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La Cina sarà travolta dai separatismi?

La crisi che ha investito l’economia occidentale e non solo, sembrava non aver scalfito più tanto il gigante cinese, che anzi è diventato la prima potenza economica mondiale. Ora, però, iniziano ad intravedersi i primi segnali di rallentamento ed una serie di gravi problematiche potrebbero concentrarsi sul dragone. E del resto chi ci segue non poteva non aspettarselo, se tutta la manifattura mondiale si sposta in Cina per il basso costo della manodopera e si continuano a mantenere bassi i salari non alimentando più di tanto il mercato interno ma continuando a basarsi sull’esportazione, alla fine dei conti, a chi si vende se gli altri paesi più ricchi sono in crisi?

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La crisi che ha investito l’economia occidentale e non solo, sembrava non aver scalfito più tanto il gigante cinese, che anzi è diventato la prima potenza economica mondiale. Ora, però, iniziano ad intravedersi i primi segnali di rallentamento ed una serie di gravi problematiche potrebbero concentrarsi sul dragone. E del resto chi ci segue, non poteva non aspettarselo, se tutta la manifattura mondiale si sposta in Cina per il basso costo della manodopera e si continuano a mantenere bassi i salari non alimentando più di tanto il mercato interno ma continuando a basarsi sull’esportazione, alla fine dei conti, a chi si vende se gli altri paesi più ricchi sono in crisi? E di conseguenza dovrà entrare in crisi anch’essa, in un circolo vizioso tipico di questa fase terminale del sistema capitalista, chiamata globalizzazione.

Ma oltre al sempre più forte rallentamento economico, quali altre problematiche possono scuotere la Cina? A mio avviso principalmente la devastazione ambientalel’esplosione sociale e la richiesta di maggiore libertà e l’invecchiamento della popolazione che può essere risolto solo con un insostenibile aumento demografico, e non per ultimo, l’azione strategica dei servizi segreti americani che probabilmente vogliono replicare in Cina la strategia della Primavera Araba. Fatta questa premessa, sorrido pensando alla grandissima parte degli analisti che immaginano un futuro dominato dalla nuova superpotenza cinese. Prevedere l’andamento storico in maniera lineare e direttamente proporzionale è assurdo ed ingenuo ed infatti l’attualità smentisce costantemente ogni previsione. In questo blog, invece, l’analisi lineare e banale non fa per noi, il nostro obiettivo è cogliere i segnali che mostrano i veri cambiamenti in atto. In questo articolo, vogliamo parlare del fatto che la Cina è troppo grande per rimanere unita. 

La Cina, innanzitutto, non è così omogenea come l’occhio occidentale vuole vedere, ma, al suo interno, ha una diversificazione etnica e linguistica incredibile, anche all’interno della stessa etnia dominante: Han. Infatti, la lingua parlata in Cina, il Mandarino Standard, è usata più che altro come lingua franca tra persone che parlano lingue diverse, un po’ come l’inglese nell’Unione Europea. Ma perché sosteniamo che la Cina sia troppo grande per rimanere unita? Perché, se guardiamo con occhio attento la Storia dell’umanità, vediamo come i più grandi imperi territoriali e demografici esistiti, come l’Impero Romano, l’Impero Mongolo, l’Impero Ottomano, l’Impero Brittanico, l’Unione Sovietica siano inevitabilmente crollati, come se spinti da una forza di gravità. Ma verso dove spinge questa forza di gravità? A mio avviso spinge verso forme statali che possano essere omogenee o culturalmente, o politicamente, o a livello religioso, o linguisticamente e che non abbiano dimensioni territoriali e demografiche eccessive, difficilmente governabili in maniera efficiente da un apparato centrale che non sia estremamente federale. Ed anche la Cina non fa eccezione. Grazie ad un regime repressivo e tirannico e all’ignoranza, la Cina è riuscita a crescere in maniera esponenziale negli ultimi anni, sfruttando la sua stessa popolazione e tradendo i propri ideali comunisti ma il rallentamento economico può creare un’insofferenza tale da far ribellare una popolazione da un miliardo e mezzo di persone che non si ribella seriamente dall’89. Molti sostengono che il popolo cinese sia un popolo sottomesso che pensa soltanto a lavorare, ma è proprio il cane che non abbaia che morde e sono sicuro che quando il popolo cinese, anzi i popoli cinesi si ribelleranno, la Rivoluzione Francese sembrerà una passeggiata, del resto la ferocia delle rivolte sporadiche lo dimostrano.

Quali sono i separatismi principali in Cina? Il più famoso è quello tibetano, che da anni rivendica la propria libertà appoggiato da gran parte della comunità internazionale. Altro separatismo importante è quello degli Uiguri che rivendicano l’indipendenza del loro territorio nel Nord-Ovest cinese. Credo che questi ultimi potranno avere molto importanza in un futuro scenario siriano cinese e soprattutto dato che sembra esserci un graduale avvicinamento all’estremismo islamico ed all’ISIS. Altra zona etnicamente non cinese è quella della Mongolia Interna, dove sono anche presenti movimenti separatisti. Ma come potrebbe concretizzarsi una frammentazione della Cina?

Nelle ultime settimane abbiamo visto i giovani di Hong Kong ribellarsi contro la politica antidemocratica di Pechino, se questa protesta dovesse continuare e complice il rallentamento economico e il sobillamento degli Stati Uniti, si dovesse espandere in altre zone della Cina, potrebbero formarsi dei gruppi ribelli armati oppure parti dell’esercito o del governo potrebbero unirsi alle forze ribelli come successo in Siria. E sempre guardando a Siria, Iraq e Libia, i primi paesi caduti nella Guerra Civile Globale, ma anche alla stessa Ucraina, la guerra civile da scontro ribelli-governo si trasforma gradualmente in scontri territoriali tra gruppi politicamente o etnicamente diversi. Quindi, se si dovesse manifestare una Primavera Cinese, è probabile che i gruppi etnicamente più diversi usino la debolezza di Pechino per riprendersi i propri territori in un spirale che potrebbe facilmente essere emulata da altre zone della Cina, che ora non hanno ancora serie rimostranze separatiste. La mappa che segue, è stata elaborata considerando le differenze storiche, etniche e linguistiche più rilevanti presenti in Cina. Non escludiamo, nel caso si verificasse una frammentazione, che i territori indipendenti non siano ancora più piccoli, data la grandezza demografica del dragone.
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Credo che la Cina possa esplodere socialmente negli prossimi cinque o dieci anni ed una frammentazione, data l’esistenza di differenze così marcate, può essere uno scenario probabile. Per quanto mi riguarda è difficile capire quando questo succederà ma non se succederà. Ma prima della caduta del colosso asiatico, potrebbe esserci ancora un ruolo per la Cina, ne parleremo nel prossimo articolo, in salsa un po’ più complottista: Il ruolo della Cina nel Nuovo Ordine Mondiale.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.43) 24 novembre 2014 16:08

    Spunti interessanti, ma una domanda mi sorge spontanea: in Cina ci sei mai stato? L’apparato di propaganda che sostiene il governo centrale non e’ per nulla in crisi, nazionalismo e patriottismo sono sentimenti ancora molto diffusi tra la popolazione; combinati con un impressionante miglioramento delle condizioni economiche generali negli ultimi quarant’anni, garantiscono al governo un’ottima base di consenso. Certo, la crescita economica sta rallentando, il divario tra ricchi e poveri e’ cresciuto in maniera esagerata, l’inquinamento e’ a livelli di non ritorno, la bolla immobiliare sembra dover scoppiare da un momento all’altro.... ma il "cinese medio" non passa certo le sue giornate pensando a come rovesciare il governo di Pechino: e’ molto più’ impegnato a cercare nuovi modi per fare soldi e assicurarsi un futuro economicamente migliore.

    E’ vero che la Cina e’ composta da moltissime minoranze etniche (nella realtà’ sono molte di più’ di quelle ufficialmente riconosciute dal governo), ma la stragrande maggioranza della popolazione (più’ del 90%) appartiene all’etnia Han. Ed e’ vero anche che esistono tantissimi dialetti, ma, ad esclusione degli idiomi parlati dalle minoranze, che rappresentano delle vere e proprie lingue a tutti gli effetti, si tratta, nella maggior parte dei casi, di varietà’ dialettali in uso soltanto nel linguaggio parlato. Governo, istituzioni, scuole, giornali, tv, cinema, musica, ospedali, parlano tutti la stessa lingua. 
    La questione delle minoranze e’ seria e si e’ aggravata, non c’e’ dubbio. Ma si tratta di questioni localizzate e non collegate tra loro. Per quanto riguarda l’89, il governo ha fatto un ottimo lavoro nel "far sparire" la notizia e, salvo rare eccezioni, quasi nessuno ne e’ a conoscenza. 

  • Di (---.---.---.114) 25 novembre 2014 00:52

    Sono cinese e penso di conoscere la Cina un po’ meglio di lei anche se sono cresciuto in Italia, la Cina esiste da più 5000 anni , nemmeno le potenze coloniali del secolo scorso sono riusciti a spartire la Cina e la maggioranza (più di 90% ) è di etnia han, mentre la lingua ufficiale è il mandarino , il resto è dialetto di varie parti come il napoletano , siciliano ect qui. Dire che in Cina ci sarà una specie di primavera araba è assurdo e impossibile perché la stragrande maggioranza dei cinesi è a favore del partito unico "comunista’ perché negli ultimi 30 anni ha portato il paese dalla poverta’ assoluta a un livello di benessere innimmaginabile fino a poco fa (quando i miei genitori erano bambini si dividevano un’uova in quattro parti tra fratelli e c’era carestia). Il pensiero cinese è basato sulla gerarchia e rispetto degli anziani e ispira sul confucianesimo, ciò che sperano l’occidente (stati uniti) di portare caos in cina non sarà facile perché siamo una civiltà nata prima degli usa e la democrazia che vogliono esportare non funziona in cina con 1,3 miliardi di abitanti (pensa in italia con 60 milioni abitanti non si va d’accordo su niente e i vari partiti continuano a mangiare ) meglio che mangi un solo partito che 100 e lasci mangiare anche il popolo.

    Sinceramente io nel futuro prossimo ho più speranze in Cina che in Italia sempre più in declino economico e penso che i miei figli un giorno faranno un’emigrazione all’incontrario

  • Di (---.---.---.184) 25 novembre 2014 19:39

    Non sono un esperto di Cina e questioni cinesi, ma a lume di naso l’affermazione: "se tutta la manifattura mondiale si sposta in Cina  ... omissis.. alla fine dei conti, a chi si vende se gli altri paesi più ricchi sono in crisi? " non mi pare peregrina.

    Anche perché è analoga alla considerazione che ho fatto io già dalla fine degli anni novanta, quando chiedevo e mi chiedevo; se la Fiat e tutte le grandi fabbriche si automatizzano, espellendo manodopera e producendo sempre più beni con sempre meno addetti, a chi venderanno i loro prodotti? Tutta esportazione?
    E, prendendo proprio la Fiat, abbiamo visto come è andata a finire.

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