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 Home page > Tribuna Libera > L’Altrove e la destra che non c’è

L’Altrove e la destra che non c’è

Non è la destra quella che ha governato il paese questi anni: è un coagulo di autoritarismo, localismo, personalismo e populismo che  rispetto alla tradizione politica dell’occidente rappresenta l’Altrove.

E’ un grumo maligno, un tumore cresciuto dentro il tessuto della nostra democrazia, in cui si è coagulato tanto, se non tutto, il peggio dell’Italia.

 

Una mistura eterogenea il cui collante è costituito dalla sfiducia nei confronti della Repubblica Italiana e da un’ideologia vaga, confusa, ma sempre e in ogni caso anti - libertaria.

E’ l’anti – Italia, quella che si ritrova dentro di questo altrove, soprattutto ora, quando Fini ed i suoi paiono esserne usciti; un’anti –Italia, anti-nazionale nella sua componente leghista e anti – repubblicana oltre che anti - statale nella sua componente berlusconiana, che si è guadagnata innanzitutto – e quello che si sta venendo a sapore delle stragi di mafia degli anni 90 dà a questo innanzitutto un sapore amarissimo – il sostegno di chi contro l’Italia e lo Stato lotta da sempre e di chi nell’Italia ha smesso di credere; della mafia e della borghesia para-mafiosa del sud e dei leghisti del nord.

Votano poi per la pseudo-destra tanti – quasi, ma non tutti – degli anti-libertari: i fautori di una società chiusa, tenuta assieme dai divieti, che hanno paura del nuovo e del moderno quando non sia ridotto ad essere semplice gadget tecnologico.

Racchiude, l’Altrove di governo, anche tanta parte di un’Italia spaventata che è caduta nella spirale delle proprie stesse paure.

Cittadini che temono la criminalità – e questo, va sempre ripetuto, nel secondo paese più sicuro d’Europa – e votano per chi vorrebbe limitare le possibilità d’indagine della magistratura e taglia i fondi alla polizia; italiani che hanno una paura epidermica dello straniero e del diverso – siamo comunque uno dei paesi sviluppati col più basso numero d’immigrati, anche questo va sempre ricordato – e che vorrebbero che la Romania non fosse mai entrata nell’UE, ma che votano per chi in Europa vorrebbe fare entrare la Turchia.

Votano Berlusconi le tante, tantissime, vittime del più potente e capillarmente diffuso apparato di disinformazione della storia.

Si presta attenzione a quel che dicono i telegiornali, e certo l’informazione televisiva ha una grande importanza nella formazione delle decisioni di voto, ma è tutta la programmazione televisiva, dal reality – i più irreali tra i programmi – alla pubblicità a trasmettere un sistema di valori, di bisogni e, più in generale, una visione della società e del mondo.

Può fare di tutto la televisione nel paese più ignorante dell’OCSE.

Per tanti italiani, che non leggono nulla o quasi, la televisione è l’unica fonte non solo di notizie, ma anche d’idee. E’ quello che conoscono del mondo, a parte le vie del proprio quartiere e un pezzo di spiaggia ad agosto, se sono fortunati. E’ la compagna dei loro giorni e la loro finestra sulla realtà, ma anche il loro insegnante di storia – e allora possono arrivare a credere che l’Italia sia stata governata dai comunisti per un cinquantennio -, d’educazione civica, - e possono ingollare l’assurdità di un presidente del Consiglio che si lamenta perché non può fare le leggi; come se il meccanico dicesse che non può fare l’elettricista - e di qualunque altra disciplina: di tutto sanno solo quel poco che passa in televisione, e su quel poco la pensano come la televisione, con i suoi modi subdoli, dice loro di pensare.

Con un simile strumento in mano diventa facile non solo convincere le vecchine che Silvio Berlusconi - sembra una barzelletta – sia un baluardo dei valori tradizionali della società italiana e che Romano Prodi sia un cosacco senza Dio, ma anche indurre tanti borghesi, piccoli e meno piccoli, a credere che sia davvero possibile una politica di riduzione del carico fiscale quando, a causa delle follie economiche dei padrini politici di Silvio Berlusconi, dobbiamo servire un debito pubblico enorme.

Basta affrontare questa questione per capire fino a che punto sia disinformato il paese.

I comunisti hanno rovinato l’Italia, mi hanno detto e ripetuto decine, centinaia, di volte in Lombardia e in Veneto; per loro è un dato di fatto e i più preparati hanno anche una data per questo: il 1970, l’anno in cui fu introdotto lo statuto dei lavoratori.

Che il debito pubblico negli anni 70 sia rimasto sotto controllo – passò dal 40 al 58 per cento, dal ’70 allo 82, e questo soprattutto a causa della crisi del ‘73 – e che sia esploso solo poi, negli anni del pentapartito – arrivò al 120 per cento, mentre il mondo viveva una stagione d’espansione economica – è invece una cosa che non ricordano o ignorano; per la pseudo-storia che è spacciata dalla televisione, gli anni 80, furono meravigliosi e Bettino Craxi, si sa, un grande statista. Qualcuno arriva a dire: “Allora sì che si stava bene. Poi tutto è andato male; tutta colpa di mani pulite".

Questo Altrove è la nostra pseudo -destra: un luogo che contiene tutti coloro che per un motivo o per l’altro non hanno voglia di Stato, d’Italia e soprattutto di politica. I mafiosi, i leghisti e tutte le vittime del grande illusionista che ha convinto tanti cittadini a rinuciare, appunto, ad essere cittadini; a votare un Capo sperando di ottenere qualcosa dalla sua benevolenza o che bastassero le sue virtù taumaturgiche a risolvere i problemi del paese e della sua società.

Una pseudo-destra che è un vero e propio vaso di pandora di tutte le forze disgregatrici del nostro Stato, della nostra Patria, dell’anima stessa della nostra Nazione; che riunisce chi insulta la bandiera, chi ci racconta che con la mafia bisogna convivere e chi si è fatto irretire dai disvalori di un trentennio di propaganda televisiva.

Il grande illusionista, col suo potere mediatico, per ora tiene tappato questo vaso, ma sempre più a fatica; il giorno in cui non ce la farà più il paese richierà davvero di sparire dalla carta geografica, diviso in due o tre tronconi in guerra aperta tra di loro.

La destra che non c’è, il partito liberal-democratico che va costruito partendo quasi da zero, ha tra i suoi compiti anche quello di svuotare l’Altrove di una parte del suo contenuto, disinnescandolo o comunque diminuendo il suo potenziale esplosivo; di offrire ai disillusi dal berlusconismo e, si spera, ai rinsaviti dal leghismo, un luogo, dentro alla poltica, dove poter tornare a fare politica con in mente, finalmente, un idea dell’Italia e dei bisogni di tutta la società nazionale.

Non può prescindere da Fini e dai suoi la destra che non c’è, ma non può partire da loro o, peggio ancora, solo da loro; è un’area in cui si ritrovano anche tanti dipietristi, certi radicali, una parte dell’elettorato cattolico, molti che sono stati irretiti dalla lega, qualche elettore del PD e tanti, tantissimi, cittadini che in questi anni se ne sono rimasti in disparte, disgustati dal berlusconismo e dal leghismo, ma incapaci di votare per una parte politica – la sinistra - che non sentivano come propria.

Non può essere antitetica alla sinistra, oggi, la destra che ancora non c’è: una tale destra non può che essere rigorosamente costituzionale, legalitaria e assolutamente nazionale.

Per una simile destra, la sinistra rappresenta l’avversario di domani, ma Berlusconi e la Lega sono il nemico – non l’avversario - di oggi.

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