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L’olografia del fascismo

Nel 1947, il fisico Dennis Gabor introduceva i fondamenti matematici dell'ologramma: ossia di un metodo suscettibile di produrre immagini tridimensionali. Esso consiste nel fotografare l'oggetto considerato non illuminandolo normalmente con la luce, ma con un raggio laser.

La stampa che se ne ottiene, appare formata da un complesso di onde informi. Solo dopo aver illuminato il negativo con il laser, si materializza un'immagine provvista degli attributi morfologici originali.

L'aspetto più interessante di questa metodica non consiste nella effigie in sé, quanto nel fatto che l'ologramma così ottenuto si presta a essere diviso in più parti, ciascuna delle quali ne riproduce l'immagine completa.

Dividendo in due parti una fotografia, otterremo due mezze fotografie; dividendo in due parti un ologramma, avremo invece due ologrammi completi. Infatti, ogni ologramma può essere diviso in moltissime parti: le immagini che ne deriveranno appariranno sempre complete; soltanto che, quanto più piccola sarà la porzione considerata, tanto meno nitida risulterà la sembianza.

Bohm e Hiley introdussero l'elemento comune riscontrabile tra il concetto di ologramma e l'interrelazione dell'intero universo, rendendo di conseguenza possibile la formulazione della “Teoria Olografica dell'Universo”. Secondo questa Teoria, tutto l'universo recherebbe l'informazione di ogni sua parte; e, ciascuna di esse, racchiuderebbe l'informazione dell'intero universo.

Ilya Prigogine, fisico della Scuola di Bruxelles, premio Nobel nel 1977, assimila gli organismi viventi a “strutture dissipative”, dal momento che esse si pongono in relazione di dinamico scambio energetico fra l'ambiente interno ed esterno, al fine del mantenimento della struttura. Il continuo movimento energetico del sistema, comporta la comparsa di fluttuazioni. Quando queste raggiungono il livello critico, lo stesso si perturba. Aumentando la frequenza delle interazioni al suo interno, il sistema risulta sempre più agitato. Gli elementi della nuova struttura entrano in contatto reciproco, assumendo nuove connotazioni morfologiche e stabilendo eterogenee connessioni. A quel punto, le singole componenti si riorganizzano verso una nuova globalità e il complesso trasla verso un ordine più elevato.


Se trasferiamo questi concetti nell'ambito sociopolitico, si evincono agevolmente le ragioni che stanno alla base dell'odierno degrado istituzionale. Come abbiamo visto, olograficamente non ricorrono differenze fra l'operato dei governanti e quello dei governati. Solo che, mentre ai vertici la situazione si percepisce in maniera più netta, degradando verso la base ne deriva un'immagine che, pur seguitando ad apparire completa, si mostrerà sempre meno nitida. Infatti, se da un lato le responsabilità dei politicanti si colgono più chiaramente, dall'altro quelle del singolo cittadino si percepiscono in maniera più sfocata.

Di conseguenza, se è vero che l'Universo contiene l'informazione relativa a ciascun suo componente, è altrettanto vero che i vertici governativi riproducono l'informazione trasmessa dalla base che li ha espressi. E, dal momento che questo è di obiettiva derivazione, c'è da ritenere che, in larga misura, gli italiani abbiano ormai inscritto nel proprio genoma l'aberrante informazione derivante dall'esperienza fascista. È altrettanto evidente come essi poi, in maniera più o meno consapevole, abbiano riprodotto e proiettato specularmente nei loro governanti quella dinamica genetica. Depongono in tal senso anche gli studi condotti finora nell'ambito dell'epigenetica. Il che spiega perché, nonostante le ferite ancora aperte da quella nefasta esperienza, e nonostante il suo tragico e continuo riaffiorare nella storia repubblicana, tuttora, presso larghi strati della popolazione, seguiti più o meno consapevolmente a riproporsi l'eco di quella sventura attraverso l'elezione agli incarichi pubblici di individui o flagrantemente collusi con il passato regime, o comunque nostalgici di quel periodo.

Correlando tutto ciò con gli studi di Prigogine, si rende ancor più evidente perché il costante e manifesto operato dell'attuale governo, in netto contrasto con le reali esigenze della base, porti alla comparsa di continue e sempre più stridenti fluttuazioni sociali. Quando queste raggiungeranno il valore di soglia, che nella contingenza è assai prossimo, a quel punto, proprio come previsto per tutte le strutture fisiche, uomo compreso, il sistema si perturberà. Allora i conflitti sociali diventeranno particolarmente laceranti, e, alla terrificante prodromica violenza delle parole e dei comportamenti dei politicanti, seguirà l'inevitabile violenza fisica manifestata dalla gente. La quale, però, sarà una violenza solo virtualmente peggiore di quella che l'avrà scatenata. Perché, in effetti, ne sarà la diretta promanazione. A quella sconvolgente interazione sociale seguiranno nuovi soggetti, nuovi equilibri e soprattutto nuove idee. Superata quella fase, le parti in causa si riorganizzeranno, esprimendo nuovi equilibri. E, solo allora, il sistema potrà assestarsi in un ordine più elevato.

A questo punto, sorge però un problema di non facile soluzione. Viene infatti da domandarsi: perché, mentre ogni altra componente universale ottempera sistematicamente a tale regola, nel caso dell'uomo questa costante si comporta sovente come una variabile? Perciò, si profila il concreto rischio di assistere non a un progresso, ma a un riadattamento involutivo del sistema. Come del resto la storia dimostra.

“Il proposito di abolire il passato fu già formulato nel passato, e paradossalmente, è una delle prove che il passato non può essere abolito. Il passato è indistruttibile: prima o poi ritornano tutte le cose, e una delle cose che tornano è il progetto di abolire il passato”. Questo lo scrive Borges, nel saggio su Nathaniel Hawthorne.

D'altra parte, cosa è il pensiero? È indubbiamente l'unità di quanto dell'uomo. È perciò un'idea. E non è verbale! Esso è quell'apparente e debole impulso proveniente dalla nostra consapevolezza, che ci motiva in tutti i sensi. Per questo, pensando, produciamo molecole che non provengono soltanto dal nostro cervello, ma dall'intero organismo. Non a caso, la Bibbia ammonisce: “Come pensi, così sarai”. Difatti, la maggior parte degli italiani pensa, o crede di farlo, rimuginando in realtà soltanto i suoi pregiudizi, nella maniera espressa dall'attuale compagine governativa, e dunque non ha tutti i diritti di lamentarsi, neppure soltanto a parole, di quel che più o meno consapevolmente ha meramente reiterato.

Il filosofo greco Eraclito disse che non si può camminare nello stesso fiume due volte, perché c'è acqua nuova che scorre. Si stima che la persona media produca circa 60.000 pensieri al giorno. Quello che sconcerta, è che quasi il 90% di quei pensieri siano purtroppo gli stessi del giorno precedente. Il che vuol dire che si seguitano a creare nuovamente gli stessi modelli di energia e quindi i medesimi moduli socioantropologici. Ne consegue che la soluzione di questi problemi dovrebbe essere sempre cercata all'interno di ciascuno di noi, e non fuori. Le risposte le abbiamo dentro. Il fiume della vita scorre fra le sponde del dolore e del piacere. Non dovremmo perciò impantanarci in una delle due rive. Dovremmo mantenerci al centro del fiume. Purtroppo, le idee cambiano molto lentamente; non cambiano fino a che i vecchi non muoiono uno dopo l'altro e i giovani non si accingono a esprimere le loro idee. Quando ci si renderà conto che il mondo è rotondo, non potremo più considerarne i lati. Perché quella non sarebbe la risposta. Quando la gente si renderà conto che la terra è rotonda, allora forse sarà possibile un reale mutamento di paradigma.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.26) 7 febbraio 2013 11:44

    Sig. Tucceri, il suo articolo è scritto con uno stile notevole ma non sono sicuro di aver colto adeguatamente ogni concetto.

    Se il punto è rigenerare le proprie idee, e non avere preconcetti, allora sono con lei.

  • Di (---.---.---.52) 7 febbraio 2013 15:39

    La prima parte dell’articolo mi è piaciuta.
    Quando però l’autore si avventura nel campo sociologico e politico, tentando di applicare le stesse regole matematiche alle attività dell’essere umano, è costretto a basare l’assunto su affermazioni non suffragate da prove scientifiche e cade inevitabilmente nello schematismo e nella pseudo-scienza.
    Faccio un esempio: prendiamo l’affermazione "Quello che sconcerta, è che quasi il 90% di quei pensieri siano purtroppo gli stessi del giorno precedente."
    Ammettiamo pure che tale proporzione sia effettivamente corretta ed universale (Come è stata calcolata? Vale per tutti indistintamente? E’ una costante, cioè non muta da un giorno all’altro? E’ indipendente dalle circostanze e da condizionamenti esterni o interni?).
    Perchè dovrebbe essere purtroppo sconcertante? A parte il fatto che in tal caso i nostri pensieri sarebbero completamente rinnovati nel giro di poco tempo, mi sentirei di dire che sarebbe una sventura se, viceversa, la proporzione fosse invertita. Non si riuscirebbe a seguire mai un filo conduttore nelle nostre azioni!
    La verità è che il vero progresso è frutto di piccoli, a volte minimi cambiamenti ottenuti con tanta costanza e fatica e necessita di conferme che spesso appaiono come il classico procedere a tentoni: due passi avanti e uno indietro.
    rBle

  • Di Piero Tucceri (---.---.---.181) 7 febbraio 2013 19:37

    Non mi avventuro in nessun campo: quel che riporto deriva da apposite ricerche scientifiche. Ne serve qualche esempio?
    -Science, 258 (1946-99, 1952-55);
    -Proceedings of the National Academy of Siences,UCLA School of Medicine;
    -Chopra Deepak, M.D., "Quantum Healing", Banton Books, 1989;
    -Allen Michael: "Spinothalamic Tract and Therapy Localization. Collected Papers Winter Meeting, 1990-91.
    Qualora questo non bastasse, ci sarebbero anche le ricerche condotte al riguardo presso le università dell’Ohio o di Miami o nel MIT( Dipartimento per lo studio e la salvaguardia della salute).

    • Di (---.---.---.52) 7 febbraio 2013 20:13

      Benissimo. A questo punto, non avendo la possibilità di consultare (e, direi, anche di comprendere) quelle prestigiose pubblicazioni che lei cita, le chiedo cortesemente di indicare chi, dove, come e quando si è potuto misurare senza ombra di dubbio che i nostri pensieri variano ogni giorno solo del 10% (che bella cifra tonda, poteva essere 11% o 9%, o chissà), e che questo è vero in ogni essere umano indipendentemente dalle condizioni sociali e contingenti, vero per l’uomo civilizzato come per il boscimano.
      Mi piacerebbe anche sapere quali conclusioni i ricercatori hanno tratto da questa scoperta, e cosa la porta a ritenere che questa sia una limitazione ed una sventura.

  • Di Piero Tucceri (---.---.---.139) 7 febbraio 2013 21:47

    Gentile signore, gli studi che le ho accennato depongono in questo senso. Personalmente non li ritengo né sventure, né altro. Da essi emergono determinati risultati. Se a lei questo non sta bene, non posso farci nulla. Se poi vuole avere informazioni più dettagliate, non ha altro da fare che accedere alle relative fonti, che in parte le ho anche riportato.

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