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La caduta degli idoli: il Cavaliere mette le mani nelle tasche degli italiani

Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato la manovra da 45,5 miliardi di euro ripartiti in due anni che dovrebbe portare al pareggio di bilancio nel 2013. Il segno di forte discontinuità che chiedeva l’Europa è finalmente arrivato. Come ci si poteva aspettare un vespaio di polemiche si è sollevato sul governo dopo l’approvazione del decreto che avrà decorrenza immediata dopo la firma del Capo dello stato e che dovrà essere approvato (e possibilmente emendato) dal Parlamento nei prossimi 60 giorni.

Al netto della demagogia e delle polemiche di queste ore, speriamo che le misure varate riusciranno a mettere un freno alla spesa pubblica mettendo un freno al folle debito che grava sul nostro paese. Sicuramente l’Italia intera paga un prezzo altissimo per questo risanamento che poteva essere raggiunto con altri mezzi ed altre modalità. Il solo fatto che per tre anni si è negata la gravità della situazione, riducendosi a varare in fretta e furia una manovra pesantissima in piena estate non può che screditare la classe politica al governo.

Le opposizioni gridano allo scandalo, avanzano contro proposte e contro manovre, ma chissà se sarebbero riusciti a fare meglio, forse hanno limitato i danni.

Il cavaliere è riuscito per l’ennesima volta a compattare la propria maggioranza su una linea comune ma il prezzo che viene pagato è altissimo.

Silvio Berlusconi ha vinto tutte le elezioni promettendo che se fosse andato al governo non avrebbe messo le mani nelle tasche delle italiani, a questo giro però si è clamorosamente contraddetto.

Smentendo se stesso ha imposto un “contributo di solidarietà”, che al netto della propaganda significa un prelievo del 5% ai redditi superiori ai 90000 euro e del 10% ai redditi superiori ai 150000 euro mentre un addizionale Irpef del 41% verrà applicata ai lavoratori autonomi con redditi superiori ai 55000 euro. Tele contributo non è un balzello per i ricchi come vogliono far credere dalle parti di Palazzo Chigi ma un colpo basso alla classe media che paga regolarmente le tasse e che da anni viene tartassata. Addio rivoluzione liberale, addio le ricette modello Reagan e Thatcher, addio ai cartelloni pubblicitari con slogan a caratteri cubitali del tipo “meno tasse per tutti”. Qui siamo all’apoteosi dell’oppressione fiscale, che non viene da sinistra, dal vampiro Visco, ma da colui a cui era rimasta come unica bandiera quella di non acconsentire mai ad un aumento delle imposte. E chi l’avrebbe mai detto?

Nella manovra viene reintrodotta la tracciabilità cioè l’obbligo di pagare con assegni o trasferimenti bancari e non in contanti tutte le transazioni superiori ai 2500 euro, obbligo che era stato previsto dal governo Prodi e che Berlusconi si era preoccupato di abolire già nel 2008 appena riconquistato Palazzo Chigi. Chissà cosa ne pensa di questo provvedimento il ministro Tremonti che appena un pese fa dichiarava di pagare (senza regolare contratto) il proprio affitto di 8000 euro mensili in contanti.

Finalmente si è deciso di abolire alcune province, si incomincerà da quelle inferiori ai 300000 abitanti. Il Cavaliere aveva promesso anche questo durante tutte le sue campagne elettorali, per poi cambiare idea sostenendo che l’abolizione di tali enti avrebbe portato più svantaggi che benefici. Adesso ritorna sui propri passi approvando un provvedimento sacrosanto che arriva in ritardo e compiendolo l’opera solamente a metà.

Perché non abolirle tutte? Perche si sceglie il più democristiano dei compromessi?

Si è deciso di salvare le province più grandi con annesse poltrone stipendi e benefici perché Umberto Bossi non vuole mollare parte del potere e dei potentati locali. Per non cancellare la provincia di Bergamo, Brescia e Varese si è scelto di tenere in piedi una quantità enorme di istituzioni pressoché inutili le cui mansioni potrebbero essere svolte benissimo dalle Regioni.

Il governo ha inoltre varato tagli per gli enti locali pari a 9 miliardi per il biennio2012 -2013. Alemanno propone una mobilitazione dei sindaci. Roberto Formigoni presidente della Regione Lombardia ha parlato di morte del federalismo fiscale altra promessa del Berlusconi in versione elettorale. Non siamo più al principio che le risorse rimangono alle regioni di apparenza, con l’obbligo per le istituzioni locali di amministrarle secondo modalità di efficienza e solidarietà. Siamo al paradosso in cui una Stato che si trova alla soglia di un’ “epocale” riforma federale, avoca a se le risorse che provengono alle regioni le decurta in maniera sostanziosa e le ridistribuisce ai territori, senza distinzioni tra regione virtuose e non. 

In tutto questo Umberto Bossi versione top gun con occhialetto nero, tra un dito medio alzato e una canottiera in bella vista continua a sostenere che il federalismo fiscale procede speditamente, ma è l’unico che ancora ci crede.

Ultimo provvedimento su cui ci vorremmo soffermare è quello che prevede l’abolizione delle feste non concordatarie. A parte il fatto che non si capisce perché in uno stato laico le feste non religiose devono essere considerate di serie B. Della misura non si comprende il senso. Se si toglie l’intenzione di lisciare il pelo agli industriali e CONFINDUSTRIA, l’abolizione delle feste e dei ponti non potrà che deprimere ulteriormente l’economia del paese. E’ stato provato infatti che le feste di cui il nostro hanno solare è disseminato abbasseranno anche la produttività industriale ma fanno alzare i consumi interni e le spese degli italiani, alimentando la prima industria nazionale: quella del turismo.

Ci troviamo di fronte ad un governo quindi che non solo aumenta le tasse, riduce i servizi ai cittadini ma taglia anche i giorni si relax abolendo i giorni di vacanza che con l’accorciamento sempre più consistente delle ferie estive rappresentava l’unica valvola di sfogo per la maggior parte degli italiani.

Riusciranno anche a tappare il buco nei conti, ma il Cavaliere ultima versione meno liberista, e fan delle tasse costerà a tutti molto caro.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.168) 14 agosto 2011 01:37
    Renzo Riva

    Dal Gran Mogol
    al GRAN COGLIONE
    se lo merita il Berlusca che dava del coglione agli altri (che comunque rimangono sempre coglioni).

    18 anni di bla, bla e Milano gli ha girato le spalle non andando a votare.
    Pisapia con meno voti dell’altra volta vince.

    Elettori di cdx votano Pisapia perde.
    Elettori di cdx non votano Pisapia vince.

    Comunque il csx non vince mai se non lo aiutano gli elettori di cdx.

    BERLUSCONI? SE CI SEI SEI UN GRAN COGLIONE.

    Renzo Riva

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