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L’assenteismo morale, quando i fannulloni sono in Parlamento

Assenteismo e fannulloni nella Pubblica Amministrazione: il trend migliora, ma non troppo, e tale incresciosa attribuzione espone a rischio anche i “lavoratori” del settore privato. Così almeno interpreto un editoriale su un noto periodico, che pare vedere la riforma del ministo Brunetta vessillo innalzato contro gli scansafatiche, soluzione finale per l’efficienza sul lavoro. L’invettiva scagliata sotto forma di norma – si legge – ha dato e darà buoni frutti. 

Basta parassiti, basta assenze da malattia immaginaria. Voglio restare in tema, certamente, e mi soffermo ancora su ciò che si apprende su altra particolare categoria di dipendenti: i politici. Di fatto, “dipendenti” dal voto elettorale, essi sono chiamati, nientemeno, a proporre, a votare le leggi.

La posizione maschia assunta nei confronti della (presunta) scarsa presenza al lavoro del dipendente pubblico non dovrebbe limitarsi, per logica, ad essere circoscritta solo al pur numeroso sotto-ambito impiegatizio. La scienza statistica ci soccorre comunque in modo decisivo: poiché, come esistono nell’universo probabili forme di vita oltre la nostra, esistono sulla terra anche altre forme di vita lavorativa, cui potremmo attribuire a tale “metodo”.

Cercando qua e là, è stato più facile del previsto rilevare un dato interessante quanto preoccupante: che l’assenteismo è fenomeno ben diffuso nelle aule parlamentari e nelle altre svariate sedi di rappresentanza collegiale e che, anche per questo, è realtà il drammatico calo di autorevolezza della rappresentanza politica.

La ragione ha bisogno dell’esempio ma non è utile tentare giustificazioni a comportamenti comunque “amorali”. Va rilevato ad onor del vero che dall’alto non corrisponde né responsabilità né rappresentatività, non si percepisce quella protensione edificante che il principio normativo invece sottende. Se prima i “pianisti” (comunque presenzialisti) pigiavano il bottone delle votazioni parlamentari anche per i propri vicini di scranno, assenti momentaneamente, immagino, ora tale assenteismo d’aula rischia addirittura di far scricchiolare la stessa impalcatura governativa.

Con tali aulici esempi non so se riusciremo a convincere la “base”, la folla di “impiegati-assenteisti” a redimersi, a pentirsi, abbandonati a se stessi, senza riferimenti etici coerenti. Qualunque norma in sé non potrà mai produrre, a mio avviso, se non in modo sanzionatorio e temporaneo, un reale senso etico. Solo intervenendo tutti, ciascuno per la propria funzione e proprio ruolo, con un convinto innovato impegno, potremo recuperare quel presupposto solido, che vale ben di più dei soliti proclami, a fondamento di una società civile. Per ora stiamo “solo” demolendo ciò che nel tempo hanno creato i nostri padri: un modello di società autorevole, degna del rispetto di tutti, di cui il lavoro è espressione.

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