Cominciamo da alcuni numeri : Da una ricerca di Tecnorati, citata da CorseraEconomia, risulta che, sui 133 milioni di blog censiti dal portale, solo 7,4 milioni avevano pubblicato qualcosa negli ultimi quattro mesi; e questo fa il 5,56 %.
I blog censiti dallo stesso portale aggiornati nell’ultima settimana erano stati 1,5 milioni, pari allo 1,13 %.
- I blog quotidianamente aggiornati erano solamente 900 mila, pari allo 0,68 %.
In altre parole il gran numero di blog creati è largamente inattivo.
Anche i social network marciano proprio male. Ad esempio una ricerca su Twitter condotta dall’Università di Harvard ha appurato che è il 10 % degli utenti a generare il 90 % dei contenuti; ed una seconda ricerca realizzata dalla Nielsen ha accertato che il tasso di abbandono è del 60 % ad un mese dalla data di iscrizione, mentre sale al 90 % sul lungo periodo.
Il risultato è che, in generale, gran parte dell’utenza di comunicazione via Internet è fatta da semplici consumatori di notizie e non da produttori-consumatori.
A questo fenomeno ha risposto Rupert Murdoch con un suo team di esperti, studiando ed ideando nuove formule a pagamento di informazione giornalistica online, ossia prospettando di far pagare l’informazione su Internet a chi, e sembra siano tanti, lo accetti e lo preferisca. Si tratterebbe, insomma, di un ritorno all’informazione a pagamento, tipica dell’editoria tradizionale.
* * *
In tutto questo viene inserito, omologato alle altre forme di informazione online, anche il citizen journalism; ma la cosa non convince affatto per le considerazioni in appresso riportate.
Zygmunt Bauman, professore emerito delle Università di Leeds e di Varsavia, in ordine all’odierna sistematica distruzione degli spazi pubblici destinati alla comunicazione interna di una collettività, dovuta al processo di globalizzazione, scrive del “rapido restringersi, per dimensioni e numero, degli spazi urbani in cui color che pur risiedevano in zone diverse potevano incontrarsi faccia a faccia, avere approcci informali, avvicinarsi e sfidarsi, parlare, litigare, discordare o trovarsi d’accordo, sollevando i problemi privati alla dignità di questioni pubbliche o, viceversa, facendo dei problemi di carattere generale una questione di carattere personale.”
Passando, poi, ad analizzare le conseguenze di quanto sopra sul piano dell’etica, riporta una allegoria di Nils Christie:
“C’è un altro quadro : le donne che si riuniscono alla fontana, al pozzo, nei luoghi naturali di incontro lungo il fiume [… ]. Portare l’acqua, lavare le vesti, scambiarsi informazioni e valutazioni. Il punto di partenza delle conversazioni saranno spesso atti e situazioni concrete. Questi vengono descritti, paragonati a casi analoghi del passato o di altri luoghi, e valutati : giusto o sbagliato, bello o brutto, forte o debole. Lentamente, certo non sempre, poteva emergere un apprezzamento comune dei vari casi. In questo processo si creano norme. E’ un caso classico di «giustizia egualitaria».
Il pozzo dell’acqua è stato eliminato. Abbiamo avuto per un certo periodo nei paesi avanzati qualche botteguccia con delle lavatrici a monete, dove si poteva andare con la propria biancheria sporca e uscirne con la biancheria pulita. Ma le lavanderie a gettoni sono sparite.”
Poi Bauman così prosegue:
“Il racconto allegorico di Christie mette in luce quali effetti esercita sull’etica l’abolizione degli spazi pubblici. Nei luoghi di riunione si creavano anche norme, in modo da poter fare giustizia e da imporla orizzontalmente, sì da trasformare coloro che parlavano in una comunità, separata dagli altri e integrata al suo interno da criteri comuni e condivisi di valutazione. Ora un territorio che venga privato di spazi pubblici offre scarse possibilità perché le norme vengano discusse, i valori messi a confronto, perché ci siano scontri e negoziati. I giudizi su ciò che è giusto/sbagliato, bello/brutto, corretto/scorretto, utile/inutile possono solo discendere dall’alto, da regioni impenetrabili se non per l’occhio più acuto; i verdetti sono indiscutibili, perché non si può fare alcuna domanda significativa ai giudici, che nessuno sa dove risiedano”.
Seguendo Bauman se ne deduce che oggi è questo il problema da risolvere a priori per ripristinare la comunicazione secondo le esigenze dell’etica: ricreare la nostra agorà.
Aggiungiamo che l’intensità con cui è sentita questa esigenza aumenta in misura esponenziale nel nostro Paese, in cui sia la politica sia l’amministrazione della giustizia da parte dello Stato, questo è quanto dicono tutti, si sono dolorosamente trasformate in qualcosa di simile ad un baraccone da luna park.
A questo punto sorge spontanea la domanda: l’offerta di informazione di Rupert Murdoch può ricreare l’agorà di cui abbiamo bisogno? O non è piuttosto il citizen journalism a poterlo fare, alla sola condizione dell’oggettiva terzietà della Redazione nell’ammettere alla pubblicazione voci diverse e fra di loro contrapposte, seppur reciprocamente rispettose ?
Dare una risposta appare del tutto inutile: intelligenti pauca ! E la conclusione è che il tipo di informazione resodal citizen journalism è dotato di esclusiva originalità.
Di Truman Burbank
(---.---.---.148)24 giugno 2009 13:42
Qui si cerca di spingere il mito del citizen journalism come soluzione dei problemi di vita di molte persone, con particolare riguardo alla comunicazione.
Non fa male ogni tanto usare il potere propulsivo dei miti, purchè non ci si fermi ad essi.
Se c’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’informazione dei mass-media è il loro modello di business, il fatto che l’informazione è merce, da produrre e vendere con il maggior profitto possibile. Ma anche gli utenti sono merce in questo sistema, essi sono la merce audience che viene venduta a chi ha bisogno di diffondere un messaggio.
(Ref. Chomsky- Modello di propaganda e Morin - L’industria culturale, e anche il profeta Debord - La società dello spettacolo).
Se non si esce dal modello di business imperante non si può fare informazione, nel senso di far circolare le notizie che il potere vorrebbe tenere nascoste. Ma per fare giornalismo serve anche competenza, tempo, denaro e un’organizzazione che diffonda il vero giornalismo.
Internet risolve alcuni dei problemi posti qui sopra. Ma servono reti organizzate di competenze per andare avanti, non blog.
Di Bernardo Aiello
(---.---.---.208)24 giugno 2009 21:56
Rispondo al signor Truman Burbank.
Egregio signor Truman Burbank,
forse è opportuno approfondire il significato del temine "mito", da Lei utilizzato.
In Omero la parola "mito" significava proprio "parola", "notizia", "novella".
Successivamente, con la comparsa del "logos", le narrazioni mitiche assunsero il carattere fabulatorio di "leggenda", di "favola". Mito e logos vogliono entrambi spiegare il mondo, ma la fanno in modo dverso.
Il mito racconta la realtà del mondo interiore dell’uomo proiettato verso l’esterno, soggettivizza la realtà esterna all’uomo ed oggettiviza il suo mondo interiore. In ogni mito è possibile leggere una determinata fase di sviluppo della coscienza sociale collettiva.
Il logos, invece, esclude la soggettività e la manipolazione dell’interprete ; passa dalla descrizione delle cose per come sono vissute da chi le narra alla loro descrizione per come si danno.
"Non ascoltando me, ma ascoltando il logos ... " disse Eraclito e diede avvio alla storia del pensiero filosofico.
Accogliere il citizen journalism nel mito oppure nel logos non può essere fatto, a mio avviso, a priori.
Ciò pemesso, credo che del verbo "comunicare" dobbiamo considerare due contemporanei significati : "dire qualcosa" ed "ascoltare qualcosa" ; che si trasferiscono sovente nel campo economico in "desidero essere remunerato per quello che dico" ed in "sono disposto a pagare per quello che ascolto".
Ma non è la molla economica la principale spinta alla comunicazione.
Vorrei citare a sostegno della mia tesi Indro Montanelli, il quale in una intevista televisiva disse che non si deve fare giornalismo per diventare ricchi e/o potenti, ma bisogna farlo per fare giornalismo. Un ragionamento essenzialmente tautologico, ma proprio per questo perfettamente coerente con una costante assoluta del pensiero occidentale sull’etica, da Socrate a Kant, quella del bene come valore in se.
E non è neanche la lotta contro il potere la principale spinta alla comunicazione ; anche se, una buona comunicazione, dovrà sempre difendersi dal potere, che tende ad inquinare tutto e ad assoggettare a se tutto.
Personalmente penso che il vero giornalismo sia quello sintetizzato da Anna Stepanovna Politkovskaia nell’espressione "Sono sicura di voler fare qualcosa per le altre persone usando il giornalismo, ecco tutto".
Cordialità
Bernardo Aiello
Di Truman Burbank
(---.---.---.218)24 giugno 2009 23:54
Evidentemente ho messo troppa carne al fuoco, creando confusione.
A) In un sistema commerciale, in cui l’infomazione è un business, una fonte di profitto, è impossibile fare informazione. Si può sempre fare propaganda, che è una forma di comunicazione, ma non si riuscirà a far circolare le informazioni sgradite al potere. Quindi qualsiasi studio delle forme di informazione deve considerare come elemento di base il modello di business sottostante. Chi non capisse quello che sto dicendo può far riferimento al modo in cui RAI1 in questi giorni tratta l’argomento delle mille mignotte di Berlusconi.
B) Il citizen journalism è una favola, una narrazione del mondo, un mito, che fornisce una spiegazione della realtà che a molti piace, e spinge molte persone ad impegnarsi per riattualizzare in continuazione tale mito. In pratica tali persone recitano un rito, ma da altro punto di vista sono persone che lavorano con passione. Ho detto che può andar bene, ma potrebbe non essere sufficiente. Se spesso si vive più di miti che di pane, a volte può servire anche il pane. E qui non ho soluzioni pronte.
Di Bernardo Aiello
(---.---.---.141)25 giugno 2009 21:06
Replico al signor Truman Burbank.
Egregio signor Truman Burbank,
la sua precisazione mi spinge ad una replica.
Le sue idee sulla comunicazione sono ora chiare nel loro sostanziale scetticismo, direi pirronismo.
E della scepsi hanno il fascino.
Esse, però, appaiono largamente indimostrate ; e, per taluni aspetti, indimostrabili.
Mi riferisco, ad esempio, all’asserzione che il citizen journalism dia una visione mitica della realtà. Penso che, al contrario, sia attualmente l’unico modo perchè si possano diffondere certe incontrovertibili verità.
Ed al giornalismo professionale regolarmente retribuito (come regolarmente retribuiti erano tutti gli artigiani delle botteghe che si affacciavano sull’agorà della polis greca) appartengono Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e tantissimi altri ; per non parlare poi della stampa anglosassone, di quella francese, etc..
Insomma, la prenda come una battuta, prima di Lei Enesidemo ebbe più successo.
In ogni caso mi batterò sempre affinchè Ella possa professare le sue idee ; e le ritengo utilissime in una fase di riflessione scettica sulla comunicazione.
Cordialità
Bernardo Aiello