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La guerra del vino tra Bruxelles e Pechino

Le esportazioni di vini europei sul mercato cinese toccano cifre importanti. Per Francia nel 2012 si parla di 612 milioni di euro, immediatamente seguita dall'Italia con 75 milioni. Ma tra la Cina e l'Ue c'è una guerra fredda in atto. 

L'antefatto.

Un inizio d'estete che sembrava infuocato sul fronte europeo. Leggendo le cronache specializzate in questi ultimi mesi si è avuta la sensazione che una seconda guerra fredda tra superpotenze economiche mondiali stesse per iniziare, ma ha prevalso il buonsenso... almeno questa è stata la giustificazione ufficiale ed ufficiosa della parte che ha deciso di scendere a compromessi.

Risalgono allo scorso mese di giugno le minacce di azioni antidumping annunciate dall'Europa contro le importazioni di pannelli fotovoltaici made in China a seguito di una doppia denuncia dei produttori europei e associazioni di categoria, tedeschi in testa, evidenziando che il costo del prodotto finito sul mercato al quale i cinesi esportano in Europa è del 90% inferiore allo stesso costo di produzione, oltre al fatto che le aziende cinesi ricevono aiuti statali da Pechino alimentando una sorta di concorrenza sleale, oltre al numero di imprese costrette a chiudere.

La ritorsione della potenza comunista non si è fatta attendere ed è arrivata puntuale il 1 luglio, vale a dire il giorno dopo la decisione dell'Europa di introdurre dazi pari al 47% sul fotovoltaico importato dalla Cina.

Quest'ultima presenta una doppia denuncia alla WTO contro le aziende europee esportatrici di vino contestando che i prezzi sono molto più bassi della concorrenza cinese e che le aziende ricevono dall'Europa aiuti economici. Si fa riferimento per la precisione ai fondi Ocm che in realtà sono rivolti alla attività promozionali all'estero e non alle esportazioni in quanto tali, aprendo contemporaneamente una propria azione antidumping. Trema il mondo del vino.

E a buon vedere dato che i numeri del vino, francesi soprattutto - ma anche italiani - sono di una certa incidenza. Basti pensare che il volume delle esportazioni francesi in questo mercato è stato di 612 milioni di euro nel 2012 seguita dall'Italia con 75 milioni. L'Italia, inoltre, segna nel primo trimestre 2013 un +10,7% e + 83,5%, udite udite, segna lo spumante italiano.

La conclusione.

Un accordo è stato tuttavia raggiunto ed è entrato in vigore, tra mille polemiche, il 6 di agosto. Un do ut des che avrebbe dovuto scongiurare le ritorsioni cinesi ed invece... dopo il danno la beffa! Mentre le aziende fotovoltaiche cinesi fanno man bassa del mercato delle energie rinnovabili in Europa, le nostre aziende del vino esportatrici devono penare ancora.

L'inchiesta cinese non si ferma! Va avanti, con la dovuta pausa estiva, e nel miniro ci sono finite diverse aziende tra cui il gruppo italiano Cevico, le francesi Castel Freres, Maison Jean Lorono, La Guyennoise, Les Grandes Chais de France e la spagnola Cherubino Valsangiacomo. Pechino si giustifica, forse avendo dimenticato di avvisare la propria diplomazia in sede di precedente accordo, sostenendo che l'inchiesta non può essere chiusa a prescindere poiché è la naturale e coerente attuazione di una sentenza di un tribunale che ha accolto il ricorso di una associazione di produttori locali.

Le aziende inquisite sono ora costrette ad inviare, entro 37 giorni, un questionario dettagliato riguardante le propria attività economica e finanziaria. Un'attività di difesa che si prospetta affatto economica per queste, e per la quali è stato già richiesto un appoggio alle autorità statali ed europee nelle quali si nutre ancora una grande fiducia.

Il governo cinese, a differenza di quanto possa ironicamente sembrare, ha però lasciato uno spiraglio aperto favorendo un tavolo di trattative fra i produttori europei sotto inchiesta e quelli cinesi che hanno presentato l'esposto. Buone speranze possono arrivare proprio dal loro senso pratico, più che diplomatico, che hanno come termine ultimo per trovare un accordo la primavera del prossimo anno. I dazi sono pertanto scongiurati fino a quella data.

Che ci sia stato un fondo di malafede dei concorrenticinesi? Che sia un modo per venire a conoscenza di informazioni su metodi e tattiche commerciali basate su anni di esperienza e cultura enoica che loro non hanno?

Fortunatamente questa guerra lampo combattuta con armi caricate a salve non ha di certo scoraggiato le aziende del mondo vinicolo europeo, che di risposta stanno preparando un piano triennale di conquista di quote del mercato cinese.

Un segno di solidarietà andrebbe invece alle imprese produttrici di impianti fotovoltaici che ne escono con un gran mal di pancia.

 

di Pia Martino

 

Foto: Marco Assini/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.92) 21 agosto 2013 16:45
    Sandro kensan

    Dall’alto della mia ignoranza declamo che si sa che l’agricoltura europeo e quindi anche quella italiana è piena zeppa di sovvenzioni statali a cominciare dal gasolio a prezzo di Stato per finire con le sovvenzioni ad ettaro di mais coltivato fino agli aiuti statali in caso di grandine, siccità ecc, ecc.

    Una montagna di soldi che va all’agricoltura italiana ma non a quella cinese. Che sia giusto o meno non discuto ma i dazi cinesi sono un modo per difendere i loro contadini.

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