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La finanza islamica

Sembrerebbe che la tempesta sia passata; almeno, le economie più virtuose (Germania, Giappone e Francia in testa) danno sintomi di ripresa, comprovati da leggeri aumenti del PIL dopo i decrementi susseguitisi da mesi. Speriamo che, al più presto, lo stesso accada per il nostro Paese, il cui PIL è ancora in impercettibile discesa.

Riacquistate la necessaria serenità e la necessaria compostezza, è possibile fare alcune riflessioni sulle particolarità della finanza islamica; e, magari, scoprire che essa non avrebbe mai dato vita allo sconquasso finanziario globale appena avvenuto.
 
La prima cosa da dire è che l’Islam considera inaccettabile ricavare denaro dal denaro e lo equipara al furto; al punto che, per secoli, per non sbagliare, il mondo islamico ha evitato sia il prestito di denaro sia la corresponsione di interessi, conformi al Corano solo se relativi a corrette attività di finanziamento. Persino la cartamoneta era sconosciuta sino a non molti decenni orsono in Arabia Saudita e tutte le transazioni avvenivano in moneta metallica alla stregua di un baratto (figuratevi spiegargli cosa è un assegno o una cambiale, invenzioni quattrocentesche dell’italico genio, quando anche i sovrani si facevano finanziare dai banchieri fiorentini).
 
Qualcosa di analogo la ritroviamo anche nella religione cristiana, ma con molta minore valenza: per i cristiani, i peccatori per questa tipologia di trasgressione devono fortemente eccedere, sino a diventare usurai, anch’essi presenti nell’Inferno dantesco.
 
Nella terza religione rivelata, quella ebraica, ben poco; al punto che, nel Medio Evo, ebreo ed usuraio finirono per essere quasi sinonimi. Abbiamo tutti letto le dichiarazioni di fuoco degli ebrei americani, che hanno perso ingenti patrimoni per averli affidati a Bernard Madoff. Ebbene, un buon mussulmano non lo avrebbe mai fatto.
 
Chi ha affidato i suoi patrimoni a Madoff si è informato solamente del tasso di interesse che gli sarebbe stato corrisposto, disinteressandosi del tutto di come sarebbe stato utilizzato il suo denaro per ricavarne un utile. Un buon mussulmano, invece, affida a qualcuno il proprio denaro solamente dopo essersi approfonditamente accertato sulle operazioni finanziarie, in cui sarà utilizzato, e ciò per non incorrere nel peccato di generare denaro dal denaro.

L’atteggiamento dei mussulmani appare il più corretto perché rispetta pienamente la dignità del lavoro dell’uomo come unico modo corretto per produrre la ricchezza; e si è tentati di pensare che quelli che si sono affidati a Madoff spinti da una cieca ingordigia hanno avuto quello che si meritavano.
 
E’ conforme a questo modo di pensare anche l’altro grande precetto dell’Islam, quello di donare ai poveri il decimo delle proprie ricchezze, che cerca di porre rimedio alle disuguaglianze economiche originarie.
 
Forse dovremmo cominciare a metter un freno alla nostra saccenza ed alla nostra arroganza, tutte occidentali, dinanzi all’Islam e ricercare in esso valori di cui noi stessi siamo carenti; anche per capire meglio come sia potuto accadere il recente sconquasso finanziario e per cercare di evitare che esso si ripeta in futuro; il tutto con buona pace di talune sconsiderate frange leghiste.

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