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 Home page > Attualità > Società > L’identità in tumulto

L’identità in tumulto

Questa riflessione prende spunto da un intervento di Stefano Rodotà all’Haute Ecole des Etudes en Sciences Sociales il 10 febbraio 2016 sul tema dell’identità in tumulto.

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MDLSX
Silvia Calderoni nello spettacolo della compagnia Motus.

Intro: Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini.​

Il tema della molteplicità dell’identità è antico, da sempre sviscerato nella storia dell’arte e del pensiero. In uno dei suoi pezzi più potenti ed enigmatici, The man who sold the world, David Bowie incontra un altro se stesso che non conosce. Anni dopo raccontò di aver scritto questa canzone in un momento in cui stava cercando una parte di sé ignota; da giovane ci sono dei pezzi di te che non hai ancora messo insieme, dirà, e senti l’urgenza di cercarli, di scoprire chi sei davvero.

L’identità è costruzione continua, mai conclusa; credere il contrario è tradire se stessi. Scrive il poeta Michele Mari:

Coincidere con chi si è diventati

credendo sia saggezza

è il più facile dei tradimenti

perché il suo castigo è nella pace

 

Profilo ergo sum

La novità dei nostri tempi non è la ricerca di un’identità, ma la sua continua negoziazione e mercificazione. Ai tempi di internet 2.0 siamo oggetto di uno sguardo virtuale che genera controllo, discriminazione, stigmatizzazione sociale; obiettivi già perseguiti in passato con mezzi in apparenza più violenti, ma meno raffinati e precisi.

Come avviene questo controllo? Attraverso la costruzione di un “profilo”. La profilazione dell’identità non giova solo al mercato, che può così controllare i gusti ed è in grado di prevedere (e orientare!) le preferenze di ognuno. La profilazione è utile anche agli apparati di sicurezza pubblica: il nuovo modo di costruire le “classi pericolose” è il profilo, non come specchio di realtà ma come anticipazione di comportamenti futuri.

Il profilo di un individuo, insomma, lo rende oggetto di un controllo sia economico (del mercato) sia sociale (dello stato).

Quale controllo abbiamo noi su questa identità? Praticamente nessuno: la sua costruzione è affidata a processi automatici, algoritmi dal funzionamento sconosciuto. L’identità non è fondata sulle preferenze del soggetto, ma sull’atteggiamento che gli altri hanno nei suoi confronti, in altre parole quante volte una certa informazione che lo riguarda viene richiesta dagli utenti.

Chi possiede questi dati? Mark Zuckerberg ha dichiarato che “la privacy è finita come regola sociale”. Che Mister Facebook non sia un sociologo lo sappiamo, quel che voleva dire è semplice: le vostre informazioni sono mie e ne faccio ciò che voglio.

 

La riconquista di sé

Come riconquistare un briciolo di potere sulla propria identità? Alcuni modi ci sono offerti dal diritto, quando agisce da forza emancipatrice al servizio dei bisogni della società e non da apparato conservatore dello status quo. È possibile, ad esempio, rivendicare il diritto all’oblio: se le mie informazioni non interessano più a nessuno, ho il diritto di renderle inaccessibili a chiunque al di fuori di me (come dimostrato da una recente sentenza della Corte europea di Giustizia). 

Ma come tutelare se stessi senza procedure giuridiche, nella vita di tutti i giorni? La risposta è complessa. In ogni caso, la soluzione non può essere l’isolamento dalla società, non oggi che la persona si definisce innanzitutto in relazione con un’ambiente, fatto sia di altre persone sia di oggetti intelligenti. È forse proprio da questa relazionalità che si deve ripartire: dalle reti di scambi, legami, produzione di conoscenze che pur stando nel mondo creano un valore che sfugge alla logica della mercificazione. E con la consapevolezza dei rapporti di potere in cui ci troviamo implicati oggi: un potere solo apparentemente “neutrale”, più sfuggente e invisibile che mai, ma non per questo meno opprimente e violento (una vera sovrastruttura, insomma).

 

Corpi in rivolta. Riscrivere il copione

Un modo vero, concreto per inventarsi una nuova libertà oggi è la riconquista di qualcosa che non abbiamo ancora nominato, e che eppure è il primo segno della nostra presenza: il corpo. Esistono una miriade d’identità di genere, sesso biologico, orientamento sessuale che dopo essere state relegate per decenni ai margini da una società eterocentrica e intollerante oggi trovano la voce per esprimersi. Stiamo assistendo alla fine del paradigma dell’eterosessualità come apparato di controllo sociale; i corpi esclusi hanno finalmente l’opportunità di fiorire, emanciparsi, riscrivere la storia di sé e quella di tutti. Perché, come dice Bauman, “se essere individui significa essere tutti diversi, allora ognuno è uguale all’altro”.

(Che siate etero, bi, omo, trans o semplicemente curiosi, sessuali e politici, fatevi un regalo: andate a teatro a vedere MDLSX, il nuovo spettacolo della compagnia Motus con un’immensa, multiforme Silvia Calderoni. È una grande esperienza di liberazione.)

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