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La SVIMEZ e la Questione Meridionale: da non leggere sotto l’ombrellone

La contingente stagione estivo-balneare spinge alla ricerca di letture adatte a riempire di interesse le ore trascorse in relax sotto l’ombrellone. Niente di meglio di qualcosa sulla vexata quaestio meridionale, si è detto il vostro reporter, e si è recato in libreria con questo intento. Per superare un certo imbarazzo da pervenu sull’argomento (a lui ben noto nella pratica perché abitante di una delle plaghe del profondo Sud, ma limitatamente conosciuto dal punto di vista teoretico), ha finito per scegliere un saggio antologico dell’attività di Salvatore Cafiero, meridionale di Sorrento, discepolo di Gaetano Salvemini, una carriera nella SVIMEZ sino alla Direzione. La SVIMEZ è l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, Ente privato che ha come obiettivo principale lo studio e la promozione dell’economia nel Sud. Nome del testo Tradizione e attualità del Meridionalismo, editore il Mulino, Euro 17,50.
 
Purtroppo il risultato è stato negativo: assolutamente sconsigliata la lettura sotto l’ombrellone per il pericolo delle ricorrenti crisi di sonno, le quali, con lo scorrere del sole lungo l’eclittica, potrebbero portare ad indesiderate ustioni sulla pelle. Lungo le trecento e passa pagine del testo, una evidenza costante con tamburellante monotonia: il sistematico errore di aver scambiato l’effetto con la causa, ossia la carenza di lavoro con la carenza di attività economica; ed il non aver mai neanche lontanamente studiato le cause ed i principi di quest’ultima, al fine di risolvere essa e con essa l’effetto della carenza di lavoro. La politica simil-sovietica dei piani quinquennali, dal pubblico denaro avrebbe voluto creare posti di lavoro ed occasioni di sviluppo al Sud e, invece, per le ineludibili leggi dell’economia, finiva per farlo, ironia della sorte, ancora al Nord. All’epoca girava la battuta Sai chi ha inventato la Cassa per il Mezzogiorno? I milanesi!
 
Alla fine anche l’arroganza della politica si è arresa e si è posto fine alla follia dell’Intervento Straordinario del Mezzogiorno; anche se qualche sconsiderato (o qualche milanese sotto mentite spoglie) parla di riaprire questa bottega.
L’economia non è mai stata attività da svolgere nel chiuso di un tempio, anzi essa è nata nell’agorà della polis greca, dove affacciavano le botteghe artigiane ed in cui si svolgevano e si intrecciavano attività e commerci. Essa vive e sviluppa nel suo proprio contesto come una pianta; e, come una pianta, possiamo concimarla, possiamo annaffiarla, possiamo potarla, ed altro ancora, ma non possiamo farla crescere con meccanismi artificiali. L’unica cosa che possiamo fare per farla crescere è studiare il suo contesto ed intervenire su di esso per favorirne la crescita. Oggi, come in tutti i centocinquanta anni della Questione Meridionale.
 
Un esempio concreto ce lo fornisce, ad esempio, proprio la reazione in risposta alla carenza di lavoro. Molti cercarono, e cercano ancora, una soluzione nella confinante Confederazione Elvetica. Ma una cosa è fare il frontaliere che vive in Brianza e lavora a Lugano, spendendo in Italia e guadagnando in Svizzera molto più di quanto guadagnerebbe in Italia per fare la stessa cosa, un’altra cosa è lasciare la Sicilia ed emigrare, sradicato da se stesso, nella stessa Svizzera. E questa è tutta una questione di contesto, di contesto geografico precisamente.
 
Dinanzi ad un Paese così disomogeneo, la stessa classe politica avrebbe dovuto porre ben altra attenzione agli effetti che una medesima iniziativa legislativa o una medesima manovra economica e finanziaria avrebbero potuto avere su contesti così diversi fra loro. Invece la classe politica non ha mai fatto quello che fece Gandhi prima di iniziare l’attività politica nella sua India: girare in lungo ed in largo il Paese per conoscerne i tanti contesti. E per far questo occorrono tempo ed impegno. Un proverbio abissino dice che «per conoscere un uomo è necessario mangiare con lui due chili di sale».
 
Invece quelli che, con tanta buonissima volontà, volevano cambiare le sorti del Meridione e promuoverne lo sviluppo, a Roma scrivevano e riscrivevano saggi teoretici di nessun concreto valore pratico, senza nulla sapere di quanto accadeva nelle tante realtà del Sud (qualcuno lo fa ancora). Ma questi saggi non possono non indurre al sonno.

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