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L’incidente nel Golfo del Messico può trasformarsi in un danno ambientale di proporzioni planetarie?

Partiamo da una semplicissima constatazione: la nostra vita dipende dall’ossigeno libero presente nell’aria, quello cioè che noi creature terrestri siamo in grado di utilizzare. Questa puntualizzazione è subito necessaria per chiarire che altre creature, quelle marine, utilizzano invece l’ossigeno chimicamente legato nella molecola dell’acqua.
 
Da due miliardi di anni, il fitoplancton presente negli oceani ha prodotto ossigeno ma, all’inizio, data la sua alta reattività e la presenza negli antichi oceani di sostanze allo stato ridotto, buona parte di esso venne consumato in processi di ossidazione, mentre da circa 1,8 miliardi di anni fa, quando le acque degli oceani ne furono sature, esso cominciò a sfuggire nell’atmosfera.
 
Da allora l’ossigeno si è accumulato nell’atmosfera , per raggiungere l’attuale livello (circa 20%), a partire da 400 milioni di anni fa, formando negli alti strati la fascia di ozono capace di ridurre notevolmente le radiazioni ultraviolette nocive per i viventi. Questo favorì il passaggio da un metabolismo primitivo, la fermentazione, ad uno più efficiente, la respirazione aerobica e di conseguenza dai procarioti anaerobi agli eucarioti unicellulari aerobi obbligati, ed infine all’evoluzione di piante e animali come li conosciamo oggi.
 
E’ ovvio quindi che è necessario per il Sistema Terra che la quantità di ossigeno libero presente in atmosfera rimanga costante, cioè sia salvaguardato l’equilibrio tra l’ossigeno prodotto e quello consumato. Esso viene prodotto da due processi: la fotosintesi ossigenica e la fotolisi dell’acqua (ma in piccola quantità), mentre viene consumato in attività biologiche e geologiche.
 
Queste attività comprendono la respirazione, l’alterazione superficiale delle rocce affioranti, come l’ossidazione del ferro e di altri elementi, l’ossidazione dei gas ridotti emessi nelle emanazioni vulcaniche (ammoniaca, acido solfidrico), l’ossidazione di gas ridotti e ioni in soluzioni di origine idrotermale, oltre all’ossidazione di prodotti di origine antropica (ossidoriduzioni nella biosfera).

Uno dei principali produttori di ossigeno libero atmosferico è il fitoplancton presente negli oceani e nei mari.
 
Per fitoplancton si intende l’insieme degli organismi autotrofi fotosintetici presenti nel plancton, ovvero quegli organismi in grado di sintetizzare sostanza organica a partire dalle sostanze inorganiche disciolte, utilizzando la radiazione solare come fonte di energia.
 
Il fitoplancton si trova alla base della catena alimentare nella stragrande maggioranza degli ecosistemi acquatici.
 
Principali organismi costituenti il fitoplancton sono:
 
cianobatteri
proclorofite
cloroficee
criptoficee
crisoficee
dinoflagellati
diatomee
 

Il riscaldamento del pianeta provoca una consistente riduzione del fitoplancton marino. E’ quanto afferma un gruppo di oceanografi americani in un articolo apparso su "Nature" che riporta i dati raccolti mediante un sensore satellitare NASA (Sea WiFS) dal 1997 al 2006. Poiché il fitoplancton è responsabile della metà dei processi fotosintetici che si svolgono sul nostro pianeta, una sua diminuzione determinerebbe un brusco decremento della fotosintesi mondiale e quindi dell’organicazione dell’anidride carbonica atmosferica.
 
Ma la vicenda di questi giorni dell’affondamento della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP e la conseguente fuoriuscita di greggio dal pozzo sottomarino ha riproposto un tragico interrogativo sulla portata della catastrofe ecologica in atto. In poche parole nel Golfo del Messico, da una profondità oceanica di circa 1700 metri sta fuoriuscendo in maniera copiosa petrolio greggio (mille barili il giorno?) senza che per ora o per i prossimi giorni sia possibile arrestarne la perdita. I danni ambientali provocati da questo enorme chiazza di petrolio che sta per raggiungere le coste della Louisiana e del Missouri sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, ma in che modo ed in quale quantità verrà distrutto il fitoplancton? E questa riduzione provocherà una conseguente diminuzione di ossigeno libero in atmosfera? E con quali conseguenze? 
 
Tutte domande che mi sono posto e che ovviamente giro all’attenzione di persone competenti per arrivare a comprendere se questo incidente può avere conseguenze ambientali di rilevanza planetaria.
 
 

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