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L’Aquila: a cinque mesi dal terremoto, rassegnazione o lotta?

La tragedia del 6 aprile non riesce a passare nel dimenticatoio. Si va al Bar o al ristorante per passare qualche ora in santa pace o per dimenticare e alla fine la discussione ritorna sempre su questa esperienza traumatica. Non so se è positivo o negativo, ma sicuramente la rimozione è una cosa diversa dall’oblio

La tragedia del 6 aprile non riesce a passare nel dimenticatoio. Si va al Bar o al ristorante per passare qualche ora in santa pace o per dimenticare e alla fine la discussione ritorna sempre su questa esperienza traumatica. Non so se è positivo o negativo, ma sicuramente la rimozione è una cosa diversa dall’oblio. La rimozione avverrà nel tempo solo se si assumerà il coraggio di agire nelle proprie mani e non si delegherà nessuno a intervenire sulla nostra vita.

E’ da anni che siamo martellati dai media con immagini che producono solo la sensazione di paura: paura dell’altro, paura del futuro, paura del vicino di casa, paura, paura, paura. Non è possibile vivere la vita con questa dimensione. Se accettiamo questa logica accetteremo che la nostra vita segua un piano prestabilito ed invariabile, delegheremo il potere ad altri che promettono la soluzione del problema. Perciò la rimozione del trauma del terremoto può essere rimossa solo se diventeremo protagonisti del nostro futuro, solo se eserciteremo fino in fondo l’esercizio democratico che la nostra Costituzione repubblicana garantisce a tutti i cittadini. In questi cinque mesi circa centomila cittadini del comprensorio dell’Aquila hanno vissuto sulla propria pelle questa dimensione. Il governo, tramite la protezione civile, ci ha garantito di tutto: dalla tenda all’albergo, dai cessi ai bagni con doccia, all’aria condizionata.

Quello che non ci ha garantito è la crescita democratica, la possibilità di sviluppare relazioni sociali diverse, dove si poteva riscoprire l’amicizia vera, quella fraterna, che si cimenta in momenti difficili. Nei campi è prevalsa una logica quasi militaresca, repressiva, autoritaria. Quando si andava a pranzo le TV nei campi erano sempre sintonizzate su Canale 5, le possibilità di leggere i giornali o di navigare su internet (ad eccezione nel campo gestito dalla CGlL di Coppito) sono state inesistenti, la possibilità di riunione neanche a pensarci. A quel punto, nel momento in cui è mancata la democrazia vera, è prevalsa la divisione, la chiusura in se stessi, la paura del vicino. Ed è in questa situazione che la figura del Presidente del Consiglio assurge consapevolmente per lui e inconsapevolmente per gli altri a quella del salvatore, di colui che risolve il problema. Non interessa a nessuno che Silvio Berlusconi sia indagato, rinviato a giudizio. ecc. Si è quasi ipnotizzati. E’ questa l’arma che i governi usano spesso per far dimenticare i veri problemi. Non interessa che case di cartongesso siano costate all’erario ben 2500/2700 Euri al mq, non interessa che la protezione civile abbia usato con discrezionalità assoluta il potere di espropriare, di aggiudicare, di non pagare ancora i fornitori, di non accreditare ancora i fondi per l’autonoma sistemazione ai Comuni, di fare manifesti giganti di 30 mq per pubblicizzare cose che basta il passaparola perché i cittadini si rechino agli uffici. Non interessa che dopo il terremoto del 6 aprile, la nostra città, il nostro territorio venga sottoposto ad ulteriori violenze.



Quella che si sta costruendo (non ricostruendo) non è più la nostra Città. La riapertura del Centro storico è solo una finzione. In realtà si naviga a vista. L’Amministrazione comunale non ha un progetto sulla ricostruzione ed eventualmente ce l’abbia, è un mostro che nasce nei cassetti di tecnici che non hanno la buona abitudine di confrontarsi con la Cittadinanza. Altri mostri sono stati partoriti da questa mentalità ed il Sindaco ne è stato il primo oppositore: ad esempio al progetto metropolitana. Perciò non comprendiamo gli elogi pubblici per funzionari che finora hanno trasformato l’Ufficio pubblico in “bottega”; l’interesse personale è prevalso su quello generale. I danni provocati sono stati troppi e sono sotto gli occhi di tutti. Così come non comprendiamo l’ipotesi di “Giunta istituzionale”. Un’amministrazione riflette sicuramente i rapporti sociali ed il terremoto probabilmente li ha modificati. Ma li ha modificati a tal punto che le scelte non possono essere una mediazione al ribasso, non possono essere l’alibi per una scorciatoia politica dove non le imprese ritrovano una loro possibilità di radicarsi meglio nel territorio locale e nazionale, non i commercianti, non i lavoratori, non i giovani o le donne senza lavoro ritrovano la loro centralità, ma solo quei poteri locali che agiscono sempre dietro le quinte. Poteri occulti che sono di copertura ad una classe dirigente mediocre che pensa di vivere di rendita di posizione perché c’è qualcuno che li protegge. E’ questa la debolezza dell’apparato comunale e di fatto, con l’ultima pseudo riorganizzazione è prevalsa la logica del potere di ricatto delle lobby, delle logge, dei soldi, di chi guadagna di più, ma non l’idea di far funzionare meglio il Comune per dare risposte alla cittadinanza.

 

La Città di L’Aquila e i suoi cittadini si trovano a un bivio, devono scegliere il loro futuro. La situazione è così grave che dopo l’ipnotizzazione dei campi o degli alberghi sul mare, non vorremmo che subentri la rassegnazione, il pensare che la nostra Città non sarà ricostruita, che ci vuole troppo tempo, che la classe intermedia, che è la maggioranza della popolazione, non ricorderà la sua ricostruzione.

Le ferite di questo terremoto sono tremende e non vorremmo aggiungerne altre, non vorremmo che la predizione di Ignazio Silone pubblicata sul quotidiano “Il Tempo” del 13 gennaio 1958 e riferita al terremoto di Avezzano del 1915 ritorni d’attualità: “Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l’uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie...Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto, e cioè la ricostruzione edilizia, per opera dello Stato, a causa del modo come fu effettuata, dei numerosi brogli, frodi, furti, camorre truffe, malversazioni di ogni genere cui diede luogo, apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risale l’origine della conclusione popolare che, se l’umanità una buona volta dovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in dopo terremoto o in un dopoguerra”.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.52) 7 settembre 2009 17:37

    La tragedia dell’Aquila è l’incrocio tra gli Untori della parola ed i benpensanti del G8-realtà contro reality. Al terremoto sismico si è sovrapposto il terremoto virtuale di "verità" ed "idee" che hanno lo stesso "volto". Il traguardo ha una data: 15 settembre. Il traguardo per chi? (c’è di più => http://forum.wineuropa.it

  • Di corrado (---.---.---.179) 7 settembre 2009 17:53

    Sinceramente non capisco questa lamentazione! Non capisco chi, quale deus ex-machina, dovrebbe restituire agli aquilani ciò che ha loro tolto il terremoto! Gli aquilani, i terremotati, sono stati trattati come nessun altro terremotato , a memoria d’uomo. La lamentazione ha come obbiettivo quello di denigrare Berlusconi? lo facesse pure l’Autore, i denari per la ricostruzione sono di tutti gli italiani!! Compreso chi scrive, si vuole dire "piove governo ladro"? Si pretende la ricostruzione dell’Aquila esattamente com’era PRIMA del terremoto?? Non ho letto nessuna proposta operativa concreta da parte dell’Autore, come mai? Contro chi si dovrebbe ingaggiare una lotta? Contro il Governo? Contro tutti gli altri Italiani? E’ semplicemente deprimente leggere quest’articolo... naturalmente si tratterà di un elettore di sinistra... di uno di quelli che criticherà anche la vecchietta che si reca in Chiesa per pregare per i terremotati.

    • Di dd (---.---.---.34) 8 settembre 2009 04:24

       La finezza di questo articolo non tutti la possono comprendere. Questa lamentazione non è riferita al Presidente del Consiglio (non si era mai visto neanche un Presidente così negli altri terremoti), bensì a come è stata gestita dal punto di vista umano la situazione.
      I cittadini sono considerati delle pecorelle da condurre nei sentieri della vita. E’ globale il discorso. A l’Aquila si è avuto l’esempio estremo.
      Ci stanno imponendo uno stile di vita e un modo di pensare, basato sulla paura e nessuno può sapere quello che avviene nei luoghi di Potere, questo basta e avanza per non essere soddisfatti. Certo poteva essere peggiore l’intervento, ma questo non vuol dire che anche questa volta, molte cose non sono state dette e mai si diranno.

  • Di pv21 (---.---.---.52) 7 settembre 2009 18:29

    Più deprimente dell’articolo è scoprire che il G8 messo in scena all’Aquila (per solidarietà, ma anche per sobrietà) è costato più di quanto previsto per la Maddalena. Più deprimente è sapere che i soldi stanziati per il piano di ricostruzione ci saranno entro il 2032. Non sentirci dire, viceversa, a quanto ammonta il tesoretto raccolto da tutti gli altri (privati cittadini, enti-fondazioni, gruppi artistici, italiani all’estero, stranieri, ecc). Di sicuro a rischio depressione sono solo i terremotati ... 

  • Di Benedetta (---.---.---.6) 8 settembre 2009 08:10

    Leggo con preoccupazione, fra questi commenti e un po’ ovunque sul web, una presa di distanza rispetto alle lamentele degli aquilani. Capisco, se anch’io dovessi giudicare in base ai risultati ostentati in televisione, starei qui con voi a discutere di ingratitudine, di ottima gestione et similia. La realtà, purtroppo, è assai più triste. Voi vedete le deliziose villettine in legno che la provincia di Trento e la regione Lombardia hanno offerto a qualche frazione. Le vediamo con un po’ di invidia anche noi (e non sappiamo ancora a chi saranno destinate. Non vedete l’orrore dei termitai di Bazzano e Paganica (non potete, non appaiono mai in televisione, e dire che ospiteranno buona parte dei fortunati aventi diritto). E non sapete che le famiglie composte di due o una persona non avranno diritto a nulla. Non importa se sei proprietario o meno. Non importa la metratura della casa che hai perso e su cui hai pagato le tasse. importa l’ampiezza della famiglia. La mia disgrazia, non avere figli e non certo per scelta, va a pesare ora anche sulla sistemazione.
    Parliamo del fumo negli occhi che è la sistemazione in albergo? Fatti quattro conti, hanno capito che, piuttosto che erogare contributi a fondo perduto per la stagione turistica rovinata, conveniva pagare il soggiorno in hotel agli aquilani. Non lo avrei mai detto se non lo vivessi oggi di persona, è terribile non poter mai scegliere che cosa mangiare, non poter mai evadere da una camera strapiena di oggetti eprsonali scampati al macello, non conoscere nessuno perché gli amici sono dispersi in altri alberghi in tutto Abruzzo. Vi dico che cosa avrei fatto io. Ad ogni capofamiglia, avrei affidato (e in base alla metratura della casa distrutta, quella sulla quale abbiamo pagato le tasse, quella che lo Stato stabilisce come criterio unico quando deve richiedere contributi) una somma (approssimativamente tra i 500 e gli 800 euro al mese) per trovarsi una sistemazione autonoma (e non i 1500 euro mensili a persona, e non a famiglia, dilapidati in albergo). Così ci sarebbe stata possibilità per i gruppi amicali di ricongiungersi e sarebbe stata più agevole anche una presenza a L’Aquila più attiva. O forse non ci vogliono tra i piedi mentre si dividono gli introiti dell’affair terremoto? Per curiosità, cinque mesi dopo casa mia e casa di tutti sta assai peggio di come la lasciammo in fuga la notte del 6 aprile

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