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Intervista al Senatore IDV Felice Belisario

"Siamo un partito che non si basa su ideologie, né ha alle spalle gruppi di interesse: siamo un movimento di attivismo civico, e intendiamo impegnarci per offrire a tutto il Paese un futuro migliore". Parole del Senatore Felice Belisario, capogruppo dell’ Itala dei Valori al Senato della Repubblica.

Senatore Belisario, lei ricopre oggi la carica di capogruppo dell'Italia dei Valori al Senato della Repubblica. Il suo sembrava essere uno dei pochi partiti uniti contro questa maggioranza finché alcuni parlamentari eletti con l’IDV votano la fiducia al governo Berlusconi. Quali sono i criteri con cui il suo partito sceglie i suoi rappresentanti in parlamento?

L’IdV continuerà sempre ad essere un partito unito da principi saldi e obiettivi chiari, alternativo ad uno schieramento che non sta governando per il benessere collettivo: i provvedimenti del Governo Berlusconi sono stati ampiamente contestati perché danneggiano la stragrande maggioranza dei cittadini. Noi siamo un partito che non si basa su ideologie, né ha alle spalle gruppi di interesse: siamo un movimento di attivismo civico, e intendiamo impegnarci per offrire a tutto il Paese un futuro migliore. Ricordo in tal senso i tre referendum che abbiamo promosso contro il legittimo impedimento, il nucleare e la privatizzazione dell’acqua: non credo che abbiamo raccolto le simpatie delle lobbies economiche o delle caste di potere, ma certamente la firma di 2 milioni e mezzo di cittadini. Sono queste le sfide che ci uniscono e accrescono il numero e la qualità dei nostri consensi. Ciò comporta anche l’aumento della complessità organizzativa interna, ma sono orgoglioso della capacità del nostro partito di accogliere posizioni differenti e trovare sempre un’intesa comune. Il mio ruolo di Capogruppo in Senato mi consente di avere un confronto continuo con i miei colleghi, ed è quindi con cognizione di causa che posso testimoniare come la buona volontà conduca sempre ad una sintesi positiva tra le istanze dei singoli e le linee guida del partito.

Non pensa che sia orma necessario inserire una legge che impedisca al parlamentare d tradire il mandato elettorale pur dando l’opportunità di scegliere cosa votare e cosa non votare secondo la propria coscienza?

La previsione dell’articolo 67 della Costituzione, che esclude il vincolo di mandato per i membri del Parlamento, fu introdotta per garantirne la piena autonomia e il ruolo al servizio esclusivo della Nazione. Quindi i parlamentari non sono tenuti ad obbedire al proprio partito o alla propria coalizione. Ciò comporta purtroppo l’esposizione ad azioni di convincimento illecite e immorali. Si deve riflettere sull’equilibrio tra la garanzia di libertà del mandato e il pericolo di infedeltà di deputati e senatori. Io ritengo che sia doveroso far rispettare il rapporto di fiducia tra elettori e parlamentari.

Avete spesso accusato Berlusconi di essere un dittatore, di volere la leadership del partito ad ogni costo, sollevando la questione morale in parlamento. Anche nell’ IDV, però, c’ è chi solleva la questione morale: un esponente di spicco come De Magistris, al quale Di Pietro risponde prontamente accusandolo di voler divenire il futuro leader del partito proprio a sue spese. Non pensa che così ragionando, D Pietro divenga il “Berlusconi” dell’ opposizione, in qualche modo rovinando ciò che di buono avevate costruito in parlamento?

È incontestabile la mancanza di senso democratico di Berlusconi: è ‘sceso in campo’ per proteggere i propri interessi privati, continua a sfruttare il proprio conflitto di interessi e non accetta alcun contraddittorio, insulta la Costituzione e il Parlamento, attacca istituzioni fondamentali come la Magistratura o la Presidenza della Repubblica, caccia gli alleati appena decidono di non essere più al suo esclusivo servizio. La questione morale di Berlusconi riguarda le sue numerose imputazioni, le accuse di rapporti non chiari tra alcuni suoi fedelissimi e la mafia, gli scandali della sua condotta libertina, i rapporti inquietanti con Putin e Gheddafi, l’utilizzo strumentale della politica per risolvere i suoi guai con la legge e aumentare le risorse economiche sue e della cricca che gli è intorno. Una tale concentrazione di potere, affarismo e spregiudicatezza può facilmente riuscire a persuadere e corrompere, più o meno materialmente, persone senza carattere e dignità. Il problema quindi è di chi ha lusingato e di chi ha tradito: non dell’Italia dei Valori, un partito che è riuscito ad affermarsi perché fondato sui principi della trasparenza, dell’etica pubblica e della legalità.

Vorrei passare ad un altro argomento. Lei è un uomo del Sud, ha abitato in varie città della Puglia, risiede in Basilicata da molti anni, ha studiato a Napoli e ha ricoperto il ruolo di responsabile delle regioni Puglia, Calabria e Basilicata. E’ inevitabile parlare di criminalità organizzata.

Ma si tratta di un fenomeno che, purtroppo, non si pone limiti territoriali: storicamente si è radicato al Sud, anche a causa dell’assenza dello Stato centrale, ma ora il quadro è radicalmente mutato. Il perdurare della situazione di abbandono del meridione ha comportato il rafforzarsi delle mafie, che nel passaggio da gruppi malavitosi a holding criminali, hanno spostato le proprie losche attività nelle regioni più ricche d’Italia. Nel Mezzogiorno i mafiosi continuano ad esercitare un controllo diretto del territorio ma è al Nord che hanno sviluppato la propria capacità di realizzare profitti illeciti. L’omertà e la complicità sono i fattori che consentono al crimine organizzato di macinare milioni di euro tra il narcotraffico, gli appalti pubblici e le estorsioni: spetta alle istituzioni stroncarne l’operato, tanto sul piano culturale quanto su quello materiale. Noi dell’Italia dei Valori vorremmo che si approvasse una legge anticorruzione che invece la maggioranza ha parcheggiato in Senato, così come il provvedimento antiusura fermo alla Camera. Abbiamo anche presentato una proposta normativa sulla incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità di soggetti che abbiano condanne per reati rilevanti nel ricoprire incarichi politici, non solo in Parlamento ma anche negli enti pubblici locali. Di recente, alcuni consigli comunali del Nord sono stati sciolti per infiltrazioni malavitose ed ovviamente anche il mio territorio soffre ancora di questa problematica. Tuttavia, al Sud si è sviluppato un movimento di opposizione della società e di attività di contrasto anche da parte della politica che fa ben sperare.

Più volte avete denunciato l’ inefficienza di questo governo nel contrasto alla criminalità organizzata. Dove secondo voi questo governo sbaglia?

I tentacoli delle ‘piovre’ possono essere recisi solo partendo da una presa di posizione netta contro i tentativi di infiltrazione nelle pubbliche amministrazioni, e arrivando alla consapevolezza della necessità di supportare l’operato di magistrati e forze dell’ordine con un’adeguata azione legislativa e uno stanziamento sufficiente di risorse. Purtroppo questo Governo ha preso un’altra direzione attraverso provvedimenti come lo scudo fiscale, le annunciate leggi contro le intercettazioni e per il 'processo morto', quella per limitare l’autonomia della giustizia e cancellare migliaia di processi, la vendita dei beni sequestrati alla mafia con il rischio che questa li ricompri, i condoni edilizi e i tagli alla sicurezza che hanno portato anche allo sciopero delle forze dell’ordine, hanno di fatto penalizzato la legalità e favorito la criminalità. D’altra parte anche sul piano morale la maggioranza sbaglia nel difendere suoi esponenti accusati di complicità mafiosa, che andrebbero subito estromessi per lanciare un messaggio di credibilità delle istituzioni.

Mafia e politica: cosa pensa a riguardo? C’ è una cura per questa malattia che si è insinuata nella già fragile ossatura della democrazia italiana?

Negare l’esistenza di legami tra mafia e politica indica, nella migliore delle ipotesi, una imperdonabile ingenuità: spesso però temo sia il frutto di un’ipocrisia e un malcostume che vanno apertamente denunciati. Il crimine organizzato attecchisce dove trova il terreno fertile che l’assenza dello Stato offre, e d’altra parte tenta sempre di infiltrarsi dove tale presenza è più viva, cioè nelle stesse istituzioni. Per spezzare il circolo vizioso tra malavita e politica è necessario il pugno di ferro, tanto contro i mafiosi quanto contro gli amministratori pubblici. Chi ci governa ha il dovere di proporre misure energiche di contrasto alla malavita che non possono riguardare soltanto le sanzioni a valle del fenomeno, come le pene detentive severe, ma devono stabilire a monte un freno al crimine con misure più rigide per bloccarne l’operato, come indagini e controlli maggiormente potenziati. Ogni volta che lo Stato farà un passo indietro la mafia avanzerà, e intanto cercherà sempre di avvicinarsi al potere politico: se non è possibile inculcare negli animi il valore della legalità, può essere impedito ai politici di rendersi complici dei malavitosi estromettendoli dalla gestione della cosa pubblica. Solo così la criminalità perderà terreno e la società potrà cominciare a guarire da questa orrenda piaga.

Ci sono politici collusi con le varie organizzazioni criminali in Parlamento?

Se ne avessi prove certe le avrei già consegnate alle Procure competenti, e una risposta di questo tipo potrebbe fornirla solo la magistratura. Certamente ci sono troppi indagati e, purtroppo, anche condannati. Noi ci battiamo da sempre per un Parlamento pulito. Le regole della democrazia impongono trasparenza e disinteresse, per questo siamo contrari allo ‘scudo’ giudiziario di cui parla il Presidente Berlusconi: nessun Paese al mondo – dittature escluse, ovviamente – prevede l’immunità totale per le alte cariche dello Stato. Certa politica dovrebbe smetterla di essere autoreferenziale, il Paese ha bisogno di potersi rispecchiare nello spessore etico di chi ha incarichi istituzionali e per questo, essendoci spesso più dell’ombra d’un sospetto, diversi parlamentari dovrebbero farsi da parte.

Giovanni Falcone affermava che “In Sicilia la mafia uccide i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”: una frase che può essere estesa a tutte le mafie. Oggi la mafia non commette gli efferati omicidi che hanno macchiato le strade del Sud Italia in quella che viene ricordata come “stagione delle stragi”: l’arma preferita è diventata la diffamazione. Si diffamano pentiti e le loro rivelazioni, si diffamano i politici e tutti coloro che sono contrari alle leggi della criminalità organizzata. Nonostante ciò, Massimo Ciancimino ha parlato di “aria da 92”, come per dire che negli ambienti mafiosi si stia ritornando verso i vecchi metodi stragisti. E’ un pericolo esistente o è frutto della fantasia di Ciancimino?

Io credo che il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sia stato di enorme importanza, rappresentando una svolta nella stessa concezione della mafia come fenomeno arcaico e inestirpabile: grazie alle loro indagini è stato possibile conoscere e combattere il crimine organizzato ed è stato il loro eroico sacrificio a chiudere la stagione delle stragi, senza tuttavia poter escludere una trattativa condotta da pezzi deviati delle istituzioni. In ogni caso, la storia sarebbe stata diversa, e migliore, se appunto lo Stato fosse riuscito a proteggere i suoi servitori. Oggi purtroppo la mafia non ha cambiato le sue armi, che restano quelle dell'intimidazione, della concussione e dell'assassinio: le ha affilate con una diversa strategia di comunicazione, ma la sua sostanza di virus sociale resta immutata. Che porti il colletto bianco, abbia alleati nelle istituzioni e sia meno sanguinaria, la criminalità organizzata va combattuta schierandosi dalla parte della legalità e della giustizia sociale. In tal senso, non darei troppo credito alle parole di Ciancimino la cui posizione non gli consente di essere del tutto sincero: è certo, tuttavia, che non bisogna mai abbassare la guardia.

Senatore, per finire questa intervista volevo chiederle due appelli. Uno ai giovani, futuro del Paese, uno a tutti coloro che vogliono ribellarsi alla criminalità ma non trovano ne la forza ne il coraggio necessari per farlo.

I giovani stanno dimostrando di non avere alcun bisogno di appelli per far sentire la propria presenza: voglio perciò schierarmi al loro fianco, manifestando loro la mia solidarietà e il mio sostegno concreto. Come ha sottolineato il Capo dello Stato, la democrazia smette di essere processo di dinamismo sociale quando non offre più risposte all'esigenza di costruire un futuro sempre migliore. Continuare a foraggiare precarietà e clientelismo in ambito occupazionale significa anche fare il gioco della malavita che basa il proprio potere sul voto di scambio.

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