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L’omicidio di Sara diventa fumetto

Diversi sono gli aggettivi che si possono usare per descrivere l'opinione pubblica italiana di fronte alle vicende che attanagliano la famiglia Scazzi: allibita, sconcertata, indignata, furiosa. Basta un rapido sguardo ai link e agli status condivisi dagli utenti di Facebook per farsi un quadro mentale delle emozioni che serpeggiano tra gli italiani: chi fa tabula rasa della propria coscienza civile e inneggia alla pena di morte e alla tortura, chi augura malattie e la morìa dell'intera famiglia, chi si limita a esprimere cordoglio e pietà per la povera vittima. Ma, tra tutte, l'emozione che sorregge tutte le altre è la curiosità. Chi nasconde gli stralci di verità che ancora mancano all'appello? Sarà vero che Sabrina ha aiutato il padre Michele a stangolare Sara, impringionandola tra le sue braccia? Confesserà?

La sete di dettagli cresce implacabile, ma la materia prima scarseggia. Sabrina non confessa, si dice innocente e rifiuta sdegnata le accuse del padre. Possono i giornali limitarsi a parlare di ciò che i pm hanno riferito in conferenza stampa? Giammai! L'attenzione del lettore va stuzzicata e soddisfatta, gli si deve far sentire chiaramente in bocca il sapore del caso concluso, perché quella confessione non arriva ma gli inquirenti son convinti di esser nel giusto. E allora via all'uso di particolari privati e futili su Sabrina per riempire la pagina: la ragazza, secondo quanto riferito da Repubblica, avrebbe chiesto al suo avvocato di comprarle nel vicino Auchan un nuovo reggiseno, dato che quello che indossava al momento dell'arresto le è stato tolto perché aveva i ferretti. Un'informazione che nessun giornalista potrebbe pensare di omettere dal proprio articolo. Dovere di cronaca?


Ma il culmine viene raggiunto con la pubblicazione di un fumetto da parte del Corriere della Sera: una puntuale ricostruzione dell'omicidio, con dei somigliantissimi Michele e Sabrina Misseri. E' la riedizione cartacea dei famosi plastici di Porta a Porta?

Quando le telecamere hanno ormai scandagliato ogni piccolo centimetro dei visi dei protagonisti ed esplorato ogni anfratto della storia, rimane solo una zona d'ombra, lontano da qualsiasi obiettivo fotografico: l'omicidio. Se non può essere filmato, che sia disegnato: i lettori lo vogliono, hanno fretta di essere partecipi. Sul mercato del macabro si incontrano così la domanda di particolari e l'offerta di futilità e ridondanze inopportune.

Le persone che si muovono sul palco del teatro Scazzi grazie alla stampa perdono la loro carne, il loro sangue, il loro essere umani: la madre inizialmente fa storcere il naso per la sua reazione "fredda", poi viene accettata come "impietrita", troppo scioccata persino per piangere (come invece vorrebbe il copione del perfetto genitore disperato di fronte a una telecamera); il padre è l'uomo distrutto di poche parole; lo zio Michele è l'orco, ma ad ogni nuova verità si tramuta in possibile padre protettivo, capro espiatorio volontario; Sabrina cambia profilo più volte, da povera amica distrutta dalla perdita a gelosa rivale in amore, fino a possibile orchessa. Non sono più persone ma personaggi, carta.

Se il pubblico vuole una nuova fiction, una nuova fiction avrà. Aspettiamo con ansia le action figures dei vari personaggi per ricreare comodamente in casa l'omicidio della "cantina degli orrori".

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