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Intellettuali di cartapesta e veri intellettuali

La tesi del libro “I nuovi mostri” di Oliviero Beha è molto semplice e si può toccare con mano: gli intellettuali in Italia sono una specie in via di estinzione (www.chiarelettere.it, maggio 2009).

Nel nostro Paese “gli intellettuali che incidono sull’opinione e sulla visione del mondo non ci sono più o si sono venduti alla politica, al mercato… o perché esclusi o impossibilitati a farsi sentire se ne stanno al coperto (nel Web o nei libri); all’aperto c’è solo il sistema mediatico…” (Beha, p. 167). E in tutto il mondo, ma soprattutto in Italia, i cittadini che erano elettori e lettori, si sono trasformati in spettatori passivi: “Il pluralismo delle immagini controllato dalla nuova élite crea di fatto l’assoluta omogeneizzazione sociale e culturale: non ce ne siamo accorti, ma viviamo ormai in piena oligarchia. Solo le oligarchie sopravvivranno se andiamo avanti di questo passo… Mentre il segreto del potente è da sempre quello di esercitare il potere nascondendo ai più lo strumento del suo dominio, oggi accade esattamente il contrario. La nuova élite delle immagini al potere ci fa sentire e vedere ogni giorno sempre di più la sua rumorosa frusta” (Hans-Georg Gadamer, 1994).

Si è quindi notevolmente aggravato quel fenomeno che Pasolini aveva già descritto nel 1975: “Gli intellettuali italiani sono sempre stati cortigiani, sono sempre vissuti “dentro il palazzo”. Ma sono stati anche populisti, neorealisti e addirittura rivoluzionari estremisti: cosa che aveva creato in essi l’obbligo di occuparsi della “gente”. Ora, se della “gente” si occupano, ciò avviene sempre attraverso le statistiche… Ciò che avviene “fuori del palazzo” è qualitativamente, cioè storicamente diverso da ciò che avviene “dentro il Palazzo”… In quanto potenti essi sono già morti, perché ciò che faceva la loro potenza non c’è più… Uscendo fuori dal palazzo si ricade in un nuovo dentro… il penitenziario del consumismo. E i personaggi principali di questo nuovo penitenziario sono i giovani…” (Intervista al Corriere della Sera, 1 agosto 1975).

Dunque “In realtà un italiano del 2007 ha completamente dimenticato cosa sia l’autorità e l’autorevolezza… Se oggi in Italia, non esiste più autorità, esiste uno sterminato potere. Tutti ne hanno: il ministro, l’industriale, il burocrate, il ladro, il giornalista, il professore, il giudice, lo studente delle medie… E tutto è diventato potere: l’immagine televisiva, il libro che finge di non avere uno scopo, la musica ripetuta fino all’ossessione… I potenti di oggi sono sempre più smaniosi di possedere il proprio potere. Nulla, o quasi nulla, li divide dai loro avversari: hanno quasi le stesse idee, ma esercitano il potere in modo sempre più esclusivo e autoritario… Non tollerano rivali nel proprio territorio: li combattono come nemici mortali. Forse oggi in Italia siamo giunti agli estremi: forse queste innumerevoli mafie stanno per saldarsi tra loro come in un gioco di puzzle, così da non lasciare nemmeno uno spazio dove vivere e respirare” (Pietro Citati, prima pagina del gennaio 2007, la Repubblica).

Quindi in Italia i veri intellettuali si contano sulle dita di una mano. In ambito economico c’era Paolo Sylos Labini, che prima della sua morte nel 2005 aveva anticipato i rischi della bolla immobiliare e finanziaria. Tra i registi possiamo citare Mario Monicelli, con la sua bontà mascherata di cinismo (che non è il cinismo buonista e demagogico di politici e giornalisti): la vecchia Italia “è un’Italia disperata, miserabile, da cambiare, da buttare via. E non parlo solo della classe politica, ma di tutta quella dirigente, dai baroni universitari a quelli degli ospedali. Tutto va ribaltato. Non si può aspettare. Costoro non devono più dirigere nemmeno un ufficio postale”. Tra gli scrittori possiamo contare Roberto Saviano, che vive sotto scorta e Antonio Tabucchi, che però si è rifugiato in Francia, anche perché vorrebbe far commissariare l’Italia dall’Unione Europea. Pure Gianni Celati vive all’estero (in Inghilterra) e si è potuto prendere la libertà di parlare della cultura italiana malata e dell’occupazione dei posti da parte dei politici: “quel tipo di massoneria creato dalla sinistra” (il Giornale, novembre 2008). Tra i giornalisti non ci si può dimenticare di Marco Travaglio che non ha bisogno di commenti. Invece tra i magistrati possiamo segnalare Luigi De Magistris, che ha indagato a destra e a sinistra, in alto e “troppo” in alto. E Antonio Laudati, il direttore degli Affari Penali del Ministero della Giustizia che insieme al medico e “politico pentito” Elio Veltri ha scritto un libro su Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta (Mafia pulita, Longanesi).

Comunque per sintetizzare la questione morale riporto la citazione di Mark Twain: “Un privilegio di cui nessuna persona vivente gode: la libertà di parola. Chi è in vita non è del tutto privo, a rigore, di un tale privilegio, ma dato che lo possiede solo come vuota formalità e sa di non poterne fare uso, non possiamo considerarlo un effettivo possesso… Non c’è individuo che non sia in possesso di convinzioni impopolari, che il buon senso gli vieta di esprimere… perché non possiamo sostenere l’amaro costo di dichiararlo. A nessuno di noi piace essere odiato, a nessuno piace essere evitato…” (il brano fa parte di una lettera-testamento intitolata “Il privilegio della fossa”, che uscì postuma). E, come tutti sanno, noi italiani teniamo famiglia e teniamo molto a noi stessi.

 

P. S. L’influenza degli intellettuali è “di gran lunga maggiore quando essi, anziché mirare alle utopie politiche, si dedicano all’opera di trasgressione delle regole e delle norme sociali” (Paul Johnson, Gli intellettuali. Processo ai “mostri sacri” della cultura moderna, 1988).

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