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L’Aquila - Corvi, colombe, ermetismi

di Maria Cattini

Nella soporosa gestione dell’amministrazione comunale, prima delle dimissioni del Sindaco, i cosiddetti «corvi» avevano nidificato sugli scranni della sede consiliare itinerante, lanciando strali contro Cialente, tacciandolo di incapacità, facendolo cadere in articolate imboscate al fine di screditarne la figura, l’azione e la funzione, onde decretarne la definitiva inaffidabilità.

Ad onore del vero il povero Sindaco ha sbagliato tanto, ma è altrettanto vero che ha cercato di muoversi nei meandri degli intrighi di palazzo e della politica regionale per ottenere qualcosa per la sua città.

Qualcuno ha voluto parlare di «falchi» comunali, pronti a ghermire qualsiasi opportunità e ad approfittare di qualsiasi debolezza del Sindaco. Se fossero stati falchi avrebbero concluso anche qualche cosa di buono. Sono stati, invece, solo ed unicamente «corvi». Basterebbe riguardare una foto di repertorio di una qualsiasi seduta consiliare e ci si accorgerebbe che sono paragonabili solamente ai «corvi»: stravaccati sulle poltrone con un qualsiasi giornale tra le mani, magari di qualche giorno prima, sonnecchiano con la testa appoggiata ad una mano, ma con uno sguardo torvo, penetrante, osservano tutte le mosse del Sindaco, del distratto presidente del consiglio e di tutti gli altri consiglieri, carpendo ogni utile notizia che possa essere utile al proprio tornaconto. Non muovono una paglia. Non esiste comunicativa tra loro. L’ordine del giorno è un optional. Singolarmente non colloquiano per paura che si possano scoprire le trame per far cadere il Sindaco.

Questa volta, però, Cialente li ha beffati tutti. Ha giocato d’anticipo annunciando le proprie dimissioni irrevocabili, si fa per dire. In parole povere, ha scombinato i piani di quei consiglieri che, avendo ottenuto delle promesse per la definizione di alcune particolari pratiche, pensavano di gettare a mare Cialente e di addossargli anche le responsabilità di quelle manovre che avrebbero potuto essere benissimo portate in porto.

Cialente, invece, si dimette, fino al 28 marzo, e non si ferma. Si concede il lusso di menare schiaffi morali e politici a destra e manca. Assume una posizione che avrebbe dovuto studiare ed attuare molto tempo prima, anziché fare da parafulmine a chi non ha interesse alcuno alla ricostruzione della città, ma guarda, attentamente, solo al proprio tornaconto.

Nello stesso momento in cui il Sindaco, defenestrato dai «corvi» anche del suo partito, si è dimesso, cosa succede? I «corvi» subiscono una vorticosa metamorfosi. Si trasformano tutti in «candide colombe», corteggiando spudoratamente Cialente, maggioranza e minoranza all’unisono, per indurlo a ritirare le dimissioni. Sono gli stessi «corvi», oggi «colombe», che si adoperano freneticamente in tal senso, per poter giungere al termine del mandato elettorale con tutte le 'praticucce' sistemate a dovere, alla faccia dei terremotati del cratere sismico.

La prima metamorfosi la subiscono in ventuno consiglieri, pronti a sottoscrivere la richiesta di revoca delle dimissioni e la dichiarazione di assoluta fedeltà alla coalizione politica in via di costituzione. Anche la minoranza recita la propria parte per cercare di mettersi in mostra, nelle vesti di salvatrice della intricata vicenda comunale tirando fuori dal cappello il pastrocchio delle larghe intese. Il tentativo, privo di ogni consistenza di programmazione politica, è miseramente fallito sul nascere.

Ora la questione si sposta, a ben vedere i sondaggi che impazzano tra i corridoi della stanze dei bottoni: in questa situazione agonizzante non sarebbe stato meglio puntare decisamente alla nomina di un commissarioIn tanti malignano ma non si azzardano a sottoscriverlo. E nelle stesse stanze, ma sarà fantapolitica, aleggia il venticello della maldicenza che ci porta notizie di trattative romane del Sindaco per nominare lo stesso Cialente commissario. E' l'ultimo «dice che» nostrano.

Ed ecco che i «corvi» si trasformano magicamente in candide «colombe». Non è stata una scelta scaturita da un ragionamento passionale politico, da un irrefrenabile dovere verso la difesa della città. Hanno fatto il gioco dei maneggioni e degli «ermetici» commissari alla ricostruzione, che, abbarbicati al loro silenzio più assoluto, all’indifferenza per le sorti dei terremotati e della città, navigano per l’etere alla ricerca di validi suggeritori, con la speranza di non trovarli mai, per definire i criteri di ricostruzione dei Comuni del cratere. Ma poi siamo seri … non hanno alcun interesse di portare a termine la ricostruzione, in maniera che i lauti compensi commissariali continuino a correre.

Alla luce dei fatti, la carta sottoscritta dalle ventidue o ventuno apparenti «colombe» non costituisce per Cialente una valida, sincera e trasparente garanzia di gestione dell’esecutivo e della coalizione consiliare del comune dell’Aquila, perché, se si esaminano attentamente i fatti nella cronologia e nei contenuti in cui sono avvenuti, si potrebbe giungere ad una sola conclusione. Nel caso di ritiro delle dimissioni non si rafforzerebbe affatto la posizione di Cialente, anzi, sarebbe prigioniero, a tutti gli effetti, proprio di quelle «colombe» che, alla prima seduta consiliare, tornerebbero decisamente a nidificare sugli scranni del consiglio comunale proprio come «corvi», perché questa è la loro vera natura, alla quale non rinunceranno mai.

Il «commissario» come panacea o meglio come male minore non convince fino in fondo. Sono più propensa a credere che un Sindaco con gli 'attributi', adottate le opportune accortezze, dopo aver indossato una forte e pesante corazza, potrebbe traghettare l’amministrazione fino alla scadenza del mandato elettorale, anche per dissipare le speranze dei «commissari» di poter restare in sella fino alla nomina del «novantanovesimo» commissario, onde strangolare definitivamente questa città fino alla completa distruzione.

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