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La modernità non è libertà di licenziare

In seguito ai contenuti della lettera del Premier Berlusconi inviata a Bruxelles, come si suol dire, se ne sentono di tutti i colori.

Il termine più usato è “modernità”, tante bocche che blaterano frasi insensate che ripetono “modernità” all’infinito.

“La modernità si ottiene attraverso la flessibilità”. “Le aziende non assumono perché poi non riescono a licenziare il dipendente fannullone”. “Negli altri Paesi europei, la libertà di licenziare permette maggiori assunzioni”. Potrei continuare ancora, il filo conduttore è la menzogna, ancora una volta lo spettacolo e la chimera della fantomatica “modernità” si esplicano attraverso il semplice smantellamento del mondo del lavoro.

Di fatto si mandano al macello quarant’anni di storia, per appropriarsi della “modernità”. Ma di quale “modernità” vogliamo parlare? Ma su quale tipo di flessibilità vogliamo riflettere?

Quello che vogliono far credere non si chiama “modernità”, si chiama “regresso”, quello più aspro, perché consapevole, consapevole di colpire i più deboli per appropriarsi di quella poca ricchezza che è rimasta in questo povero Paese saccheggiato da una classe politica e imprenditoriale vecchia, incapace di metabolizzare percorsi che contengano sì la “modernità”.

Per esempio favorire la cultura, l’innovazione, l’estensione dei più elementari diritti, spaccare l’enorme divario fra ricchezza e povertà, redistribuire il reddito. Il tranello è ben escogitato, è perfettamente funzionale ai perversi obiettivi che ci porteranno in brevissimo tempo nel baratro.

Qualche anno fa, il poeta americano Bukowski si chiedeva: “Io ero in bancarotta, il Governo era in bancarotta, il mondo era in bancarotta. Ma chi cavolo li aveva, i fottuti soldi?”.

Oggi possiamo dare una risposta al quesito, ed è anche semplice perché come diceva l’economista canadese J. K. Galbraith, “lo studio del sistema monetario è alla portata di qualsiasi persona curiosa e mediamente intelligente”. Secondo l’economista infatti, la scienza economica si servirebbe dell’apparente complessità della materia per allontanare le persone dalla verità; una verità che potrebbe compromettere l’attuale status quo perché, e questa volta cito H. Ford, “se il popolo comprendesse il reale funzionamento del sistema monetario ci sarebbe una rivoluzione entro domani mattina”.

I “fottuti” soldi sono imprigionati dalla menzogna della “modernità”, quella stessa che ogni anno obbliga i cittadini inconsapevoli a pagare le tasse per saldare gli interessi su un debito che non dovrebbe neppure esistere e contemporaneamente li ingabbia nella precarizzazione più regressiva.

Capite ora perché siamo tutti in bancarotta e dove vanno a finire i “fottuti” soldi?

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