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La legge "Black list"

Il Propeller Club è un’Associazione Culturale che promuove l’incontro e le relazioni tra persone che gravitano nei trasporti marittimi, terrestri, aerei; favorisce la formazione e l’aggiornamento tecnico, culturale tra tutti gli appartenenti alle categorie economiche e professionali legate alle attività marittime e dei trasporti internazionali e nazionali.
Una volta al mese ci si riunisce per discutere di un argomento "a tema".
Stasera il discorso riguardava la nuova legge denominata, appunto, "Black list" cioè il decreto del 30 marzo 2010 concernete le "disposizioni per il contrasto alle frodi fiscali IVA internazionali e nazionali", firmato dal ministro Tremonti, convertito in legge il 22 maggio 2010 con il numero 73, e pubblicato nella G.U. n. 88 del 16/04/2010.

Alcune cose sono state portate alla ribalta:

(1) si tratta di una legge "doppione": impone alle aziende di comunicare all'Agenzia delle Entrate informazioni che all'Agenzia delle Entrate hanno già. O che, comunque, l'Agenzia delle Entrate può reperire "motu proprio" facendo il suo dovere, cioè controllando, verificando, accertando. Certo, è più facile chiedere alle aziende di fare il "doppio lavoro" ma, sicuramente, non può essere una soluzione valida.
(2) genera un costo enorme per le nostre aziende. Se pensate che, per ogni singola operazione con uno dei 73 Paesi al mondo considerati nella "black list", bisogna predisporre una specifica comunicazione da trasmettere all'Agenzia delle Entrate. Mediamente, chi lavora con l'estero ha una operazione su due che riguarda un Paese tra quelli della "black list".
(3) il mondo dei "trasporti" ha a che fare con i più grandi porti ed i più grandi aeroporti del mondo. Visto che alcuni tra i più grandi porti ed aeroporti al mondo (Taiwan, Dubai, Singapore ed Hong Kong) sono dislocati in Paesi della "black list", già potete avere un'idea dell'enormità delle operazioni che vengono quotidianamente intrattenute proprio con quei Paesi.
(4) questa legge penalizza ed ostacola la logistica e il trasporto poiché ogni operazione relativa è "corredata" da un documento doganale (bolla doganale, sia in esport che in import) che l'Agenzia delle Entrate ha già. Chiederle ancora è insulsamente inutile. Insomma, serve solo a farci del male, come se la situazione di crisi non facesse già abbastanza.
(5) chi ha fatto questa legge dimostra di non sapere come funziona il mondo del trasporto, dimostra di non fidarsi degli uomini dell'Agenzia delle Entrate (visto che non li ritiene in grado di fare i controlli, le verifiche e gli accertamenti), dimostra di non avere a cuore il destino delle aziende Italiane, penalizzandole oltremisura e rendendole, di fatto, impossibilitate a competere con le aziende estere.


(6) la massa di "documenti" che viene richiesta è destinata ad accumularsi negli uffici dell'Agenzia delle Entrate, senza che nessuno abbia mai né il tempo (né la voglia) di controllarli. Quindi oltre che dannosa per l'economia delle aziende è anche totalmente inutile.

A questo punto, cosa possiamo fare?
(A) chiedere che una tale legge venga abrogata. Ma secondo voi, un Ministro potrà mai ammettere di aver fatto una legge "dannosa"?
(B) sperare che l'Europa intervenga (visto che questa legge ce l'abbiamo solo noi). Ma trattandosi di una questione "fiscale", ogni Stato è sovrano, quindi scordiamoci l'aiuto di Bruxelles
(C) confidare in Confapi e nella Confindustria che, essendo organizzazioni certamente importanti e potenti, potranno - meglio di noi - spiegare al Ministro la gravità della situazione e "pregarlo" se non di aiutare l'economia almeno di non "metterle i bastoni fra le ruote". 
Insomma, l'unica è pregare Santa Emma e San Paolo perché ci pensino loro: "Cara Marcegaglia e caro Galassi, siamo nelle vostre mani. Amen".

Di questa stessa questione ne avevo già parlato qui: http://paolofederici.splinder.com/post/23005554/

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