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La Tunisia dopo l’attacco terroristico al Bardo: le mille sfaccettature del Paese nel XXI secolo

La Tunisia si mostra oggi più che mai nella sua complessità: luogo di incontro e di scontro di diverse culture, modi di pensare, indirizzi sociali e politici. Al tempo stesso Paese dalla forte impronta mediterranea, nazione araba di tradizione laica, luogo di intenso scontro sociale in cui il movimento sindacale ha più volte giocato un ruolo da protagonista nei momenti chiave, realtà islamica sunnita che risente dei fermenti del fondamentalismo religioso in espansione.

L’apertura al turismo occidentale di massa e ai mercati globalizzati, l’abbandono delle politiche di intervento sociale che avevano caratterizzato la prima fase di Bourguiba e il diffondersi sotterraneo delle idee jihadiste creavano probabilmente già il retroterra dei fenomeni esplosi con il rovesciamento della dittatura di Ben Alì e la difficile transizione ad un sistema fondato sulla democrazia rappresentativa. Eppure, nelle sue difficoltà e stridenti tensioni, la Tunisia costituisce probabilmente l’esperienza più positiva tra le “primavere arabe” che infiammano una vasta area del mondo. La capacità di compromesso mostrata dalle tre aree politiche di maggior rappresentanza – l’area laica liberale, quella di un Islam “moderato” e con una certa attenzione al sociale e la sinistra di classe con un forte radicamento nelle organizzazioni di massa dei lavoratori – ha fino a questo momento evitato il deflagrare degli scontri esistenti in aperti conflitti armati, esprimendosi prevalentemente con quelle modalità che caratterizzano lo scontro politico e sociale in Occidente: competizioni elettorali relativamente trasparenti, ricerca di sintesi di interessi diversi in alleanze e coalizioni di governo, uso degli scioperi e delle manifestazioni di piazza come strumento di pressione e di consenso delle espressioni politiche e sindacali dei lavoratori organizzati. Gli eventi delle ultime settimane mostrano al tempo stesso la fragilità dell’equilibrio trovato, ma anche una decisa volontà di salvaguardare lo stesso da parte delle principali forze in campo.

La principale minaccia per la Tunisia di oggi è costituita dal terrorismo jihadista, che ha colpito in modo vistoso col sanguinoso attacco al museo del Bardo, probabilmente proprio per attirare l’attenzione dei media internazionali e dell’opinione pubblica interna su una propria rilevante presenza anche militare sul territorio. Gli integralisti possono voler presentarsi come forza pronta a entrare in gioco e contendere l’egemonia del Paese, in un momento di repentini rivolgimenti in grado di dissolvere in tutto il mondo arabo entità e confini che fino a ieri parevano oramai consolidati. Il terrorismo, che finora si era concentrato su esponenti della sinistra radicale, visti come il più pericoloso avversario della penetrazione dell’ideologia della Jihad mondiale, oggi alza il tiro e colpisce la Tunisia nel cuore dei suoi interessi economici, il turismo, ponendo in seria difficoltà le istituzioni del Paese, già provate dai complicati equilibri politici e dalla difficile situazione economica. ISIS esce allo scoperto e, come riportano i media francesi, sul suo giornale in inglese Dabiq dà ampio spazio alla rivendicazione delle azioni militari nel Paese arabo, che il Governo aveva cercato di attribuire a gruppi meno in vista della galassia integralista. D’altronde già alle intelligence di tutto il mondo non era sfuggito l’alto numero di combattenti tunisini presenti sui fronti siriano, iracheno e libico che vedono impegnato lo Stato islamico, segno di una adesione alle sue idee ancora non di massa, ma sicuramente radicata e importante e che prove di forza anche nel territorio nazionale potrebbero estendere.

Eppure in questi giorni anche un’altra Tunisia ha voluto riaffermare la propria presenza sulla scena, cogliendo l’occasione che quest’anno Tunisi ospitasse il Social Forum, ovvero l’appuntamento periodico dei movimenti anti-globalizzazione di tutto il mondo per discutere e coordinare le proprie campagne in tema di redistribuzione della ricchezza, giustizia sociale e fiscale e ambiente. Grandi manifestazioni popolari hanno accompagnato l’appuntamento, segno di una diffusa volontà di mettere le tematiche sociali al centro dell’attenzione, di restare nella normalità evitando di restare chiusi in una morsa tra terrorismo e nuove tentazioni autoritarie, che la paura diffusa potrebbe facilmente alimentare. Dunque quella tunisina resta una situazione liquida e aperta a molti possibili sviluppi, che meritano l’attenzione di ogni osservatore e commentatore della scena internazionale.

Immagine: anw/Flickr

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