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Chiude Liberazione: colpa dei "compagni" o dei tagli all’editoria?

Il primo gennaio il quotidiano di Rifondazione Comunista sospenderà le pubblicazioni. Colpa dei tagli all'editoria. E dalla redazione occupata i giornalisti in "ferie forzate" lanciano un grido di dolore all'editore: "Non abbandonarci". L'intervista di AgoraVox a Francesco Antonini, storica firma di Liberazione.

«Siamo i primi della lista. La prima testa che vogliono far cadere». È Francesco “Checchino” Antonini – storica firma di Liberazione – a parlare da via del Policlinico 131, dove ha sede la redazione, da due giorni occupata dai giornalisti del quotidiano di Rifondazione Comunista che dal primo gennaio «sospenderà cautelativamente» le pubblicazioni.

La vicenda sta avendo un ampissimo risalto tra militanti e simpatizzanti della “sinistra radicale”. Liberazione è il primo giornale che crollerà sotto la scure dei tagli ai finanziamenti pubblici all'editoria. Ma è anche la storia di un giornale abbandonato dal suo editore, il partito, che ha annunciato per voce del segretario Paolo Ferrero di non poterne più finanziare l'uscita in edicola: «Ogni volta – ha detto – costa 8mila euro. E noi, banalmente, quei soldi non li abbiamo. Rifondazione ha fatto sacrifici pazzeschi fin qui per tenere aperta Liberazione, prima della pugnalata nella schiena del governo».

Ma la vicenda sta suscitando molto interesse e soprattutto sulla rete è in atto una vera “faida” fratricida: c'è chi è d'accordo con la chiusura del giornale, spiegando sostanzialmente che è inutile tentare di curare il malato terminale (Liberazione) con una semplice aspirina (i pochi fondi di cui dispone il partito). Dall'altra parte c'è chi solidarizza con i lavoratori che occupano la redazione ed arriva, come il giornalista Ennio Remondino, ad accusare Rifondazione Comunista di tenere un comportamento “padronale” inusuale per un partito che ovunque difende le vertenze dei lavoratori.

In mezzo ci sono i giornalisti, ai quali sono state comunicate le ferie forzate. Francesco Antonini, autore tra l'altro di una coraggiosissima inchiesta sul caso Aldrovandi, è uno di loro.

Francesco, quali sono le ultime notizie dalla redazione occupata?

«Una lettera dell'editore che ci comunica la sospensione cautelativa delle pubblicazioni dal primo gennaio e a tutti noi giornalisti le ferie forzate, in attesa di una convocazione della Regione Lazio per discutere della cassa integrazione. Nel frattempo andremo avanti con l'occupazione della redazione, con due obiettivi chiari».

Quali?

«Il primo è sensibilizzare l'opinione pubblica sui tagli ai finanziamenti all'editoria. Noi siamo i primi a rischiare di chiudere, ma dietro di noi ci sono decine di giornali cui toccherà la stessa sorte. Questo vuol dire migliaia di giornalisti senza lavoro e un colpo mortale al pluralismo».

Ma è vero anche che un governo che taglia ovunque non poteva risparmiare proprio voi. Il finanziamento pubblico all'editoria ha finito per distribuire milioni di euro anche a giornali inesistenti...

«È vero, e noi siamo i primi a volere una severa regolamentazione di questi finanziamenti. Che i soldi si diano ai giornali veri, con giornalisti veri. Anche perché i finanziamenti pubblici sono l'unica strada per garantire un'informazione libera. Se un quotidiano è finanziato solo da pubblicità non è libero: come puoi fare un'inchiesta sull'Eni, o sulla Coca Cola, se il tuo stipendio alla fine del mese sono loro a pagarlo? Ci hanno raccontato per anni che il mercato avrebbe regolato tutto, anche il mondo dell'editoria, ma la verità è che è servito soprattutto ai pesci grossi, ai grandi gruppi editoriali, a discapito di noi piccoli giornali».

Il vostro editore, Rifondazione Comunista, ha dichiarato di non poter più sostenere il costo del giornale.

«Gli amministratori del partito si sono barricati dietro ragioni contabili. Hanno convocato un tavolo ma non hanno voluto ascoltare le nostre proposte: saremmo stati disposti a sobbarcarci altri sacrifici pur di arrivare a fine gennaio, quando il governo Monti avrebbe varato disposizioni sui finanziamenti all'editoria. Tuttavia l'editore ha deciso la sospensione cautelativa delle pubblicazioni dal primo gennaio. Credo sia stato un errore che pagheremo sia noi che loro, anche perché c'è uno zoccolo duro di militanti che sta dalla nostra parte».

Francesco, non credi che comunque una parte della responsabilità sia anche del giornale e di chi l'ha diretto? All'epoca di Sansonetti si maturò un debito di tre milioni di euro, parzialmente ripianato dal nuovo direttore (Dino Greco).

«Certo, non ci sottraiamo, le abbiamo anche noi. È chiaro che la scissione con Vendola o la nascita della Sinistra Arcobaleno hanno influito anche sul giornale, sulla capacità di chi l'ha diretto e di chi ci ha lavorato. La storia di Liberazione e del suo editore vanno di pari passo: quando il partito è stato debole noi lo siamo stati con lui. Ora però dobbiamo trovare una soluzione insieme. Liberazione ha sposato il movimento di Genova del 2001 e dieci anni dopo il Referendum sull'acqua. Possiamo dire che avevamo ragione e che siamo stati il primo quotidiano a sostenere quelle lotte. Non meritiamo di chiudere».

Eppure le prospettive sembrano tutt'altro che rosee...

«Tutto sommato continuo a sperare che si possa riaprire un tavolo con gli amministratori di Rifondazione Comunista. Noi giornalisti rimaniamo a disposizione anche per discutere di come dovrà essere il nuovo Liberazione: un quotidiano online? Un settimanale d'inchiesta? L'importante è che Liberazione continui a vivere per continuare a dar voce alle tante lotte che ci so, e ci saranno, in tutta Italia».


LEGGI: Liberazione sospende le pubblicazioni dal primo gennaio

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.18) 29 dicembre 2011 21:58

    Nessuno però che parli di chi il giornale lo compra: il Fatto Quotidiano si finanzia con i soldi dei lettori non ricevendo finanziamenti pubblici. Evidentemente Liberazione non ha un grande seguito...Un po’ mi dispiace ma la sinistra radicale ha deluso fortemente dopo che è stata al governo nel 2006, dimostrandosi una brutta copia del vecchio PCI. In questo momento storico serviva un partito che fosse il punto di riferimento concreto per i lavoratori precari sfruttati e schiavizzati. Invece tutti se ne fregano, Compagni compresi. Con Berlinguer tutto questo non sarebbe accaduto. 

    • Di (---.---.---.8) 30 dicembre 2011 10:12

      lascia perdere Berlinguer, responsabile di aver rinchiuso il PCI - dopo la sconfitta del compromesso storico - in un ghetto di radicalismo politico inconcludente, bloccando una possibile evoluzione verso il tempestivo abbandono del comunismo e la costruzione di un partito socialdemocratico, come voleva Napolitano e i suoi seguaci, dispregiativamente chiamati miglioristi. Ve lo ricordate ??? Ormai mi sono convinto che la memoria storica della sinistra è davvero labile. Una sorta di morbo di Alzaimer che gli impedisce di analizzare la sua storia (tutta la sua storia non solo quella del PCI) e capire il perché da 150 anni la sinistra mai ha governato questo paese (eccetto il caso Prodi, che Dio ce ne liberi definitivamente).
      Ai giornalisti di Liberazione tutta la mia umana solidarietà, ma credo che il 2012 segnerà una buona sfoltita di inutili quotidiani.

  • Di (---.---.---.222) 29 dicembre 2011 22:44

    credo che, al pari delle imprese che sponsorizzano l’informazione con pubblicità e contro le quali NON si possa scrivere male sennò queste fanno cadere il contratto, anche la mano politica che ti permette di sopravvivere non vada morsa. quindi un’ingiustizia c’è sempre e comunque. che poi si preferisca mordere una piuttosto che un’altra è un altro problema.
    comunque chi ci rimette è il lettore che avrà sempre un’informazione accondiscendente.
    il mercato libero è l’unica alternativa e se i giornalisti sono onesti e sinceri il proprio pubblico premia con l’acquisto ed i soldi per gli stipendi non sono altro che una logica conseguenza. R.C. avrebbe dovuto meditare. il Fatto Quotidiano docet.

  • Di (---.---.---.17) 29 dicembre 2011 22:48

    ... giornali veri con giornalisti veri ... io sono un grafico vero in un’azienda grafica vera, se domani mattina un paio di nostri clienti decidono di preferire altri, dopodomani semino patate. 7 anni fa ho aperto un’enoteca con un socio: è durata 2 anni e mezzo, ci abbiamo rimesso un sacco di soldi, abbiamo pagato tutti i fornitori e arrivederci, ma non ho mai pensato di piangere dalla mamma. ho invece riflettuto a lungo sul perchè ci è andata male, dove abbiamo sbagliato ... e voi liberatori, vi siete mai chiesti cosa sareste stati, senza i soldini di ognuno di noi ? mah ... e comunque i soldini sono finiti !

    mamo - vicenza
     

  • Di Davide Falcioni (---.---.---.52) 29 dicembre 2011 23:47
    Davide Falcioni

    Io penso che su Liberazione e gli altri 99 giornali destinati a fare questa fine bisognerebbe meditare bene tutti. A cosa serve portare l’esempio del Fatto Quotidiano? Qualcuno di voi sa dirmi quanti, a parte i vip che ci scrivono, hanno un regolare contratto giornalistico? Qualcuno si è mai domandato invece quanti stagisti ci lavorano gratis? A me questo Fatto Quotidiano idealizzato in questo modo non convince affatto: credo sia stata fatta un’operazione di puro marketing.

    Io penso nello specifico di Liberazione che, in ogni caso, siano stati commessi errori sia dall’editore che dalla direzione del giornale. Perché io oltre un anno e mezzo fa sapevo che avrebbe chiuso di lì a qualche mese. E se lo sapevo io lo sapevano in molti. Si poteva fare qualcosa nel frattempo? Se sì perché si sono attesi gli ultimi giorni dell’anno?

    Detto questo, e per quel po’ che vale, esprimo la mia solidarietà ai giornalisti di Liberazione, al pari dei dipendenti del partito in Cassa Integrazione. Chi ci rimette, prima di tutto, sono loro. Poi anche noi. A meno che non si voglia dire che solo Corriere, Repubblica e Fatto fanno informazione in Italia...

  • Di (---.---.---.210) 30 dicembre 2011 09:25

    Ben vengano i tagli ai finanziamenti pubblici all’editoria. Occupare i locali mi sembra il solito metodo coercitivo antidemocratico, che comunque non porterà a nulla.


    I giornalisti di Liberazione dovrebbero piuttosto riflettere su un dato semplicissimo: quante copie vengono vendute? quanti sono i lettori disposti a spendere un Euro per comprare il vostro giornale? Se ci tenete tanto a diffondere la vostra opinione fate un sito web o una newsletter, ma non potete pretendere che il vostro stipendio lo paghi la collettività. 
  • Di (---.---.---.92) 30 dicembre 2011 16:25

    la "nuova sinistra" negli anni 70 ha inventato le radio libere e cento altri modi per comunicare....come mai forze politiche forti e potenti come erano i partiti storici tipo PCI...PSI...sindacati, non hanno sviluppato quelle esperienze facendo morire pure gli strumenti di autogoverno e contropotere come i consigli dei delegati.....forse non interessava avere dei veri strumenti di informazione alternativi....radio e TV....quello che si è capito è che si è voluto fare morire il tutto per ricominciare..... mettere in discussione fino in fondo l’esistente avrebbe significato fare la rivoluzione ...quindi avere idee e progetti per andare oltre...

    la scelta è stata quella di azzerare tutto così oggi le nuove generazioni ricominciano non da dove noi eravamo giunti ma da zero...i sindacati e le forze "democratiche o di sinistra" potranno dire che sono necessari per conquistare diritti e cose che già avevamo come...orari di lavoro più umani ...pensioni,,, diritti sui luoighi di lavoro ecc. insomma dagli anni 80 a oggi una sorta di restaurazione fatta con la complicità di tutti coloro che avrebbero avuto il dovere di dare forza alle conquiste fatte...con il nulla ridanno un senso alla loro esistenza...tra qualche anno si spera ci saranno nuove/vecchie conquiste e poi di nuovo si andrà ad azzerare,,,,il PCI forse non poteva andare oltre a causa dello stalinismo e gli accordi di Yalta...e oggi?

  • Di Francesco Sellari (---.---.---.158) 30 dicembre 2011 20:09
    Francesco Sellari

    dai commenti che leggo, mi rendo conto quanto male stia facendo il "grillismo imperante" (contro le caste, contro i finanziamenti pubblici, senza distinzioni di alcun tipo) condito con l’ideologia del libero mercato della famosa mano invisibile di Adam Smith....

    il pluralismo dell’informazione consiste anche nella concreta possibilità di diversi soggeti, portatori di diversi punti di vista, di entrare nel mercato anche con l’aiuto del pubblico

    perché? perché il mercato da solo non funziona, perché alla fine premia i più forti, quelli che hanno maggiore visibilità, ma soprattutto perché l’informazione non può essere considerata allo stesso modo di una normale merce... avere la possibilità di scegliere due vini diversi non è la stessa cosa di poter scegliere punti di vista e NOTIZIE diverse

    tutti a portare l’esempio del Fatto Quotidiano: certo, si finanzia solo con le vendite... giusto... ma non pensate che goda e abbia goduto del traino delle sue star? Cosa sarebbe stato senza Marco Travaglio tutte le settimane da Santoro?

  • Di (---.---.---.21) 30 dicembre 2011 20:23

    Ma che articolo è questo? Quante copie vende Liberazione? (3500). Quanto prende dallo Stato (oltre due milioni e mezzo di euro), Quanti sono i redattori? (circa una trentina). Il Paese è al collasso e questi sono conti credibili? Altro che libertà di informazione, con quei soldi si aprono almeno tre asili nido e li si tengono in piedi due anni interi.
    E quando mai l’attuale direttore ha ripianato il debito che si era prodotto nella gestione Sansonetti? Al massimo è stata la ’proprietà’ a rimettere i conti in ordine.
    Perchè, poi, l’articolo non spiega che intenzione del governo è rapportare i finanziamenti pubblici alla reale diffusione dei quotidiani, alla composizione degli organici e, soprattutto, all’innovazione teconologica.
    Liberazione non ha una edizione telematica degna di questo nome, non ha una organizzazione interna centrata sui nuovi modelli di giornalismo on line ed al momento la redazione sembra considerare il digitale una ’diminutio’.
    Il giornalismo, anche su una pubblicazione come Agoravox, scritta da dilettanti, deve rispettare le regole del giornalismo: ovvero informare e non propagandare. Si lascino la demagogia o le interviste sedute ai media di Palazzo e si spieghi ai cittadini che se Liberazione chiude è perchè non avendo più lettori (o quasi) non si regge in piedi. E la colpa di questo non è di Rifondazione, ma di chi non sa realizzare un quotidiano di qualità. Ovvero gli attuali ’occupanti’.

  • Di Davide Falcioni (---.---.---.52) 30 dicembre 2011 21:14
    Davide Falcioni

    quindi intervistare un lavoratore di liberazione vuol dire fare propaganda?

  • Di (---.---.---.41) 31 dicembre 2011 09:19

    Il giornalismo è racccontare i fatti. Il ’lavoratore di Liberazione’ è in realtà un ’giornalista’ di un quotidiano che vende 3500 copie e prende dallo Stato oltre due miliardi e mezzo di contributi (ripeto). Mentre la crisi impone tagli pesanti a tutti i servizi pubblici del Paese e sacrifici tremendi a moltissimi. Il ’lavoratore’, poi, dovrebbe spiegare (o il giornalista) che il suo stipendio (in condizioni normali) è di almeno (o quasi, dipende da anzianità e qualifica) 2000 euro mensili, con due mensilità in più annuali.
    Dopo una breve ricerca in rete, infine, il redattore di Agoravox Falcioni apparirebbe come un ’simpatizzante’ di Rifondazione comunista, oltre che ’scarso trombettista’. Il fatto è stato omesso nel profilo.
    Il berlusconismo ed i conflitti di interessi sono duri a morire in Italia e le ’cosine’ in famiglia non sono solo quelle che avvenivano al Tg1 di Minzolini. Si dicano i fatti e si lasci la propaganda di parte (o di corrente) a chi per anni ha preso e prende ancora in giro un popolo intero. Spiace per i dipendenti di Liberazione, ma se il loro giornale è così poco letto un motivo ci sarà e non può essere addebitato a qualche mistero della fede. Per quanto riguarda il Fatto quotidiano è singolare che un ’discreto giornalista’ esprima opinioni personali, qualificando dei colleghi come ’vip’ (quasi fosse un’offesa), e defininendo un altro quotidiano ’operazione di puro marketing’. Al redattore dell’articolo hanno comunicato che il Fatto vende almeno sessantamila copie giornaliere ed ha migliaia di abbonati. O il suo essere di Rifondazione gli fa pensare che ci siano giornali ’buoni’ e giornali ’cattivi’? Secondo l’autore dell’articolo uno deve prendere una montagna di soldi senza aver lettori e l’altro che si mantiene da solo è invece una patacca confezionata per ingannare persone stupide? Infinito sarebbe poi il discorso sui contratti, gli stagisti, ecc. Lasci perdere Falcioni e si dedichi alla campagna che ha tanto bisogno di braccia.

  • Di Davide Falcioni (---.---.---.52) 31 dicembre 2011 13:34
    Davide Falcioni

    Ad ogni modo, se rilegge l’articolo si accorgerà che di mio ci sono l’introduzione e le domande. Le risposte che le mi mette in bocca in verità sono dell’intervistato (Francesco Antonini). Sa capire la sottile differenza? Riesce a vedere il carattere "bold" delle domande e quello normale delle risposte?
    Infine mi spieghi cosa c’entrano la mia passione per la tromba, simpatizzare per un partito e la campagna. Non ha nient’altro da dire? Ma forse se mi comunica come si chiama anche io potrò fare una ’rapida ricerca’ su internet e scoprire roba che è del tutto privata e ininfluente, raccontandola come fosse un difetto di cui vergognarsi.

    sotto le incollo la risposta di un giornalista di liberazione a Beppe Grillo. Spero solo che serva a discutere del merito, e non di tromba, braccia rubate all’agricoltura e roba che non c’entra nulla.

    L’INTERVENTO DI GRILLO

    La fine del finanziamento pubblico ai giornali
    "Il 2012 non sarà del tutto negativo. Porterà in dono anche la chiusura di molti giornali finanziati con soldi pubblici, veri cani da guardia dei partiti. Giornali che hanno attaccato il MoVimento 5 Stelle prima ancora che esistesse o che, nel migliore dei casi, ne hanno taciuto le iniziative. Il V2day del 2008 fu un atto di accusa contro la disinformazione dei giornali assistiti e legati a filo doppio ai partiti e venne chiesta l’abolizione dei finanziamenti pubblici. Tra le testate che attaccò l’iniziativa, prima, dopo e durante, spiccò l’Unità. Ora è in crisi, si metta sul mercato, si faccia pagare dai lettori come il Fatto Quotidiano e, se non vende, chiuda i battenti. Se qualche esponente del MoVimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia." Beppe Grillo

    La risposta di Daniele Nalbone, giornalista di Liberazione:

    Caro (nel senso di quanto costa seguire un suo spettacolo-comizio) sig. Beppe Grillo.
    Sono un giornalista della casta: lavoro per Liberazione, sono precario da sempre, ho 30 anni e presto la mia professione, quella di giornalista pubblicista, sarà cancellata dalla faccia della terra. Il mio reddito annuo è pari a (circa) 8mila euro. Credo nel giornalismo libero e indipendente, sono stato tra i primi a scoperchiare le nefandezze dei mondiali di nuoto del 2009, per primo ho raccontato su un quotidiano italiano la vicenda di Niki Aprile Gatti e del maestro di Vallo della Lucania Franco Mastrogiovanni, il primo “morto” di carcere, il secondo “morto” di Trattamento Sanitario Obbligatorio. Potrei continuare, ma questo è per farle capire che il merito di aver trattato tra i primi questi temi non è mio, o soltanto mio, ma del quotidiano per il quale collaborerò ancora per due giorni: Liberazione.
    Un quotidiano che esiste da venti anni, per il quale hanno lavorato e lavorano decine di professionisti, che non è tra i preferiti del mercato della pubblicità e per questo ha bisogno, come ogni quotidiano indipendente d’Europa, del finanziamento pubblico non per sopravvivere e basta, ma per continuare a fare informazione.
    Leggendo quanto da lei scritto mente nella redazione di Liberazione lavoratori dell’informazione sono costretti ad occupare il proprio posto di lavoro per non finire letteralmente per strada (fortuna che io abito ancora a casa di mamma...) non vedo nulla di politico né di comico. Leggo solo il ’rosicamento’ di un personaggio pieno di sé incazzato per il fatto che i giornali in generale avrebbero attaccato il MoVimento 5 Stelle ancor prima che venisse fondato o che i giornali in generale ne avrebbero taciuto le iniziative.
    Mi dispiace constatare che lei – di riflesso o direttamente poco importa – con questa parole attacca un giornale come Liberazione che ha sempre dato spazio a questa iniziative. Le ha criticate, certo, ma le ha prima raccontate.
    Dopo le amministrativa di un anno fa io stesso feci un pezzo di resoconto sui risultati del MoVimento 5 Stelle chiudendo con questa frase il mio pezzo: “Altro che antipolitica. La sensazione, tanto sotto le due Torri che sotto la Mole, è quella di una vittoria molto politica che viene da lontano: dalle regionali dello scorso anno, non certo da facebook”.
    Dall’alto del suo conto in banca, le chiedo: chi le dà il permesso di attaccare il lavoro – non le idee – con il quale vivono migliaia di famiglie italiane e sopravvivono ancor più migliaia di precari italiani?
    Lei parla di “libero mercato”, pontifica sul fatto che un giornale dovrebbe vivere di copie vendute. Benissimo. Repubblica, Corriere, Sole, etc. vivono di copie vendute oppure di pubblicità e di contributi? La scuola pubblica italiana dovrebbe vivere di rette pagate o di contributi pubblici?
    Il sistema di trasporto pubblico italiano dovrebbe vivere di biglietti venduti o di contributi pubblici?
    La sanità italiana dovrebbe vivere di ticket pagati o di contributi pubblici?
    Lei crede nel diritto all’informazione o nel pluralismo dell’informazione come crede nel diritto alla mobilità, alla salute, etc. o no?
    E allora le parlo come lei parla ai suoi devoti: se la risposta è sì – credo nel diritto all’informazione o nel pluralismo dell’informazione - nessun problema: qualunque idiota continuerà a votarla.
    Se la risposta è no – credo che l’informazione non sia un bene comune e quindi debba essere il libero mercato a decidere della vita o della morte di centinaia di testate - nessun problema: qualunque forza neofascista è pronta ad accoglierla tra le sue braccia.
    E ora, dagli alla casta, signor Grillo. Io, dal basso dei miei 8mila euro all’anno, sono qui che la guardo, dall’alto dei suoi X milioni di euro l’anno.
    Alla prossima pontificata.
    Ps. non ho volutamente riletto quanto scritto: troppa rabbia. Correggendo, sarei molto meno democratico, quindi mi scuso per gli errori che sicuramente ci saranno. Ma, si sa, noi pennivendoli manco scrivere sappiamo.

  • Di (---.---.---.41) 31 dicembre 2011 15:18

    presto fatto. mi chiamo giorgio raffaeli e sono un insegnante. su di me troverà poco, mentre io le ’cose private’ su di lei le ho lette nella presentazione che pubblica agoravox. salvo il fatto che per caso su fb ho visto che lei appare chiaramente vicino a rifondazione. nei miei post io ho solo messo in risalto che quando si raccontano le cose è importante essere onesti e gli attacchi al fatto quotidiano, le omissioni sui soldi che liberazione prende dallo stato e l’essere un simpatizzante del partito rifondazione comunista mette in luce poca serietà professionale ed un profondo conflitto di interessi. infine è sgradevole il tono intimidatorio del ’firmati per mome e cognome’ e mi meraviglio che agoravox consenta cose del genere. qui non è richiesto e quindi non l’ho fatto. ribadisco il mio precedente suggerimento: siccome sempre agoravox scrive che le piace la campagna ci vada e ci resti. per le cose riguardanti grillo che c’entrano? io ho criticato una intervista fatta, a mio parere, in modo complice e non critico ed ho trovato da ridire su un post in risposta ad altri lettori nel quale si leggeva testualmente: "A me questo Fatto Quotidiano idealizzato in questo modo non convince affatto: credo sia stata fatta un’operazione di puro marketing". invece di chiedere i documenti ai lettori le consiglio di rileggersi quello che pubblica e di lasciare alla polizia stradale il "patente e libretto". con questo chiudo la polemica che mi sembra proprio banale.

  • Di Davide Falcioni (---.---.---.52) 31 dicembre 2011 16:25
    Davide Falcioni

    Ha deciso lei di impiegare questo spazio per fare ironia sul sottoscritto. Poteva fare qualche critica sul merito della questione anziché consigliarmi di andare a fare il contadino. Non credo che interessi a nessun lettore la mia prospettiva professionale.

    Visto che lei mi accusa di essere in "profondo conflitto di interessi" (questa poi è buffa: da quando simpatizzare per un partito politico è vietato?), le incollo di seguito quello che ho scritto sulla bacheca di paolo ferrero mercoledì alle 15 e 05 (così potrà verificare personalmente come la penso IO in merito):

    riguardo Liberazione: perché non spiegare chiaramente che 30 giornalisti sono troppi? Chi li ha assunti? Perché sono così sproporzionati rispetto alla mole di lavoro quotidiana? Cosa facevano in redazione 30 redattori? Se il sistema clientelare, le assunzioni facili, l’uso del partito come "ufficio di collocamento" non vengono scardinati è inutile piangere per la chiusura del giornale. Oltre ai tagli all’editoria ci sono anche altre responsabilità. E’ bene che emergano e che si sia trasparenti.

    Per questo commento, sono stato bombardato di email da alcuni redattori di Liberazione. Una è la seguente:

    "Scusa Falcioni mi hanno girato il tuo post che ci accusa di non so che cosa... dunque c’è gente come me che è arriva a liberazione 15 anni fa già con il tesserino da giornalista in tasca e con una esperienza in quotidiani come Paese Sera e IL Messaggero. arrivati in redazione come volontari e quindi lavoro nero per molti noi, poi contratto ai minimi sindacali, come sempre... dei 30 che tu dici due sono direttore e vicedirettore, altri 13 già a in cassintegrazione e fuori dal giornale da quasi due anni. i superstiti in solidarietà al 50% e di questi tre al sito, abbiamo fatto dalle 32 alle 24 pagine, inserti e speciali compresi, a testa bassa senza rubare niente a nessuno. non ho capito francamente a cosa e chi ti riferisci? Pensa che al libro paga di Liberazione ci sono passati un sacco di funzionari del partito che non hanno mai messo piede a Liberazione, mentre noi a testa bassa a lavorare. Vorrei davvero capire da dove arriva questo tuo astio denigratore".

    Come vede nessun conflitto di interesse. Nell’intervista ad Antonini ho posto delle domande. La prima dice testualmente "è vero anche che un governo che taglia ovunque non poteva risparmiare proprio voi"; La penultima: "non credi che comunque una parte della responsabilità sia anche del giornale e di chi l’ha diretto? All’epoca di Sansonetti si maturò un debito di tre milioni di euro, parzialmente ripianato dal nuovo direttore (Dino Greco)". 

    Riguardo il messaggio inviato a Grillo da un giornalista di Liberazione: gliel’ho inoltrato perché evidentemente non è vero quello che lei ha scritto. 2000 euro al mese per 14 mensilità. 

    Riguardo il Fatto Quotidiano: ha ragione, ha molti lettori e molti abbonati e si regge da solo, senza contributi. E’ un giornale che mi piace, ma non lo considero l’unico buon esempio di giornalismo presente in Italia. Sapesse quante inchieste coraggiosissime sono state fatte da freelance indipendenti, senza testate alle spalle e molto spesso gratis... lei li chiama dilettanti.

  • Di (---.---.---.41) 31 dicembre 2011 19:38

    Mi sono seccato di questo batti e ribatti. Tuttavia, non si permetta di scrivere che quello che io ho affermato non è vero. Un giornalista professionista con ruolo di caposervizio ha uno stipendio medio di circa 2000 euro per 14 mensilità. Lei non sa neppure distinguere un collaboratore da un redattore assunto a tempo indeterminato. E questo sembra indicare che lei conosce poco il sistema contrattuale del giornalismo. In un posto serio il suo caporedattore l’avrebbe immediatamente richiamata all’ordine, ma evidentemente agoravox non controlla l’attività dei propri redattori, O forse in Francia, dove lei dice di risiedere e di lavorare per questo giornale on line, non si sa che sa che la redazione di Liberazione era composta fino a poco tempo fa da una trentina di persone delle quali solo pochissimi erano redattori semplici, mentre tutti gli altri avevano mansioni superiori. lo so perchè un mio amico mi ha spiegato le cose. La invito in futuro a non permettersi più di dare del bugiardo ad un lettore senza prima essersi informato dei fatti. Ed adesso vorrei finirla con lei e con la sua pervicace tendenza infantile a ribattere. Abbia fiducia che i lettori capiscono benissimo i conflitti di interesse e come sia strano che un militante o simpatizzante di Rifondazione comunista scriva di Rifondazione comunista. Lei che sta in Francia immagina una cosa del genere a Le Monde, per esempio? Con questo chiudo, mi scuso con tutti gli altri lettori ma di farmi dare del bugiardo da un redattore saccente non mi andava giù.

  • Di Sandro kensan (---.---.---.2) 1 gennaio 2012 22:04
    Sandro kensan

    Io non ho molte informazioni circa questa questione però a naso direi che il Raffaeli esprime un punto di vista attento e preciso. Soprattutto non è smentito, questo mi porta a dire che non è corretto scrivere un articolo in apparente conflitto di interessi o comunque essendo coinvolto nella questione "Liberazione" senza dirlo (contiguità con rifondazione).

    Nei testi di finanza quando si scrive su un certo argomento è d’obbligo citare i valori finanziari che si possiedono in modo che i conflitti di interesse siano palesi. A me sembra che qui si sia violata questa regola.

    • Di (---.---.---.64) 2 gennaio 2012 12:03

      Benissimo, spero di rispondere qui per l’ultima volta.
      Lei dice che io non ho smentito Raffaeli. Ma cosa dovrei smentire? Le opinioni del giornalista di Liberazione che ho intervistato? O dovrei mettergli in bocca cose che non ha detto? Oppure, secondo voi, avrei dovuto metterlo sotto torchio con domande ogni volta più scomode finché non sputava il rospo e confessava che, sì, sono tutti ruba stipendio? Ma io non faccio il magistrato, bensì il giornalista. Non è mio compito assolvere o condannare nessuno. Ripeto: io non ho minimamente espresso la mia opinione. Non capisco come possiate addirittura parlare di conflitto di interessi...
      Se volete conoscere la mia opinione la trovate sulla bacheca di Paolo Ferrero, datata mercoledì alle 15 e 05. Quella è la mia opinione personale e vedrete che non è "sdraiata" come vi ostinate a dire. Ma AgoraVox non è un blog, né facebook: non vedo perché dovrei far conoscere ai lettori di un giornale la mia opinione da semplice cittadino di sinistra. Non faccio un uso personale del giornale. Un saluto.

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