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 Home page > Attualità > Ambiente > L’Ilva come caso emblematico

L’Ilva come caso emblematico

La vicenda dell'Ilva di Taranto è sintomatica di come si trattino certe situazioni e si giunga a soluzioni "inevitabili". Si lascia prima che si incancrenisca il problema, nel silenzio e nell'apatia più assoluta. Nessuno ascolta, nessuno evidenza gli appelli accorati, le urla disperate, i morti, le disgrazie, le tragedie. Al massimo un'alzata di spalle ai lamenti, o un grido di "Comunisti!" o, per argomenti anche di natura ecologica, l'accusa "siete i soliti ecologisti che dite di no a tutto!". Chi conduce la battaglia, quella che si definisce, da quasi quarant'anni. la "sinistra", poi "centro sinistra", poi "democratici". Si lascia che i problemi si incancreniscono, fino a diventare essi stessi una cancrena. E poi, pronta la soluzione. La soluzione diventa inevitabile, non c'è altra soluzione. Il risanamento costerebbe più della chiusura. Conti alla mano.

Oppure, la dove non interviene la politica, si lascia che intervenga la magistratura; che il caso diventi un caso di legalità. Nasce l'emergenza ed allora la soluzione non può che essere una ed una sola.

Il caso Ilva, un caso simile nella strategia.

L'inquinamento di questa fabbrica risale ai tempi della sua nascita. Ma era la soluzione alla povertà. Il modello di sviluppo richiedeva il sacrificio della natura. Passare dal contadino all'operaio siderurgico. Senza nessuna mediazione, senza nessun compromesso. Tutto e subito.

Fin da quando era fabbrica di stato produceva diossina, inquinamento atmosferico. I tumori, e le malattie polmonari erano all'apice nelle statistiche nazionali. Ma tutto era dovuto.

Era il prezzo da pagare per l'industrializzazione.

Al massimo si alzò qualche barriera ecologica, qualche albero ai confini della fabbrica, che in pochi anni divennero striminziti, ingialliti, morivano dopo pocho. Tutto intorno il silenzio e il fumo

Ma era il prezzo che si doveva pagare per il progresso.

Le urla, le grida divennero più alte, Le invocazioni di aiuto, le proteste per quella fabbrica che oltre a produrre ricchezza, produceva morte erano inascoltate con una alzata di spalle.

Era il prezzo da pagare per lo sviluppo

Poi arrivò il privato. Il padron Riva che all'inquinamento aggiunse anche l'alterigia del padrone privato. Fuori anche quell'embrione di sindacato, quella simulazione di organizzazione dei lavoratori. La dignità e l'umanità dovevano varcare il cancello della fabbrica. Oltre all'acciaio si producevano la palazzina Laf e l'inquinamento. Diossina e PCB. Gamlen e fanghi da scaricare in mare. Diossina e fumi di polvere di carbone da scaricare in aria.

Era il prezzo per il nuovo modello.

La politica, soprattutto quella locale, dietro migliaia di morti, dietro quelle centinaia di casi di tumore che non potevano più essere causate solo dal fumo delle sigarette o dall'ereditarietà, come ci avevano detto per tanti anni. Ed allora ha tentato di emettere qualche vagito, qualche flebile lamento subito, però, silenziato dall'interesse della produzione, del profitto. I controlli ambientali si, ma preceduti da avvisi delle prossime ispezioni!

Era il prezzo da pagare per uscire dalla crisi.

Ora è intervenuta la magistratura. Ha fatto diventare l'Ilva un caso nazionale, ma lo si affronta ancora come una guerra fra poveri. La salute contro il lavoro. O si muore per i tumori o si muore per fame. O si muore subito o lentamente per inedia.

Si è lasciato che il problema si ingigantisse che venissero eliminate tutti le soluzioni. Di fronte all'emergenza ci si trova davanti ad un bivio. La guerra è guerra fra poveri.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.124) 28 luglio 2012 15:13

    ci sono e ci faccio! E tu?

  • Di Renzo Riva (---.---.---.110) 30 luglio 2012 03:51
    Renzo Riva

    Caro Zag(c),

    C’è una trappola per talpe al seguente collegamento:


    Là poi scuoiato servirai per fare quei colli di cappotto com’era d’uso durante l’autarchia.

    Mio zio negli anni del 2° conflitto mondiale ciguadagnava bei soldini con tale attività e l’armamentario per catturare talpe come te funziona ancora meravigliosamente bene.
  • Di (---.---.---.147) 30 luglio 2012 09:28

    Cosa ci sia di diverso poi fra l’articolo che hai postato e quello chi ho scritto , io non ne vedo. Identica la trappola che il potere e il tuo omonimo ha fatto scattare contro la città. A parrte qualche numero dato a c.... ( vedi il numero degli occupati nell’aria a caldo o i consulenti esterni dati per dare enfasi alla sua ipotesi) .
    Io , ora sono qui, nella città dell’acciaio, tra i fumi e la rabbia dei cittadini, che forse hanno capito la trappola in cui sono caduti, fra le forniture Ilva dei sacchetti con fischietti e trombette per i manifestanti e i poliziotti mischiati ai posti di blocco a difendere i manifestanti . Così dovrebbero essere sempre le forze dell’ordine, così mai è stato nel nostro paese. Come mai solo in questa occasione e solo adesso?

    Poi se il piano preparato andrà in porto, come io credo, sarà un vantaggio per tutti, per i buoni e per i brutti. Chiusura dell’area a caldo , respiro per la città, accompagnamento alla pensione per i 3000 operai dell’area a caldo e sopratutto chusura a spese dello stato di una parte dell’impianto in passivo, e speculazione sui terreni bonificati per il padron tuo omonimo. E tutti vissero felci e gabbati!

  • Di Renzo Riva (---.---.---.11) 31 luglio 2012 17:56
    Renzo Riva

    Meglio Paracelso che essere come te un paraculo.


    Devo dire al partigiano della divisione lepre che oltretutto mantiene l’anonimato,
    che sarei felice chiudessero tutte le attività produttive italiane e non solo l’ILVA di Taranto.

    Vedrebbe l’anonimo innescarsi subito la danza dei tarantolari tarantini.

    Sono basito alla lettura dello sciopero dichiarato per tutto il Gruppo ILVA di 4 ore dove non riesco ancora ad intravedere la controparte; il che mi fa dire che a capo delle organizzazioni sindacali siano delle persone deficienti e soprattutto mistificatrici della realtà: confidano nella cretineria di chi rappresentano.
    Ma dove sta l’emergenza?

    L’ITALIA È MALATA
    Che assurdità fermare l’Ilva per i veleni di quindici anni fa
    Vendola è un doppiogiochista:
    sta con gli operai e coi pm, ma è colpa sua e della sua giunta se la fabbrica è stata sigillata.

    Non esiste nessun allarme diossina
    e la bonifica non serve ovvero serve solo a Vendola ed ai Verdastri che sono stati già ricompensati da un governo d’imbelli e reggicorda.
    Per ora, il governo sedicente tecnico li ha gratificati con 336 milioni,
    ma il racket del pizzo politico-sindacale non s’accontenta mai.
    Il presidente dei Verdastri ha subito messo le mani avanti lamentando che 336 milioni sono una risorsa «irrisoria», e Vendola gli ha fatto subito eco chiarendo «sono solo l’apertura di un ciclo che avrà risorse molto più cospicue».

    AVETE CAPITO L’ANTIFONA?
    Vogliono mettersi a carico del resto d’Italia.

    Questi oggi si coprono solo di ridicolo plaudendo la magistratura e,
    allo stesso tempo, solidarizzando con gli operai.

    Operai che però li manderanno a raccogliere le margherite
    di fronte al pericolo di perdere il lavoro che, sembra,
    al sindacato interessa affatto.

    Il sindacato avrebbe dovuto scagliarsi contro Vendola ed i politici regionali che,
    ad onta delle norme internazionali al riguardo dei limiti degli inquinanti in atmosfera e non,
    che si vantavano di avere fissato i limiti più restrittivi al mondo sulle emissioni di diossina, prevedendo, nel caso di superamento, proprio l’arresto degli impianti.

    Se c’è allora un vero colpevole per il provvedimento della magistratura
    è proprio la Regione Puglia con Vendola & C.

    Il sindacato pertanto dovrebbe denunciare alla magistratura i responsabili del procurato allarme e della chiusura dei reparti che tali limiti hanno imposto.

    Ma come detto all’inizio la deficienza e la correità nell’acquiescenza loro li spingerà al demagogico sciopero dichiarato di 4 ore in tutto il gruppo ILVA.
    .

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