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"Chiamami Karima": la salottizzazione di Ruby

Lo studio di Kalispera è scenograficamente un salotto: due poltrone intimamente disposte una di fronte all'altra, un vaso di fiorellini rosa sul tavolino, qualche lampada qua e là. L'atmosfera è quella rilassata che circonda un padrone di casa e il suo ospite: mancano solo le classiche tazze di the fumante e i biscottini al burro su un vassoio.

Nonostante questo, salta subito all'occhio che tra il salotto di Alfonso Signorini e il nostro corre una differenza fondamentale: manca una parete. Come in una scatola lasciata aperta su un lato per permettere di sbriciarci dentro, Signorini vuole dare allo spettatore la sensazione di aver messo il naso in una discussione spontanea, sincera, priva di copione. Tra un'inquadratura e l'altra spuntano le sagome degli spettatori, come tante piccole ombre nascoste ad origliare. Il salotto di Kalispera non ha la quarta parete perché continua oltre il nostro schermo

Questa descrizione non è fine a sé stessa. Se dovessimo riflettere sulla puntata di Kalispera in cui il padrone di casa ha intervistato Ruby Rubacuori, dovremmo partire proprio dalla parola "salotto".

Di fronte al polverone sollevato dal presunto Bunga Bunga del presidente del Consiglio, l'opinione pubblica inizia a storcere il naso, mondo cattolico in primis. I rimedi tentati finora, le solite cartucce delle varie voci del Pdl, non hanno centrato il bersaglio: a poco serve ricordare che "è meglio il bunga bunga con le donne che essere gay come Vendola", e ancora meno cercare di rinchiudere un'inchiesta giudiziaria dentro la scomoda etichetta di "scandalo". Se sminuire non basta, facciamo di meglio: "salottizziamo" Ruby.

E' la premessa dell'intervista a suggerirci quale sarebbe stata la prossima mossa sullo scacchiere: "Preferisci che ti chiami Ruby o Karima?" chiede Signorini. "Karima" è la risposta della ragazza, dopo qualche secondo di riflessione. Lo scambio di battute non è casuale, se lo stesso Signorini ci ritorna così volentieri, qualche minuto dopo, per sottolineare come sia rimasto piacevolmente colpito dalla scelta della giovane di usare il suo nome vero invece di quello d'arte. "Perché Ruby non ti rappresenta del tutto e, in fondo, gli italiani non conoscono Ruby". E allora, conosciamola. O, per esser più precisi, ricostruiamola.

Alfonso Signorini fa le veci di un maestro premuroso che ci prende per mano per mostrarci la verità. Con grande sensibilità riesce a capire che il bisogno più pressante degli italiani (o solo di alcuni?) è di conoscere la vera Karima, quella che rimane una volta tolta la patina un po' vamp della "Ruby". E, pronto come una crocerossina, corre in nostro aiuto. 

Prima di tutto, cerca di levare la volgarità che il nome "Ruby" ha accumulato in questo periodo polveroso. Ruby è un nome scomodo, nell'immaginario collettivo è oramai associato al mondo delle escort. Occorre lavarlo per bene e donargli una patina di verginità. La storia della coniazione dello pseudonimo si presta perfettamente allo scopo: Ruby non è altro che il personaggio di una telenovela, una donna determinata a raggiungere i propri obiettivi nonostante il cammino si presenti irto di difficoltà. Che sia vero o no, sembra proprio il copione delle vite tanto amate dal pubblico femminile italiano e che riempiono i salotti delle varie Caterine Balivo e Barbare D'Urso: donne che si riscattano, donne che superano gli ostacoli con la forza della loro femminilità e intelligenza. Primo obiettivo: puntare sull'emotività del pubblico femminile.

Secondo obiettivo: fare di Ruby una figlia d'Italia. La Ruby bambina, le sue origini, i suoi genitori, la sua invidia per le famiglie felici piuttosto che per le borse Louis Vuitton. Qui l'intervista disorienta lo spettatore critico: sarà vero ciò che si racconta? Non credendoci si rischia di peccare di eccessivo cinismo, credendoci si ha la sensazione di esser presi un po' per il naso. La finta intimità del salotto dovrebbe fugare il dubbio, che invece permane.

Il risultato che ci suggerisce Signorini è molto semplice: esiste una Karima, oltre gli occhi dipinti di kajal di Ruby, che è stata bambina come quella vostra figlia che disegna tranquilla nel tepore del vostro salotto. E' una bambina che porta ancora le sue cicatrici, che si è difesa dal dolore creandosi una doppia personalità, imparando a dire bugie. Chi lo sa quando mente? Noi nel mentre vogliamole bene, in fondo potrebbe essere nostra figlia.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.66) 22 gennaio 2011 11:40
    Damiano Mazzotti


    Care italiane e italiani, avete eletto o lasciato eleggere (per colpa dei falsi politici di sinistra) l’importatore di telenovelas... E l’intortatore di mamme e nonne semi-analfabete o giù di lì...

    Adesso vi tocca la trasmissione "Berlusconi For Ever". Fino a che Madre Natura non ci separi.

  • Di paolo (---.---.---.118) 22 gennaio 2011 11:44

    No ,potrebbe essere la figlia di Alfonso Signorini , se ovviamente potesse essere mamma .

    Per quel pochissimo che ho visto , più che altro per spezzoni qua e là ,deve essere stata una operazione di marketing di bassissimo livello ,come altro non poteva essere trattandosi di un re del gossip " sui generis " alla corte di Silvio Berlusconi .
    Mi chiedo cosa sarebbe successo se un’operazione del genere l’avesse fatta Santoro a parti rovesciate ,mentre è in corso un’ indagine della magistratura per reati gravissimi. 
    Da rimanere allibiti.
  • Di Elisa Lai (---.---.---.128) 22 gennaio 2011 12:21

    Io l’ho trovato un tentativo ( che personalmente direi mal riuscito, ma non voglio sottovalutare il pubblico che pende dalle labbra dei teleimbonitori) di "mercificare" l’oggetto di scandalo, trasformandolo da patata bollente in carta vincente. Hanno proprio scavato per portare alla luce la Ruby umana "vendibile" come personaggio da fiction, per insinuare il tarlo del dubbio nell’opinione pubblica. Come se volessero giocare a braccio di ferro con la morale cattolica: sì, è una prostituta e capisco che tu ti indigni, ma attenzione a non perdere di vista la sua sofferenza. Hanno cercato di spostare il problema dal giudiziario all’umano per suscitare compassione, nel vero senso del termine. 

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.254) 22 gennaio 2011 14:45
    Damiano Mazzotti


    Concordo con Elisa Lai... Lele Mora è molto abile a fare il suo lavoro... sporco... cosa facile in un paese come l’Italia, pieno di certi maschi e di certi politici che hanno solo un paio di cose in testa...

    I più limitati non arrivano a vedere le cose al di là delle dimensioni del proprio pisello...

    I più avveduti riesco a vedere solo ciò che non va al di là delle dimensioni del conto bancario...

    E grazie al perdonismo cattolico romano fanno la figura di essere più "umani" loro, rispetto alla "lapidazione mediatica" degli altri...

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