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Iran, il potere finanziario della "Ayatollah Economy"

 
Cos'hanno in comune l'ayatollah Ali Khamenei e una multinazionale che produce pillole anti-concezionali? Molto, a quanto pare, sfogliando le numerose partecipazioni azionarie delle Bonyad, le Fondazioni islamiche che hanno ereditato le immense proprietà della corona imperiale, dopo la caduta dello Scià nella rivoluzione del 1979. 
 
Società che fanno profitti e non pagano le tasse, legate alle famose 100 famiglie ben introdotte alla Corte dei Palhevi, che in nome del nazionalismo di matrice socialista e marxista controllano le principali attività economiche e finanziarie del regime iraniano.
 
Sfruttando l'alibi dell'utopia rivoluzionaria le Fondazioni dovrebbero occuparsi di fare beneficienza ai mostazafin, i "senza scarpe", il popolo degli oppressi e diseredati su cui si è costruito il potere dei mullah. 
 
In realtà le Bonyad sono ben inserite in un sistema di rete clientelare e welfare state che non rinuncia agli affari e coinvolge circa 5 milioni di iraniani, un bacino essenziale per edificare la fabbrica del consenso del regime. 
 
In questi giorni in cui a Ginevra si è discusso dell'accordo sul nucleare, non è passata inosservata la nomina di Aref Norozi al vertice della Barakat Foundation, un impero del valore di 95 miliardi di dollari che fa capo direttamente alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei
 
A questa Bonvad sono collegate una miriade di società tramite un consorzio che di recente ha concluso un affare da 8 miliardi: l'acquisto delle quote della rete telefonica della Telecommunication Company, mettendo a segno la più grossa operazione di Borsa della storia dell'Iran. 
 
C'era una volta la rivoluzione marxista e socialista, oggi autorità religiose, ex rivoluzionari, manager e pasdaran fanno affari su un business che poggia sulle vaste riserve di gas e petrolio del paese. La fondazione di Norozi è conosciuta come "Setad Ejraye Farmane Hazrate Emam", "Sede per l'esecuzione degli ordini dell'Imam", costituita con un'ordinanza nel 1989, firmata dell'ayatollah Ruhollah Khomeini, con il compito principale di gestire le proprietà abbandonate negli anni post-rivoluzionari, al fine di aiutare poveri e veterani reduci dalla lunga guerra con l'Iraq (che in 8 anni ha lasciato sul campo un milione tra morti e invalidi). 
 
La società si è trasformata in un colosso immobiliare, con 52 miliardi di asset, e la partecipazione in decine di aziende pubbliche e private operanti in diversi settori: dalla finanza al petrolio, dalle telecomunicazioni alla produzione di pillole anti-concezionali per finire con gli allevamenti di struzzo. Sommando il portafoglio immobiliare e le quote azionarie (43 miliardi), la Setad ha un valore nettamente superiore persino ai profitti dell'esportazioni di petrolio dell'Iran dello scorso anno (circa 68 miliardi di dollari). 
 
Un vero affare per i mullah col turbante. 
 
Il capo delle pubbliche relazioni della Setad, Hamid Vaezi, ha bollato le rivelazioni come "lontane dalla realtà e scorrette", sottolineando che in cinque anni la fondazione ha investito un miliardo e mezzo di dollari in scuole e progetti di sviluppo. 
 
Resta il fatto che le Bonyad rappresentano il cuore dell'economia iraniana, circa il 30-40% del Pil e sono in grado di chiudere le porte a qualsiasi iniziativa privata che non rientri nella ristretta cerchia di potere, che ha geometrie piuttosto variabili. 
 
L'Iran è un paese che difficilmente potrà riformare il proprio sistema economico e una rete clienterale ramificata in circa 80 mila tra moschee, templi ed istituzioni religiose, in grado di amministrare terre e imprese sul modello della Chiesa e dei suoi monasteri medievali, che facevano concorrenza al potere temporale. 
 
La Fondazione Reza a Mashad, intorno al famoso santuario dell'ottavo Imam, fattura il 7% del Pil iraniano e domina l'economia della provincia del Khorassan, mentre la Bonyad degli Oppressi, da dove viene lo stesso Noroz, attuale capo della Setad, ha un volume d'affari di oltre 12 miliardi di dollari all'anno.
 
Inoltre, il 60% della capitalizzazione della Borsa di Teheran è costituita da società che ruotano nell'orbita della "Ayatollah Economy", dove non mancano clientelarismi e larghe sacche di inefficienza.
 
La vera sfida del governo riformatore di Hassan Rohani sarà quella di accompagnare gradualmente l'Iran lontano dall'isolamento internazionale, acuito sotto la guida del suo predecessore Ahmadinejad, e di migliorare il sistema dall'interno. 
 
Un'impresa davvero difficile per un mullah, cambiare lo stesso mondo che lo sostiene.

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