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su La 'ndrangheta in Lombardia: la penetrazione mafiosa al Nord


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21 agosto 2013 17:01

Le mafie (cosa nostra, ’ndrangheta, camorra e altre minori) penetrano nello Stato e nell’economia legale attraverso la corruzione (pubblica e privata).Questa rappresenta il terreno di incontro e di osmosi tra clan, politica, pubblica amministrazione, massonerie occulte e mondo delle professioni.
Per risolvere il problema delle mafie occorre quindi agire su questo terreno. Ma i politici italiani (fatte alcune gloriose eccezioni), da sempre abituati ad avere le mani libere dai controlli di legalità, hanno tenacemente impedito che questo potesse avvenire.
La responsabilità della continua riproduzione delle mafie, a dispetto di varie ondate repressive verso i clan, è pertanto del ceto politico italiano.

A queste conclusioni sono giunto nel 2009 con la pubblicazione del saggio "Mafie, politica, pubblica amministrazione", Guida editore, Napoli.

Il saggio si concludeva con la considerazione che compito del movimento antimafia è quello di sviluppare un movimento di massa anticorruzione che costringa il ceto politico italiano ad adottare norme anticorruzione atte non solo a reprimere efficacemente il fenomeno corruttivo, ma anche e soprattutto a prevenirlo.

La corruzione
 - costa agli italiani 1000 euro a testa all’anno (dati della Corte dei Conti)
 - sottrae risorse al bilancio dello Stato (60 miliardi di euro all’anno)
 - altera la concorrenza, creando monopoli o oligpoli di fatto 
 - incrina profondamente il rapporto tra cittadini e Stato
 - deteriora il sistema democratico 
 - consente ai clan di penetrare nello Stato e nell’economia 
 legale.

Nonostante la gravità della cosa, la soluzione di questo problema sembra non interessare i partiti politici (vecchi e nuovi) e lo stesso movimento antimafia.

 Ugo Di Girolamo 


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