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L’uccisione di Riccardo Magherini: l’impegno di Amnesty Italia

Si è svolta a Roma la trentesima assemblea generale della sezione italiana di Amnesty International, nel corso della quale sono stati anche ricordati i 40 anni dalla nascita della sezione italiana.

Diverse sono state le problematiche prese in esame, tra le quali il disegno di legge sull’introduzione del reato di tortura, finalmente all’esame del Parlamento, gli atti di violenza compiuti in Italia dalle forze di polizia, in varie occasioni, negli ultimi anni.

Alla cerimonia nella quale sono stati celebrati i 40 anni di Amnesty Italia sono intervenuti tra gli altri il presidente del Senato Pietro Grasso, la presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il presidente della commissione del Senato per i diritti umani Luigi Manconi.

Io ho partecipato ai lavori dell’assemblea regionale come delegato della circoscrizione Umbria e sono stato particolarmente impressionato dai due interventi di Guido Magherini, il padre di Riccardo, ucciso a Firenze il 3 marzo 2014, e nella cui morte sono risultati essere coinvolti quattro carabinieri.

Per ricordare Riccardo, mi sembra opportuno riportare alcune parti di quanto scritto da Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, nel blog “Le persone e la dignità”, pubblicato da “Il Corriere della Sera”, in occasione del primo anniversario della morte di Riccardo Magherini.

“È l’1.20 della notte tra il 2 e il 3 marzo dello scorso anno. A seguito di ripetute segnalazioni circa un uomo che grida aiuto, i carabinieri arrivano a Borgo San Frediano.

Riccardo Magherini ha avuto un attacco di panico. Non è una cosa banale. Chi ne soffre sa di cosa si tratta.

Cosa lo abbia provocato resta oscuro. È a cena in un ristorante di San Frediano, poi si reca in un hotel di piazza Ognissanti. Chiama un taxi, ma qui si impaurisce e scende. Chiede un passaggio a un automobilista, dice che lo stanno inseguendo e vogliono sparargli.

Qualcuno lo ha visto litigare con una persona su Ponte Vespucci. Il cellulare che si perde, un bossolo calibro nove di una pistola a salve che viene ritrovato qualche giorno dopo”.

“Un mese fa, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale fiorentino ha accolto la richiesta del pubblico ministero responsabile delle indagini e ha disposto il rinvio a giudizio di sette persone, quattro carabinieri e tre operatori volontari della Croce rossa, con l’accusa di omicidio colposo.

Secondo il pm, Riccardo Magherini morì per arresto cardio-respiratorio e intossicazione acuta da cocaina ‘associata a un meccanismo asfittico’: i carabinieri intervenuti per eseguire il fermo avrebbero bloccato Magherini a terra premendo con forza eccessiva sulla regione scapolare e sulle gambe. Un’azione non necessaria, eseguita quando l’uomo era già immobilizzato e in manette. Uno dei quattro militari rinviati a giudizio è anche accusato di percosse, avendo in quel frangente preso a calci Riccardo Magherini”.

“Più volte, in quei momenti, Riccardo Magherini chiese aiuto e implorò ‘Non ammazzatemi!’.

Il processo inizierà l’11 giugno”.

Il padre di Riccardo ha sostenuto, nel corso dell’assemblea della sezione italiana di Amnesty International, che il figlio non era tossicodipendente e che sarebbe morto in seguito alle percosse dei carabinieri.

Io spero che il processo accerti le reali responsabilità dei carabinieri coinvolti e che se risulteranno responsabili della morte di Magherini siano puniti nel modo dovuto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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