso non è assimilabile alla comune delinquenza organizzata, questa si marginale e fisiologica dappertutto. Il fenomeno mafioso è per sua natura onnivoro. Lo stadio finale è rappresentato dallo Stato-Mafia. In Italia la regione che è più vicina a questo stadio è la Calabria, dove una organizzazione come "La santa" riunisce in se i vertici delle varie massonerie e dei locali di ’ndrangheta. Il motivo di questa maggiore penetrazione è da legare alla minore opposizione dei calabresi al fenomeno rispetto ai siciliani. Una sorda, perenne ostilità della maggioranza dei siciliani sin dall’unità nazionale alla mafia ha sempre impedito che il fenomeno diventasse pervasivo come la ’ndrangheta e la camorra casertana (dove c’è il record percentuale di comuni sciolti).

      2- Non ti fare illusioni sul ceto politico di sinistra, è permeabile quanto quello di destra.
      In ogni caso il problema non è di area politica ma di singoli politici. Analogamente alla corruzione c’è il politico che la rifiuta e quello che non esita, il fatto poi che statisticamente ci siano più politici corrotti a destra non significa che la sinistra sia esente dal fenomeno e pertanto moralmente superiore.

      3- La questione non è destra o sinistra, ma ceto politico e mafie. Al momento non cè alcuna forza politica che abbia le idee chiare e proposte serie sul come spezzare i legami tra questi due soggetti. Il motivo è semplice, nessuno vuole realmente mettere mano alla corruzione che è il terreno di incontro tra mafie e politica e di penetrazione nello Stato.
      Negli ultimi anni alcuni giudici impegnati nella lotta alla mafia hanno maturato la convinzione che per spezzare i legami mafia-politica occorre agire sul terreno della corruzione (Nino Di Matteo, Piergiorgio Morosini e adesso quest’ultimo) e questa lotta non interessa solo la sinistra ma anche la destra (certo non quella becera e delinquenziale).

  • Di paolo (---.---.---.197) 25 agosto 2013 09:56

    Il termine fisiologico stava come indicatore di un rapporto stato -criminalità organizzata nella realtà italiana .La marginalità era legata al fenomeno ’ndranghetista (è di quello che tratta l’articolo) nelle regioni che ho citato .

    Però la tua conclusione mi conforta "questa lotta non interessa solo la sinistra ma anche la destra (certo non quella becera e delinquenziale)." Eesattamente quello che sostenevo , adesso chiediti chi sono Silvio B. ed il suo circondario e chi è Umberto B. con il suo codazzo di calabresi ai vertici della Lega. Quella destra "becera e delinquenziale " ha favorito il fenomeno ’ndranghetista .Pienamente d’accordo .
    ciao

  • Di (---.---.---.91) 25 agosto 2013 12:09

    Se penso che l’unico problema italiano per vent’anni è stato le giravolte di Berlusconi mi viene da piangere; d’altronde è comprensibile: il rischio è zero, notorieta’ molta ed infine " teniamo famiglia".

  • Di (---.---.---.120) 25 agosto 2013 15:34

    Sapete io sono del nord e mi viene da ridere quando leggo parole come "con quel codazzo di calabresi" ricordatevi che di calabresi onesti ce ne sono e molti e di pezzi di merda ve ne sono sia al sud che al nord e non sono diversi gli uni dagli altri per cui finitela di identificare i calabresi con la ndrangheta cazzo, i mammasantissima sono dei volgari pezzi di merda come tutti i criminali e da tali vanno trattati e isolati e non definirli come dei businnes men o gente capace di risolvere problemi.. tutti sono capaci di risolvere i problemi come fanno loro o lavorare slealmente in qualsiasi settore come fanno le loro imprese il difficile è farlo onestamente e in questo purtroppo la maggior parte della classe politica italiana fa schifo perché incentiva la corruzione e le prevaricazioni che questi pezzenti mettono in atto, indifferentemente che il politico sia di destra sinistra o centro brama di avere il contatto con qualche pezzo di merda "gli serve" .

    E ricordate non è impossibile azzerare le organizzazioni criminali basterebbe fare in modo che le possibilità che la legge italiana se pur incasinata offre agli investigatori e all’autorità giudiziaria venissero utilizzate appieno senza che pubblici ministeri, giudici, vertici delle forze di polizia abbiano la possibilità di sindacare sull’efficacia o meno di questa o di quell’altra norma sapete in tempi come questi in special modo i vertici delle forze di polizia e la magistratura dovrebbero più saper sfruttare "LO SBIRRO" anzichè fidarsi sempre di quello che dicono pentiti e collaboratori che al 90% delle volte è viziato da interessi privati come non è quelolo che potrebbe riferire lo sbirro infiltrato.... in questo paese ancora vi è gente che dice che è impossibile infiltrare la ndrangheta o la mafia o la camorra o qualsiasi altra cazzo di organizzazione perché dicono non siamo pronti, vi dico che lo sbirro italiano è quello che ha più inventiva e fantasia operativa al mondo e che sa meglio adattarsi a qualsiasi situazione ma purtroppo fa molto più figo per questo o quel Generale etc. dire abbiamo intercettato per anni abbiamo fatto questo o quello spendendo milioni di euro in attività di intercettazione o tecniche affermando che sono stati sequestrati beni per tot. milioni di euro che ripagano le spese avute cazzata colossale perché per come è strutturata la legge italiana solo una minima percentuale di quei beni verrà confiscata e anche dopo la confisca avrà una utilità per lo Stato Italiano atteso che la maggior parte dei beni sequestrati e confiscati rimangono a marcire e a deperire per anni e vengono resi inutilizzabili e"IL CITTADINO PAGA LE TASSE". Un esempio, le Forze di Polizia sequestrano le autovetture ne richiedono l’utilizzo all’Autorità Giudiziaria che autorizzano ma i vari responsabili di turno in qualsiasi forza di polizia invece che dire ok le mettiamo su strada che vadano fino ad esaurimento nulla le lasciano ferme per mesi, anni e poi quando queste teste di cazzo si decidono ad autorizzarne l’utilizzo bisogna fare tagliandi da prezzi stratosferici cambiare gomme perché ovalizzate dopo che la macchina è rimasta per tanto tempo ferma etc. "CHE SCHIFO"....altra cosa la certezza delle pene mi spiegate a che cazzo serve prevedere per il traffico di droga una pena da 8 a 20 anni quando in questa cazzo di Italia non si ha memoria di una pena comminata di 20 anni di carcere per traffico di droga cosa vuol dire questo ????????? che il legislatore non capisce un cazzo o che i vari giudicanti di vota in volta sono troppo magnanimi o che non sanno decidere????

     

    per ora basta saluti

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